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Opinioni

La caparra confirmatoria non comprende il danno per la mancata restituzione dell’immobile: Cassazione 08.06.2012 n. 9367

La presenza di trascrizioni pregiudizievoli (pignoramenti – ipoteche) il cui debito è stato pagato non è causa di inadempimento contrattuale del venditore, anzi, è inadempiente il compratore che si rifiuta di stipulare il contratto definitivo per questo motivo, per cui il venditore può incamerare la caparra versata dall’acquirente ed ha anche diritto al risarcimento del danno per la mancata restituzione dell’immobile.
A cura di Paolo Giuliano
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Molto spesso capita che nel periodo di tempo tra la stipula del preliminare e la stipula del definitivo, eseguendo i controlli sull'immobile, si trovino delle trascrizioni pregiudizievoli di cui il venditore non era a conoscenza (basta pensare all'iscrizione di un'ipoteca giudiziaria relativa ad una cartella esattoriale o ad un pignoramento).

Certo, sarebbe opportuno eseguire questi controlli prima di firmare un preliminare e, addirittura, prima anche della firma della c.d. proposta che le agenzie immobiliari si fanno sottoscrivere per consegnarla al proprietario-venditore (questo perchè quando il venditore "accetta" la proposta il contratto – qualsiasi questo sia – è concluso).

Questo, purtroppo, non avviene per molti motivi, sia perchè le parti contrattuali non si fanno seguire – in questa fase molto delicata – da tecnici / professionisti preparatati, sia perchè, quando si avvalgono delle agenzie immobiliari, queste ultime hanno solo l'interesse a far firmare un contratto alle parti (sia questo un preliminare o un definitivo) poichè da questo momento hanno diritto all'onorario e se sorgono delle "magagne" successivamente alla sottoscrizione della c.d. proposta contrattuale e all'accettazione della proposta (così sono definiti dalle agenzie i documenti predisposti dalle stesse agenzie) il problema riguarda solo i venditori e gli acquirenti.

Nella migliore delle ipotesi,  di solito, il tempo intercorrente tra la sottoscrizione del preliminare e del contratto definitivo, serve proprio ad eliminare questi elementi pregiudizievoli, le modalità possono essere le più diverse, come ad esempio pagando al creditore quanto dovuto ed effettuando l'annotazione della cancellazione dell'ipoteca o del pignoramento.

Resterebbe da valutare cosa accade se il venditore riesce ad estinguere il debito prima della stipula del contratto definitivo o prima della scadenza del termine fissato nel preliminare per firmare il definitivo, ma non riesce ad ottenere la formale cancellazione della trascrizione pregiudizievole.

Quindi, occorrerebbe valutare cosa accade se, in presenza di formalità pregiudizievoli (pignoramenti ed ipoteche giudiziarie) non formalmente cancellate, ma aventi ad oggetto debiti pagati ed estinti, il compratore che ha versato una caparra ed ha ottenuto la detenzione dell'immobile al momento della firma del preliminare, cita in giudizio il venditore, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento del venditore e la condanna alla restituzione del doppio della caparra versata, ma, eventualmente, non restituisce il bene conservando la disponibilità (detenzione) dell'immobile. E, resta anche da valutare cosa accade se,  a sua volta, il venditore risponde proponendo una domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento del compratore (perchè il venditore versata la caparra, non ha pagato gli altri acconti del prezzo nei termini convenuti nel preliminare) chiedendo l'incameramento della caparra versata dal compratore, aggiungendo una domanda ulteriore relativa al risarcimento dei danni derivanti dalla mancanta restituzione dell'immobile.

In queste situazione la Cassazione risponde che una volta pagato (estinto) il debito, la mancata formale cancellazione delle trascrizioni pregiudizievoli (pignoramenti o ipoteche) non è un elemento tale da giustificare l'inadempimento del venditore, quindi. il rifiuto del venditore alla stipula è privo di giustificazione e (aggiunto al mancato pagamentoi delle restanti rate del prezzo nei termini convenuti nel preliminare) legittima l'incameramento della caparra, ma, soprattutto, afferma la Cassazione che la caparra non copre i danni subiti dal venditore per la mancata restituzione del bene detenuto dal compratore, quindi, il compratore può essere condannato anche al risarcimento e al pagamento dei danni derivanti dalla mancata restituzione del bene oggetto del preliminare.

Cassazione civ. sez. II, del 8 giugno 2012 n. 9367

 1. – Con il primo motivo la ricorrente denuncia falsa applicazione dell'art. 1385 cod. civ., stante l'incompatibilità tra il giudizio di convalida del recesso esercitato ai sensi del comma 2 dai promittenti venditori e la pronuncia giudiziale di condanna al risarcimento dei danni contemplata nel terzo comma della norma in tema di caparra confirmatoria. Avrebbe errato la Corte d'appello, dopo aver dichiarato legittimo il recesso intimato dagli appellanti con conseguente diritto degli stessi ad incamerare la caparra, a condannare, altresì, la srl a pagare agli appellanti, a titolo risarcitorio per l'indebita occupazione, la complessiva somma di Euro —- . Infatti, poiché quanto convenuto a titolo di caparra esaurisce ogni conseguenza ricollegata all'inadempimento del contratto, l'ulteriore condanna finalizzata al ristoro dei pregiudizi conseguenti all'inadempimento sarebbe priva di giustificazione, essendo il danno contrattuale già soddisfatto con l'incameramento della caparra già ricevuta.

