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Eccezione di inadempimento e domanda di risoluzione per inadempimento

Cassazione 26.7.2020 n 20322 L’eccezione di inadempimento non comprende la domanda di risoluzione del contratto perché la prima tende a paralizzare l’azione avversaria per ottenerne il rigetto, la seconda è fuori dall’ambito di una semplice difesa e introduce una più ampia pretesa; pertanto, si ha domanda nuova, improponibile in appello, quando si chiede la risoluzione del contratto, se, in primo grado, il convenuto sì era limitato ad eccepire l’inadempimento dell’attore.
A cura di Paolo Giuliano
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L'eccezione di inadempimento ex art. 1460 cc

L'art. 1460 cc prevede che nei contratti con prestazioni corrispettive, ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria, salvo che termini diversi per l'adempimento siano stati stabiliti dalle parti o risultino dalla natura del contratto.
Tuttavia non può rifiutarsi la esecuzione se, avuto riguardo alle circostanze, il rifiuto è contrario alla buona fede.

La ratio dell'eccezione di inadempimento

L'eccezione di inadempimento è una forma di autotutela privata, in presenza dell'inadempimento (anche non grave) dell'altra parte. L'eccezione di inadempimento e la risoluzione del contratto per inadempimento anche se hanno in comune l'inadempimento sono diverse per il fine che intendono raggiungere.

Infatti, il fine dell'eccezione di inadempimento è quella di preservare il contratto, mentre il fine della  risoluzione del contratto per inadempimento è lo scioglimento del contratto.

L'eccezione di inadempimento ex  art. 1460 cc che  è un mezzo  di autotutela, che opera nella fase esecutiva del contratto e non mira, come la risoluzione, allo scioglimento del vincolo, ma anzi ne presuppone la permanenza.

Eccezione di inadempimento e buona fede

L'esercizio dell'eccezione di inadempimento, come forma di auto tutela, è lasciata alla scelta discrezionale della parte adempiente, l'attribuzione di questo potere presuppone che possa essere valuto se l'esercizio è stato corretto oppure è stato un abuso.

Il controllo è effettuato dal giudice sulla base della buona fede, cioè l'esercizio dell'eccezione di inadempimento non deve essere contraria alla buona fede.

L'eccezione di inadempimento (istituto basato sulla sospensione del proprio adempimento regolato dall'art. 1460 cod. civ) assume il principio di correttezza e buona fede oggettiva ex artt. 1175 e 1375 cod. civ., (richiamato in modo espresso dal secondo comma dell'art. 1460 cc) come elemento che serve a valutare la legittimità della sospensione della propria prestazione.

In particoalre si è anche precisato che l'inadempimento della contro parte e il rifiuto di eseguire la propria prestazione devono essere  «proporzionali», nel senso che i rispettivi inadempimenti devono essere proprozionali e non sporozionati (sproporzione da valutare non in rapporto alla rappresentazione soggettiva che le parti se ne facciano, ma in relazione alla oggettiva proporzione degli inadempimenti stessi, riguardata con riferimento all'intero equilibrio del contratto ed alla buona fede).

Per stabilire in concreto, dunque, se l'eccezione di inadempimento sia stata sollevata in buona fede oppure no il giudice di merito deve verificare «se la condotta della parte inadempiente, avuto riguardo all'incidenza sulla funzione economico-sociale del contratto, abbia influito sull'equilibrio sinallagmatico dello stesso, in rapporto all'interesse perseguito dalla parte, e perciò abbia legittimato, causalmente e proporzionalmente, la sospensione dell'adempimento dell'altra parte.

Eccezione di inadempimento parziale o limitata

L'eccezione di inadempimento può servire giustificare la sospensione dell'intera prestazione o solo di una parte della prestazione.

L'eccezione di inadempimento può giustificare sia il rifiuto di eseguire totalmente la propria prestazione sia il rifiuto di eseguire una parte della propria prestazione, in quanto è legittima la sospensione, anche parziale, della propria controprestazione, trattandosi di rimedio meno radicale, consentito dalla legge in via di autotutela nella fase esecutiva del contratto, alla parte non inadempiente, in presenza dei medesimi presupposti (e anzi addirittura meno gravi, posto che l'art. 1460, comma primo, cod. civ. non richiede la gravità dell'inadempimento).

L'applicazione concreta della legittimità di una eccezione di inadempimento parziale si nota in materia di locazione (ad esempio se l'immobile diventa parzialmente inagibile oppure se non può essere adibito all'uso previsto nel contratto) , infatti, proprio per le caratteristiche del contratto nulla esclude che possa essere adottata  versione per così dire più limitata di tale strumento di autotutela e dei relativi presupposti.

Del resto, i criteri di buona fede e proporzionalità sinallagmatica che concretano il funzionamento dell'eccezione di inadempimento verrebbero traditi ove, pur in presenza di accertati inadempimenti del locatore, ancorché non tali da escludere ogni possibilità di godimento dell'immobile, non si ammettesse una «proporzionale» (non totale, ma solo  parziale) sospensione della prestazione di controparte, ma se ne richiedesse al contrario l'integrale adempimento.

Eccezione di inadempimento ex art. 1460 cc e la domanda di risoluzione del contratto 1453 cc

Come si è visto l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 cc e la domanda di risoluzione per inadempimento hanno in comune lo stesso evento, ma hanno due finalità differenti.

Resta da chiedersi se proposta l'eccezione di inadempimento poi può essere proposta domanda di inadempimento, applicando un principio simile a quello previsto dall'art. 1453 cc che consente di domandare la risoluzione del contratto quando il giudizio è stato promosso per ottenere l'adempimento.

La stessa domanda può essere posta chiedendosi se l'eccezione di inadempimento comprende (o meno) la domanda di risoluzione.

Quando il convenuto propone l'eccezione d'inadempimento, in sede di appello non può essere introdotta dallo stesso convenuto azione di risoluzione per inadempimento, trattandosi di domanda nuova e, quindi, inammissibile (art. 345 cpc).

L'eccezione di inadempimento non è comprensiva della domanda di risoluzione del contratto perché, mentre la prima tende a paralizzare l'azione avversaria al fine di ottenerne il rigetto, la seconda, pur muovendo dallo stesso presupposto di fatto (inadempimento), esorbita invece dall'ambito di una semplice difesa, in quanto, tendendo ad ottenere dal giudice un accertamento costitutivo, introduce nel processo una diversa e più ampia pretesa idonea non solo ad alterarne l'effetto sostanziale, ma a rendere altresì necessaria una indagine ben più ampia e penetrante (quale, ad esempio, quella sulla importanza dell'inadempimento ex art. 1455 cod. civ.).

Pertanto, si ha domanda nuova, improponibile come tale in appello, allorquando in detta sede si chieda per la prima volta la risoluzione del contratto, se, in primo grado, il convenuto sì era limitato ad eccepire l'inadempimento dell'attore rispetto al contratto medesimo.

Cass., civ. sez. III, del 26 luglio 2019, n. 20322

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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