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Mancanza della formula esecutiva sulla copia del titolo notificato al debitore

Cassazione del 12.2.2019 n 3967 La mancanza della formula esecutiva sulla copia del titolo esecutivo notificato al debitore determina una irregolarità, che deve essere denunciata nelle forme e nei termini ex art. 617 comma 1 cpc; l’opposizione non determina l’automatica sanatoria del vizio ex 156 comma 3 cpc, ma il debitore opponente non può limitarsi, a pena di inammissibilità dell’opposizione, a dedurre l’irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale pregiudizio abbia subito.
A cura di Paolo Giuliano
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Titolo esecutivo e formula esecutiva

Anche l'esecuzione forzata   richiede delle formalità: a) avere un titolo esecutivo; b) far appore sul titolo esecutivo la formula esecutiva; c) notificare il titolo esecutivo; d) redigere e notificare il precetto.

La formula esecutiva va apposta sull'originale del titolo esecutivo e sulla copia del titolo esecutivo che viene consegnata ala debitore.

Opposizione all'esecuzione o agli atti esecutivi

Il debitore può tutelarsi da esecuzioni illegittime con due rimedi l'opposizione all'esecuzione (quando si contesta l'impossibilità di procedere all'esecuzione forzata, perché, ad esempio, il debit non esiste oppure è stato pagato oppure non esiste il titolo esecutivo (sentenza riformulata in appello, opposizione a decreto ingiuntivo accolta)  o agli atti esecutivi (quando esistono dei vizi formali o irregolarità del procedimento esecutivo).

Funzione della formula esecutiva

Secondo una ricostruzione (formatasi già sotto il codice del 1865)  l'apposizione della formula esecutiva (che costituisce un unicum inscindibile con la spedizione in forma esecutiva) è non altro che un'affermazione esteriore e solenne d'una efficacia che già è inerente al titolo esecutivo in sé considerato. Si tratterebbe, quindi, di un residuo storico, di un requisito più formalistico che formale.

Secondo altra ricostruzione (preferibile) per l'individuazione dell'effettiva funzione della formula esecutiva occorre considerare che la stessa va apposta all'esito di un controllo sulla «perfezione formale» del titolo prescritto dall'art. 153 disp. att. cpc, sicché l'adempimento in questione vale a sugellare la rilevanza dell'atto come idoneo a sostenere l'azione esecutiva (a tal proposito è stato affermato che il diritto a procedere ad esecuzione forzata sarebbe soggetto ad una condicio iuris impropria – l'apposizione della formula – il cui avveramento soltanto ne consente l'esercizio).

Dunque, mediante la spedizione in formula esecutiva si verifica:

  1. (a) l'esistenza di una norma che conferisca all'atto la qualità di titolo esecutivo, giusta la riserva di legge contenuta nell'art. 474 cod. proc. civ.;
  2. (b) l'esigibilità del diritto, che – secondo la chiara lettera dell'art. 474, primo comma, cod. proc. civ. – costituisce un presupposto dell'azione esecutiva distinto dalla valenza astratta dell'atto come titolo esecutivo;
  3. (e) trattandosi di credito di somme di denaro o di cose determinate secondo il genere, la sussistenza del requisito della liquidità, anch'esso richiesto dell'art. 474, primo comma, cod. proc. civ.;
  4. (d) trattandosi di scritture private autenticate, che esse contengano una obbligazione di somme di denaro (art. 474, secondo comma, n. 2, cod. proc. civ.).

Pertanto, qualora si ponga in esecuzione un provvedimento giudiziario, la spedizione del titolo in forma esecutiva postula l'accertamento che non ne sia stata disposta la sospensione della provvisoria esecutività o che lo stesso non sia stato revocato, annullato o cassato. Ed ancora, non potrà provvedersi alla spedizione se non siano provati l'avveramento della condizione sospensiva, l'esecuzione della controprestazione, l'avvenuta scelta nell'obbligazione alternativa.