1.1. – Il motivo è infondato. La somma di denaro che, all'atto della conclusione di un contratto preliminare di compravendita, il promissario acquirente da al promittente venditore a titolo di caparra confirmatoria, assolve alla funzione, in caso di successiva risoluzione del contratto per inadempimento, di preventiva liquidazione del danno per il mancato pagamento del prezzo, mentre il danno da illegittima occupazione dell'immobile, frattanto consegnato al promissario, discendendo dalla mancata restituzione del bene dopo il recesso dal contratto del promittente, legittima quest'ultimo a richiedere un distinto risarcimento (Cass., Sez. 2^, 31 maggio 1988, n. 3704). Correttamente, pertanto, la Corte d'appello ha riconosciuto il diritto dei promittenti non solo ad incamerare la caparra, ma anche ad ottenere il pagamento dell'indennità di occupazione, calcolandola (attesa l'efficacia retroattiva fra le parti del recesso del contraente non inadempiente: Cass., Sez. 2^, 2 settembre 1978, n. 4023) dal 30 luglio 1994, ovvero dalla data di stipulazione del preliminare e di immissione della promissaria acquirente nella detenzione dei capannoni, sino al momento della restituzione.

2. – Il secondo mezzo censura violazione dell'art. 1453 c.c., comma 2, cod. civ., in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3, nella parte in cui la sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile il mutamento della domanda diretta all'adempimento del contratto in domanda di risoluzione perché fondato su di una nuova causa petendi consistente nella non commerciabilità del bene de quo (siccome realizzato in violazione del vincolo idrogeologico).
2.1. – La doglianza è priva di fondamento. L'art. 1453 c.c., comma 2, secondo il quale, nei contratti a prestazioni corrispettive, qualora uno dei contraenti non adempia la propria obbligazione, l'altro può chiedere la risoluzione anche se abbia già promosso il giudizio per ottenere l'adempimento, introduce una deroga al divieto della mutatio libelli nel corso del procedimento. Tale facoltà è, tuttavia, esercitabile solo quando la domanda di risoluzione resti nell'ambito degli stessi fatti posti a base dell'inadempimento, mentre, ove siano prospettati fatti nuovi idonei a configurare una diversa causa petendi, il mutamento deve ritenersi inammissibile anche nel regime processuale applicabile prima della riforma introdotta con la L. 26 novembre 1990, n. 353, salva l'accettazione del contraddittorio della controparte sulla diversa domanda (Cass., Sez. 2, 18 gennaio 2003, n. 1003; Cass., Sez. 2, 6 aprile 2009, n. 8234). Correttamente, pertanto, la Corte d'appello ha dichiarato l'inammissibilità della domanda di risoluzione formulata dalla società  all'udienza del 23 dicembre 1997, in quanto fondata su una causa petendi (non commerciabilità del bene siccome realizzato in violazione del vincolo idrogeologico) radicalmente nuova rispetto alla precedente (esistenza di trascrizioni non dichiarate), e avendo la controparte, nel procedimento già pendente alla data del 30 aprile 1995, sollevato la pregiudiziale contestazione della facoltà dell'avversario di introdurre la domanda nuova, svolgendo difese nel merito soltanto in via subordinata.

3. – Il terzo mezzo censura vizio della sentenza risiederebbe nell'aver posto a giustificazione del rigetto il solo fatto della estinzione dei debiti relativi alle trascrizioni (atto di pignoramento immobiliare trascritto in favore della Banca, ipoteca giudiziale iscritta in favore dell'—- e ulteriori ipoteche sempre giudiziali), senza in alcun modo esplicitare le ragioni di fatto e di diritto conducenti ad una tale decisione. La mancanza di vincoli pregiudizievoli corrispondeva ad un preciso interesse della promissaria, giacché il preliminare prevedeva la libertà degli immobili da ipoteche e trascrizioni.
3.1 – Con il quarto motivo si lamenta insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, in merito al percorso logico- giuridico utilizzato dal giudice per dichiarare ingiustificato il potere di autotutela esercitato ai sensi dell'art. 1460 cod. civ. dall'appellato.
3.2. – I due motivi – i quali, per la loro connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
In tema di preliminare di compravendita ad effetti anticipati, la sospensione totale o parziale, da parte del promissario acquirente, del pagamento dei ratei di prezzo che vengano a scadenza prima della data fissata per la stipula del definitivo, può essere legittima anche nell'ipotesi di inesatto adempimento, purché essa appaia giustificata in relazione alla oggettiva proporzione dei rispettivi inadempimenti, riguardata con riferimento all'intero equilibrio del contratto e all'obbligo di comportarsi secondo buona fede. Ne consegue che correttamente la Corte d'appello ha escluso che detta sospensione fosse giustificata per la semplice presenza di una trascrizione (di un atto di pignoramento) e di iscrizioni (di ipoteche) sul bene oggetto del contratto non denunciate nel preliminare, avendo accertato – in fattispecie nella quale il promissario acquirente aveva continuato a godere dell'immobile promesso in vendita, già consegnato al momento della stipulazione del preliminare – che i debiti relativi alla trascrizione e alle iscrizioni erano, ormai da tempo, estinti, così da escludere il pericolo di evizione, e che di detta estinzione, in pendenza della pratica di cancellazione, il promissario era stato reso edotto attraverso l'invio di idonea documentazione.

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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