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Salva conti, la Camera approva il decreto che evita la procedura d’infrazione: ora è legge

La Camera ha approvato in via definitiva il decreto Salva conti: si tratta della misura chiesta dalla Commissione europea per evitare l’apertura della procedura d’infrazione per il debito italiano. Con quella che è, difatti, una manovra correttiva (ma il governo si rifiuta di chiamarla così), vengono congelati 1,5 miliardi di euro di spese dei ministeri.
A cura di Stefano Rizzuti
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Dalla Camera dei deputati arriva il via libera definitivo al decreto Salva conti, il provvedimento che congela preventivamente 1,5 miliardi di spesa dei ministeri in attesa di poter verificare a quanto ammontano realmente i risparmi del reddito di cittadinanza e della quota 100. A votare a favore sono stati 277 deputati, 130 i contrari e 99 gli astenuti. Parere negativo è arrivato da Pd e Fratelli d’Italia, mentre hanno scelto l’astensione Forza Italia e Leu. Il decreto è, in sostanza, la manovra correttiva richiesta dall’Ue per evitare la procedura d’infrazione, ma il governo si è sempre rifiutato di battezzarla come tale. Con questo provvedimento si mettono quindi da parte anche i risparmi derivanti dalle due misure cardine del governo, introdotti con la scorsa legge di Bilancio: reddito di cittadinanza e quota 100.

Il decreto dispone anche l’abrogazione delle norme che avrebbero consentito il riutilizzo dei risparmi derivanti proprio da queste due misure. Il provvedimento non è stato modificato né durante la discussione al Senato né durante quella in commissione alla Camera. Il testo è stato varato così come uscito dal Consiglio dei ministri del primo luglio. Il nome del decreto è ‘Misure urgenti in materia di miglioramento dei saldi di finanza pubblica' ed è stato adottato in seguito alla negoziazione aperta dal governo con la Commissione europea per evitare la procedura d’infrazione.

Cosa prevede il dl Salva conti

Con questo provvedimento si prevede che i risparmi di spesa, così come le maggiori entrate conseguenti al minor utilizzo di risorse iscritte in bilancio per reddito di cittadinanza e quota 100, facciano parte delle economie di bilancio o vengono versati all’entrata del bilancio dello Stato, con l’obiettivo di essere destinati al miglioramento dei saldi di finanza pubblica. Quindi, nel 2019 vengono accantonate le dotazioni del bilancio per 1,5 miliardi, rendendoli indisponibili per la gestione sulla base di un riparto tra ministeri. Questi soldi, comunque, potranno essere rimodulati su richiesta dei ministeri con decreti del Mef.

Le risorse congelate provengono per 1 miliardo e 395 milioni dal Mef, mentre i restanti 105 milioni vengono divisi tra Difesa (47 milioni), Agricoltura (18) e Mise (15,8). Minore il contributo del ministero del Lavoro (400mila euro). Secondo quanto prevede il decreto, gli accantonamenti vengono disposti sulle disponibilità dei fondi da ripartire che non sono ancora finalizzati per la gestione. Il testo, come detto, prevede anche l’abrogazione delle disposizioni della legge di Bilancio secondo cui sarebbe stato possibile riutilizzare i risparmi del reddito di cittadinanza e della quota 100. La somma messa da parte potrà poi essere confermata o resa disponibile (entro il 15 settembre) con una delibera del Consiglio dei ministri su proposta del ministro dell’Economia.

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