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Rapporto tra accettazione dell’opera e denuncia del vizio nell’appalto

La Cassazione del 4.1.2018 n. 80 ha stabilito che fino a quando l’opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell’esistenza dei vizi, gravando sull’appaltatore l’onere di provare di aver eseguito l’opera conformemente al contratto e alle regole dell’arte, mentre, una volta che l’opera è stata verificata, anche “per facta concludentia”, spetta al committente, che l’ha accettata dimostrare l’esistenza dei vizi.
A cura di Paolo Giuliano
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I vizi del contratto di appalto

L'opera eseguita dall'appaltatore può presentare dei difetti. Il legislatore nell'art. 1667 cc regola i termini entro i quali i vizi possono (e devono) essere contestati.

Il committente deve denunziare i vizi o le difformità dell'opera (rispetto a quanto appaltato) entro 60 giorni dalla scoperta. Il committente se viene citato dall'appaltatore per il pagamento può contestare i vizi se questi sono stati contestati entro 60 giorni dalla scoperta e non sono trascorsi 2 anni dalla consegna dell'opera.

Vizi e difformità occulti o palesi

I termini entro cui effettuare la denunzia per i vizi o le difformità dell'opera si applicano sia ai vizi e difformità palesi sia ai vizi e difformità occulte, in altri termini, la presenza di vizi occulti non è un elemento che permette di eliminare l'obbligo di denunziare i vizi posto a carico del committente (ovviamente quando si scopre la presenza degli stessi).

Vizi e difformità che rendono completamente inadatta l'opera allo scopo

L'obbligo di eseguire (nei termini) la denunzia per i vizi e le difformità si applica sia ai vizi dell'opera che non rendono la medesima inadatta allo scopo sia ai vizi o alle difformità che rendono completamente inadatta l'opera allo scopo a cui era destinata.

L'onere della prova dell'esistenza dei vizi o delle difformità

Il legislatore descrive i termini e le decadenze entro cui contestare i vizi dell'opera appaltata, ma non individua l'onere della prova del vizio o della difformità.

L'onere della prova dell'inadempimento o dell'adempimento nel contratto di appalto

Occorre valutare se la disciplina prevista dall'art. 1667 cc regola solo i termini entro i quali devono essere effettuate le contestazioni relative all'opera oppure incidono anche sull'onere della prova relativo all'esistenza di un'inadempimento contrattuale oppure in sull'esistenza dell'adempimento contrattuale.

In tema di inadempimento del contratto di appalto, le disposizioni speciali dettate dal legislatore attengono essenzialmente alla particolare disciplina della garanzia per le difformità ed i vizi dell'opera, assoggettata ai ristretti termini decadenziali di cui all'art. 1667 cc, ma non derogano al principio generale che governa l'adempimento del contratto con prestazioni corrispettive, il quale comporta che l'appaltatore, il quale agisca in giudizio per il pagamento del corrispettivo convenuto, abbia l'onere – allorché il committente sollevi l‘eccezione di inadempimento di cui al terzo comma di detta disposizione – di provare di aver esattamente adempiuto la propria obbligazione e, quindi, di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte, essendosi altresì precisato.

L'onere della prova del vizio nel contratto di appalto prima o dopo l'accettazione tacita o espressa dell'opera

Un elemento che incide sulla ripartizione dell'onere della prova (ma non sulla prova in quanto tale) è l'accettazione espressa o tacita dell'opera.

L'accettazione dell'opera segna il discrimine ai fini della distribuzione dell'onere della prova, nel senso che, fino a quando l'opera non sia stata espressamente o tacitamente accettata, al committente è sufficiente la mera allegazione dell'esistenza dei vizi, gravando sull'appaltatore l'onere di provare di aver eseguito l'opera conformemente al contratto e alle regole dell'arte.

Mentre, una volta che l'opera sia stata positivamente verificata, anche "per facta concludentia", spetta al committente, che l'ha accettata e che ne ha la disponibilità fisica e giuridica, dimostrare l'esistenza dei vizi e delle conseguenze dannose lamentate, giacché l'art. 1667 cc indica nel medesimo committente la parte gravata dall'onere della prova di tempestiva denuncia dei vizi ed essendo questo risultato ermeneutico in sintonia col principio della vicinanza al fatto oggetto di prova.

La prova dei vizi nell'appalto  tramite CTU

L'esistenza di vizi non può essere ravvisata solo  sulla base delle sole risultanze della CTU, che in tal modo avrebbe surrettiziamente esentato una parte processuale dall'onere di fornire la dimostrazione dell'esistenza e dell'entità dei vizi.

La consulenza tecnica d'ufficio non è un mezzo di prova in senso proprio ma ha la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze tecniche.

Cass., civ. sez. II, del 4 gennaio 2018, n. 80

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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