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La domanda di adempimento e di recesso della caparra ex art. 1385 cc

La Cassazione del 3.2.2015 n. 1901 ha stabilito che la parte non inadempiente, che abbia agito per l’esecuzione (adempimento) del contratto, può, in sostituzione della originaria pretesa, legittimamente chiedere, nel corso del giudizio, il recesso (attribuito dalla caparra) ex art. 1385 c.c. (e, quindi, la risoluzione) senza incorrere nelle preclusioni previste dal codice di procedura (divieto dei “nova”), poiché tale modificazione della originaria istanza costituisce legittimo esercizio di un perdurante diritto di recesso rispetto alla domanda di adempimento.
A cura di Paolo Giuliano
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L'art. 1385 c.c. regola la caparra. Per comprendere il funzionamento della caparra occorre distinguere la parte adempiente (dalla parte inadempiente) e la parte che ha dato la caparra (dalla parte che ha ricevuto la caparra) e, poi, ricostruire le varie ipotesi. Se la parte adempiente è quella che ha dato la caparra, (e la parte inadempiente è quella che ha ricevuto la caparra) la parte inadempiente dovrà restituire alla parte adempiente il doppio della caparra.

Se, invece, la parte adempiente è quella che ha ricevuto la caparra (e la parte inadempiente e quella che ha dato la caparra) la parte inadempiente (quella che ha dato la caparra) perde il diritto a ottenere la restituzione della caparra e la parte adempiente ha diritto ad incamerare definitivamente la caparra come quantificazione del danno (la peculiarità della caparra è proprio relativa alla quantificazione del danno limitato all'importo della caparra).

Naturalmente nulla esclude che la parte adempiente decida di chiedere l'adempimento del contratto (in quanto non ha interesse ad avere la risoluzione dello stesso).

La parte adempiente conserva sempre il diritto di scegliere se attivare il meccanismo della caparra o chiedere la risoluzione del contratto con le modalità ordinarie, (ed ha, anche la possibilità di optare per l'adempimento del contratto) si è in presenza di scelte soggettive e personali.

Anche se la scelta se usare (o meno) il meccanismo previsto dalla caparra è una scelta discrezionale della parte adempiente, occorre, però, comprendere fino a quale momento la parte adempiente può esercitare (l'alternativa tra risoluzione ordinaria e recesso derivante dalla caparra) tale scelta oppure fino a quale momento tale scelta può essere modificata (cioè fino a quale momento è possibile cambiare idea). Identico discorso vale per la scelta tra adempimento e risoluzione del contratto (anche mediante il recesso previsto dalla caparra).

Volendo partire dalla scelta risoluzione ordinaria e recesso previsto dalla caparra, occorre distinguere tra una scelta (e l'eventuale modifica della stessa) effettuata prima dell'inizio di un processo (cioè in sede stragiudiziale) e una scelta (e la modifica della stessa) effettuata dopo l'inizio di un procedimento giudiziale (cioè dopo la notifica dell'atto di citazione), in quanto, in quest'ultimo caso, occorre anche considerare la preclusioni processuali.

Se in sede pre-processuale, è ammissibile il  cambio di scelta tra risoluzione ordinaria e recesso derivante dalla caparra, la questione diventa più controversa quando la scelta viene cristallizzata in un atto di citazione (per le preclusioni processuali presenti nel processo).  Dopo l'inizio del processo, veniva ammessa questa possibilità (passaggio dalla risoluzione ordinaria alla caparra) perché la risoluzione in base alla  caparra è considerata una domanda minore – o già compresa – rispetto la domanda di  risoluzione ordinaria.

Sul punto è intervenuta la Cass. Sez. Un. 14 gennaio 2009, n. 553 la quale ha escluso la possibilità di cambio della scelta effettuata in sede giudiziale. Infatti, se il contraente non inadempiente abbia agito per la risoluzione (ordinaria) ed il risarcimento del danno, costituisce domanda nuova, inammissibile in appello,  quella volta ad ottenere la declaratoria dell'intervenuto recesso con ritenzione della caparra, avuto riguardo – oltre che alla disomogeneità esistente tra la domanda di risoluzione giudiziale e quella di recesso ed all'irrinunciabilità dell'effetto conseguente alla risoluzione di diritto (Cass., civ. sez. II, 24 aprile 2014 n. 9278).

Altra analisi che occorre effettuare è quella relativa alla possibilità di scegliere tra l'adempimento (o esecuzione del contratto) e il recesso derivante dalla caparra. Se in sede pre-processuale, è ammissibile il  cambio di scelta passando dall'adempimento al recesso derivante dalla caparra, la questione diventa più controversa quando la scelta viene cristallizzata in un atto di citazione (per le preclusioni processuali presenti nel processo).

Sulla questione si è affermato che non costituisce domanda nuova quella di recesso con ritenzione della caparra, valendo al riguardo il diverso principio per il quale nell'ipotesi di versamento di una somma di denaro a titolo di caparra confirmatoria, la parte non inadempiente, che abbia agito per l'esecuzione del contratto, può, in sostituzione della originaria pretesa, legittimamente chiedere, nel corso del giudizio, il recesso dal contratto a norma dell'art. 1385, secondo comma, cod. civ., senza incorrere nelle preclusioni derivanti dalla proposizione dei "nova", poiché tale modificazione della originaria istanza costituisce legittimo esercizio di un perdurante diritto di recesso rispetto alla domanda di adempimento.

Difficilmente si può ipotizzare un cambio di rotta dal recesso previsto dalla caparra all'adempimento (sia in sede pre-processuale, sia in sede processuale), quanto meno, perché esercitando il recesso il contratto è sciolto.

Cass., civ. sez. II, 3 febbraio 2015, n. 1901 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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