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Divisione e miglioramenti apportati solo da un comproprietario

Cassazione 28.2.2020 n 5527 Sono migliorie della cosa comune quelle opere che, con trasformazioni o sistemazioni diverse, apportano al bene un aumento di valore, accrescendone il godimento, senza presentare una propria individualità rispetto alla “res” in cui vanno ad incorporarsi. In relazione ai miglioramenti il comproprietario ha titolo per domandare il rimborso solo pro quota agli altri condividenti e non anche per l’intero.
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A cura di Paolo Giuliano
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Le norme relative ai miglioramenti apportati al bene bene comune da dividere

L'art. 1110 cc stabilisce che il partecipante che, in caso di trascuranza degli altri partecipanti o dell'amministratore, ha sostenuto spese necessarie per la conservazione della cosa comune, ha diritto al rimborso.

L'art. 1150 cc stabilisce che il possessore del bene ha diritto al rimborso delle spese fatte per le riparazioni straordinarie. Il possessore ha anche diritto a indennità per i miglioramenti recati alla cosa, purché sussistano al tempo della restituzione. L'indennità si deve corrispondere nella misura dell'aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti, se il possessore è di buona fede; se il possessore è di mala fede, nella minor somma tra l'importo della spesa e l'aumento di valore.

Le diverse tipologie di spese eseguite sul bene comune da dividere

Dal confronto dei due articoli (1110 e 1150 cc) si evince l'esistenza di due tipologie di spese (regoalte anche in modo diverso):

  • quelle necessarie per la conservazione del bene comune ex art. 1110 cc e/o straordinarie ex art. 1150 cc per le quali è previsto il rimborso a colui che le ha sostenute
  • e le spese per i miglioramenti da rimborsare ex art. 1150 cc e non previsti dall'art. 1110 cc. Si intendono migliorie della cosa comune quelle opere che, con trasformazioni o sistemazioni diverse, apportano al bene un aumento di valore, accrescendone il godimento, la produttività e la redditività, senza presentare una propria individualità rispetto alla "res" in cui vanno ad incorporarsi.

Sorge subito il problema se – nell'ambito della comunione – i migliormenti approtati al bene a) diventano parte del bene comune; b) possono essere rimborsati integralemnte, c) possono essere rimborsati solo pro quota (nei limiti dell'incremento del valore del bene pro quota)

Le migliorie apportate al bene comune da dividere e l'accessione

Per risolvere la questione relativa al rimborso dei miglioramenti, occorre prima comprendere il rapporto tra bene da dividere e miglioramenti oppure detto in modo diverso occorre comprendere se i miglioramenti si uniscono al bene comune.

Alla domanda si risponde osservando che le migliorie apportate da uno dei condividenti al bene comune diventano  parte, per il principio dell'accessione, del bene stesso.

Se i miglioramenti apportati al bene comune diventano parte del bene comune da dividere, si può procedere alla divisione in due modi:  si potrebbe procedere alla divisione del bene comune in base al valore che il bene aveva prima dei miglioramenti (restituendo separatamente  i miglioramenti) , oppure si potrebbe dividere il bene in base al valore che ha dopo i miglioramenti,  con la conseguenza che dei miglioramenti deve  tenersi conto ai fini della stima del bene (nonché della determinazione delle quote e della liquidazione dei conguagli).

Restituzione dei miglioramenti solo pro quota e non restituzione totale

Qualsiasi sia la soluzione che si vuole scegliere occorre prendere atto che l'eventuale restituzione dei miglioraemnti non deve essere integrale, ma solo pro quota (cioè colui che ha effettuato il miglioramento riceverà solo le quote degli altri contitolari).

Infatti, i miglioramenti non presentano una propria individualità rispetto alla "res" in cui vanno ad incorporarsi, per cui in relazione a tali interventi il comproprietario che ne sia autore ha titolo per domandare il rimborso solo "pro quota" agli altri condividenti, e non anche per l'intero (compresa la quota di colui che ha effettuato il miglioramento).

Restituzione dei miglioramenti compresi nell'incremento del valore del bene (e solo pro quota e non restituzione totale)

Come si è visto il miglioramento può essere rimborsato solo in parte (per le quote degli altri comproprietari). Resta da comprendere se il rimborso (anche se limitato alle quote degli altri comproprietari) del miglioramento riguarda la spesa sostenuta per eseguire il miglioramento oppure l'incremento di valore del bene dopo il miglioramento.

Un principio in materia afferma che il contitolare che sul bene comune da lui posseduto abbia eseguito delle migliorie può pretendere, in sede di divisione, non già l'applicazione dell'art. 1150 cod. civ. – secondo cui è dovuta un'indennità pari all'aumento di valore della cosa in conseguenza dei miglioramenti – ma, quale mandatario o utile gestore degli altri eredi partecipanti alla comunione ereditaria, il rimborso delle spese sostenute per la cosa comune.

Questo comporta che non c'è una necessaria coincidenza tra l'ammontare delle somme suscettibili di essere richieste a titolo di rimborso e gli effetti sulla stima del bene che le migliorie eseguite possano produrre (conf. Cass. n. 6982/2009).

In altri termini, l'importo delle somme dovute a titolo di rimborso non corrisponde all'incremento di valore (e sicuramente al contitolare che abbia effettuato interventi di miglioramento non ha diritto all'integrale rimborso delle somme spese).

A fini esemplificativi si consideri il caso di un bene in comunione tra due coeredi per quote eguali e l'ipotesi in cui l'aumento di valore risulti esattamente corrispondente all'ammontare delle spese sostenute (Valore iniziale del bene = 100; Miglioramenti = 100; Stima all'attualità = 200), in tal caso ove il bene sia attribuito al condividente non esecutore degli interventi migliorativi, questi dovrà versare un conguaglio pari a 100 nonché rimborsare la quota parte delle spese sostenute, pari a 50, sicché all'esito del giudizio e rispetto all'ammontare totale del valore del bene all'attualità, non corrisponderà alla controparte solo la somma di 50 che coincide esattamente con il valore della sua quota ragguagliata alla stima del bene anteriormente all'esecuzione delle migliorie, essendo quindi evidente che il cumulo del debito da conguaglio con quello di rimborso lo ponga comunque in una situazione di indifferenza rispetto al caso in cui il bene non fosse stato interessato da migliorie.

L'esito risulta ancora più evidente nella diversa ipotesi, di norma ricorrente, in cui l'incremento di valore sia superiore all'ammontare delle spese sostenute (Valore iniziale del bene = 100; Miglioramenti = 100; Stima all'attualità = 300).

Al conguaglio, determinato nell'ammontare di 150, si cumula la quota delle spese di miglioria pari a 50, sicché, tenuto conto del valore della quota vantata dal condividente attributario calcolata sul bene al netto degli interventi di miglioria (50), questi, in relazione alla stima attuale del bene non corrisponderà la somma di 100, dovendosi in tal senso ritenere che l'incremento di valore al netto delle spese sostenute (100), risulta proporzionalmente ripartito tra i due condividenti, e senza che si verifichi alcun indebito arricchimento.

Cass., civ. sez. II, del 28 febbraio 2020, n. 5527

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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