Altra funzione della spedizione in forma esecutiva è quella di individuare la parte che ha diritto ad utilizzare il titolo, alla quale soltanto può esserne dato il possesso (art. 475, secondo comma, cod. proc. civ.).

Infine, la spedizione in forma esecutiva consente il controllo del numero delle copie del titolo esecutivo in circolazione, giacché l'art. 476 cod. proc. civ. dispone che non può spedirsi «senza giusto motivo» più di una copia in forma esecutiva alla stessa parte. Tale previsione, unitamente a quella secondo cui solo il presidente del tribunale o il giudice dell'esecuzione possono autorizzare il creditore a ritirare il titolo esecutivo, sostituendolo con copia autentica (art. 488, secondo comma, cod. proc. civ.), valgono a mantenere sotto il controllo dell'autorità giudiziaria l'esercizio della facoltà di cumulo dei mezzi di espropriazione (art. 483 cod. proc. civ.).

Mancanza della formula esecutiva sul titolo esecutivo o sulla copia esecutiva e rimedi esperibili

Può capitare che la formula esecutiva non sia apposta sul titolo esecutivo o sulla copia notificata al debitore.

Occorre valutare se  l'omessa apposizione della formula esecutiva sul titolo ne determina l'inesistenza, ovvero dia luogo ad una mera irregolarità formale. Nel primo caso, la carenza dei presupposti dell'azione espropriativa potrebbe essere rilevata d'ufficio o denunciata dall'opponente fintanto che non sia stata disposta la vendita o l'assegnazione, a norma degli artt. 530, 552 e 569 cod. proc. civ. (art. 615, secondo comma, cpc). Nell'altra ipotesi, invece, il vizio sarebbe censurabile nelle forme e nei termini propri dell'opposizione agli atti esecutivi (art. 617 cpc) (entro venti giorni dall'atto viziato).

In realtà, la soluzione non è così semplice, in quanto la mera contestazione formale relativa alla mancanza della formula esecutiva non esclude che venga contestata l'esistenza stessa del titolo esecutivo.

Infatti, la denuncia dell'omessa apposizione della formula esecutiva configura un'opposizione agli atti esecutivi allorquando si faccia riferimento solamente alla correttezza della spedizione del titolo in forma esecutiva richiesta dall'art. 475 cpc, di cui non si ponga in dubbio l'esistenza, poiché in tal caso il difetto si concreta in una irregolarità del procedimento esecutivo o del precetto.

Viceversa, allorché si contesti l'inesistenza del titolo esecutivo ovvero la mancata soddisfazione delle condizioni perché l'atto acquisti efficacia esecutiva, l'opposizione deve qualificarsi come proposta ai sensi dell'art. 615 cpc (opposizione all'esecuzione).

Quindi, quando la contestazione relativa alla mancanza della formula esecutiva è limita solo ad una omissione o irregolarità formale del titolo esecutivo la relativa opposizione deve essere proposta nel termine di venti giorni fissato dall'art. 617 cpc. In particolare, poiché la notificazione del titolo esecutivo (a sé stante o unitamente al precetto) precede l'inizio dell'espropriazione forzata, entro il termine anzidetto deve essere notificato l'atto di opposizione previsto dall'art. 617 primo comma, cpc.

Deve escludersi che la funzione della spedizione del titolo in forma esecutiva serva semplicemente a consentire all'intimato di avere piena cognizione della pretesa fatta valere nei suoi confronti. Anzi, tale funzione sembra del tutto estranea alla spedizione in forma esecutiva, spettando semmai all'atto di precetto assolvere a tale scopo.

Opposizione agli atti esecutivi ed eventuale sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo

Quando la contestazione dell'irregolarità formale del titolo esecutivo (per omessa apposizione della formula esecutiva) rientra nell'opposizione agli atti esecutivi (ad esempio al debitore è stata notificata una copia del titolo esecutivo sprovvisto della formula di cui all'art. 475 cod. proc. civ.) occorre valutare se l'opposizione agli atti esecutivi determina la sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo.

