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Locazione uso non abitativo e gravità dell’inadempimento

Cassazione 26.11.2019 n 30730 Nella locazione ad uso non abitativo la risoluzione si basa sul grave inadempimento e sull’intollerabile prosecuzione del rapporto. L’inadempimento va valutato nell’economia del rapporto, effettuto tale accertamento deve essere valutato l’interesse del creditore alla prosecuzione. La risoluzione per Il ritardo nel pagamento del canone occorre valutare il tempo trascorso, l’entità della somma da pagare in base all’importo già versato e ogni altra circostanza utile.
A cura di Paolo Giuliano
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Inadempimento in generale

Il codice civile con l'art. 1455 cc prevede che il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altra.

Quindi, in generale non ogni inadempimento alle proprie obbligazioni assunte con il contratto può portare alla risoluzione del contratto, ma solo un inadempimento che non sia di scarsa importanza.

L'art. 1455 cc presenta un singolare intreccio tra una valutazione che sembra possedere tutti i crismi dell'oggettività — la non scarsa importanza dell'inadempimento — ed un parametro certamente soggettivo — qual è l'interesse della parte non inadempiente.

Di fatto, la valutazione relativa alla gravità dell'inadempimento è una scelta soggettiva del  giudice.

La ratio della gravità dell'inadempimento richiesto dall'art. 1455 cc

Molte sono stati i tentativi di spiegare l'art. 1455 cc, infatti, l'art. 1455 cc è stato  attribuita l'esigenza di prevenire comportamenti pretestuosi da parte del non inadempiente desideroso di sottrarsi al permanere del vincolo contrattuale. Oppure nell'art. 1455 cc è stato visto come un limite negativo all'esercizio della risoluzione per inadempimento, diretto a  comporre il conflitto tra l'interesse del debitore alla permanenza del vincolo e quello del creditore allo scioglimento dello stesso ecc.

L'inadempimento nel contratto di locazione ad uso non abitativo

L'art. 5 della legge 27.7.1978 n. 392 per i contratti di locazione ad uso abitativo, deroga l'art. 1455 c.c., e introduce una presunzione assoluta dell'elemento oggettivo dell'inadempimento, sottratto alla valutazione discrezionale del giudice, fondata su due elementi, l'uno temporale — il protrarsi del ritardo nella corresponsione dei canoni per oltre venti giorni — l'altro quantitativo — il mancato pagamento di una rata di canone oppure di oneri accessori per un importo superiore a due mensilità.

Per le locazioni ad uso non abitativo non si applica l'art.  5 della legge del 27.7.1978 n 392 il quale stabilisce per le locazione ad uso abitativo che il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del codice civile. In quanto L'art. 41 della legge 392/1978 non richiama l'art 5 come norma applicabile ai contratti di locazione ad uso abitativo.

Quanto alle locazioni ad uso non abitativo occorre valutare se

  • se è possibile applicare analogicamente l'art. 5 della legge 27.71978 n. 392 (ma è stata esclusa la possibilità di un'applicazione estensiva dell'art. 5 alle locazioni non abitative)
  • oppure applicare direttamente l'art. 1455 cc ( che rimette al giudice la valutazione della ricorrenza di un inadempimento che rilevi dal punto di visto solutorio)
  • oppure ricercare una diversa strada in base alla quale (anche non applicando analogicamente l'art. 5)  il giudice possa trarre dall'art. 5 della I. n. 392/1978 parametri che gli consentano di orientarsi nell'applicazione dell'art. 1455 al contratto di locazione di immobili ad uso non abitativo.

La gravità dell'inadempimento nella locazione ad uso non abitativo

Come si è già detto  nella locazione ad uso non abitativo il legislatore non ha predeterminato ex lege i caratteri dell'inadempimento solutoriamente rilevante, questo, però, non significa, d aun lato, l'inesistenza totale di ogni carattere tipizzato (cioè non significa che non si può applicare l'art. 1455 cc) dall'altro, anche nell'inadempimento nella locazione ad uso non abitativo occorre considerare la gravità dell'inadempimento sotto il profilo oggettivo (come previsto dall'art. 1455 cc), ma questo non impedisce al giudice di orientarsi avvalendosi dei parametri valevoli per sciogliere il contratto di locazione ad uso abitativo.

Infatti, la tipizzazione normativa contribuisce a dare concretezza ed oggettività alla valutazione del giudice che, altrimenti, in un ambito nel quale il suo potere discrezionale appare singolarmente ampio,  rischierebbe di restare pericolosamente priva di coordinamento con le direttive del sistema

Quindi, nella locazione ad uso non abitativo il punto di rottura del rapporto di locazione che giustifica la cancellazione del vincolo è dato dall'incrocio tra il grave inadempimento e l'intollerabile prosecuzione del rapporto da parte dell'inadempiente.

La prima misurazione è affidata a parametri oggettivi, sulla scorta dei quali, secondo comune apprezzamento ed in relazione alle circostanze, deve accertarsi l'apprezzabilità in concreto del peso dell'inadempimento nell'economia del rapporto, e commisurarsi il risultato di tale primo accertamento all'interesse del creditore deluso, considerato non in astratto, ma in concreto, avuto riguardo per la natura del contratto, per la qualità dei contraenti e per ogni altra circostanza rilevante: ad esempio, il piano dei rischi e dei benefici espressi nel contratto, gli adempimenti irrinunciabili ed essenziali, le rinunce e le attese tollerabili pur di conservare il contratto (con precipuo riferimento al ritardo, si ritiene che il giudice debba valutare il tempo trascorso, l'entità della somma da pagare in base all'importo già versato e ogni altra circostanza utile ai fini della considerazione dell'interesse dell'altra parte, quale, esemplificativamente, il tipo di impiego di quanto dedotto in prestazione, sì da giustificare l'esigenza, per il non inadempiente, di un adempimento rigorosamente tempestivo).

Inoltre, in tema di contratto di locazione, ai fini dell'emissione della richiesta pronunzia costitutiva di risoluzione del contratto per morosità del conduttore, il giudice deve valutare la gravità dell'inadempimento di quest'ultimo anche alla stregua del suo comportamento successivo alla proposizione della domanda, giacché in tal caso, come in tutti quelli di contratto di durata in cui la parte che abbia domandato la risoluzione non è posta in condizione di sospendere a sua volta l'adempimento della propria obbligazione, non è neppure ipotizzabile, diversamente dalle ipotesi ricadenti nell'ambito di applicazione della regola generale di cui all'art. 1453 cc. (a mente della quale la proposizione della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento comporta la cristallizzazione, fino alla pronunzia giudiziale definitiva, delle posizioni delle parti contraenti, nel senso che è vietato al convenuto di eseguire la sua prestazione e non è consentito all'attore di pretenderla), il venir meno dell'interesse del locatore all'adempimento da parte del conduttore inadempiente, il quale, senza che il locatore possa impedirlo, continua nel godimento della cosa locata consegnatagli dal locatore ed è tenuto, ai sensi dell'art. 1591 c.c., a corrispondere il corrispettivo convenuto (salvo l'obbligo di risarcire il maggior danno) fino alla riconsegna.

Cass., civ. sez. III, del 26 novembre 2019, n. 30730

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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