La conoscenza del titolo esecutivo comunque avuta dal debitore non basta a sanare, ai sensi dell'art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., il vizio dell'omessa spedizione in forma esecutiva della copia a lui destinata, in quanto non è questa la finalità dell'adempimento imposto dall'art. 475 cod. proc. civ. Allo stesso modo, non produce alcun effetto sanante la proposizione di un'opposizione agli atti esecutivi volta a far valere il predetto vizio formale.

Questo, però, non è sufficiente a far accogliere l'opposizione.

Infatti, la sanatoria dell'atto nullo che abbia comunque raggiunto il suo scopo si determina tutte le volte in cui non risulta concretamente leso lo specifico interesse tutelato dalla norma processuale che regola la fattispecie. Si tratta, dunque, di un'ipotesi particolare di carenza di interesse (a dedurre la nullità processuale).

La Cassazione ha chiarito che il tema dell'effettività della lesione dei diritti di difesa (e quindi della concretezza di un interesse effettivamente pregiudicato dall'atto processuale nullo) ha un ambito di rilevanza più ampio: qualsiasi denuncia di un error in procedendo deve essere accompagnata dalla enucleazione di un concreto pregiudizio subito dalla parte, poiché non esiste un interesse all'astratta regolarità dell'attività giudiziaria.

I principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire impongono che l'impugnazione basata sulla violazione di regole processuali possa essere accolta solo se in tal modo la parte ottiene una pronuncia diversa e più favorevole. La parte che intende far valere la nullità processuale deve quindi indicare quale attività processuale gli sia stata preclusa per effetto della denunciata nullità.

Questo principio resta fermo anche in materia esecutiva, dove per la deduzione degli errores in procedendo è prevista un'apposita azione (art. 617 cod. proc. civ.).  Infatti, la disciplina dell'opposizione agli atti esecutivi deve essere coordinata con le regole generali in tema di sanatoria degli atti nulli, sicché con l'opposizione di cui all'art. 617 cod. proc. civ. non possono farsi valere i vizi sanati per raggiungimento dello scopo (art. 156, ultimo comma, cod. proc. civ.) e neppure quelli rispetto ai quali il debitore non indichi quale interesse ad agire in concreto egli abbia.

L'opponente, pertanto, non può limitarsi a lamentare l'esistenza dell'irregolarità formale in sé considerata, senza dedurre che essa abbia davvero determinato un pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo.

A prescindere dall'assolvimento delle molteplici funzioni propria della spedizione in forma esecutiva, il debitore che intenda opporre, ai sensi dell'art. 617 cod. proc. civ., la mancanza sul titolo della formula prevista dall'art. 475 cod. proc. civ., deve contestualmente indicare quale effettivo pregiudizio dei suoi diritti di difesa sia derivato da tale omissione. In mancanza, l'opposizione dovrà essere dichiarata inammissibile per carenza di interesse.

In conclusione, va affermato il seguente principio di diritto: "L'omessa spedizione in forma esecutiva della copia del titolo esecutivo rilasciata al creditore e da questi notificata al debitore determina una irregolarità formale del titolo medesimo, che deve essere denunciata nelle forme e nei termini di cui all'art. 617, primo comma, cod. proc. civ., senza che la proposizione dell'opposizione determini l'automatica sanatoria del vizio per raggiungimento dello scopo, ai sensi dell'art. 156, terzo comma, cod. proc. civ. Tuttavia, in base ai principi di economia processuale, di ragionevole durata del processo e di interesse ad agire, il debitore opponente non può limitarsi, a pena di inammissibilità dell'opposizione, a dedurre l'irregolarità formale in sé considerata, senza indicare quale concreto pregiudizio ai diritti tutelati dal regolare svolgimento del processo esecutivo essa abbia cagionato".

Cass., civ. sez. III, del 12 febbraio 2019, n. 3967          

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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