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Ripartizione delle spese e locali con accesso esterno al condominio

La Cassazione del 20.4.2017 n. 9986 ha stabilito che se nell’edificio condominiale siano compresi locali forniti di un accesso diverso dall’androne e dal vano scale (c.d. accesso esterno al condominio), anche i proprietari di detti locali sono tenuti a concorrere, sia pure in misura minore, alle spese di manutenzione dell’androne e delle scale, quando scale e androne servono per accedere alla portineria o al tetto o al lastrico di copertura.
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A cura di Paolo Giuliano
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La presenza di locali con accesso esterno e la ripartizione delle spese condominiali

La diversa struttura degli edifici può portare all'esistenza di locali che hanno accesso diretto dalla strada e non usano il cortile interno al fabbricato, oppure, le scale interne al fabbricato.

In queste situazioni capita sempre che nel momento in cui si deve procedere all'esecuzione di opere sul cortile o sulle scale sorge il dubbio se i locali con accesso diretto dalla strada devono partecipare (o meno) alle spese.

Il principio relativo alla proprietà e il principio relativo alla ripartizione delle spese in base all'uso ex art. 1123 cc

La questione nasce dall'esigenza di coordinare due principi sostanzialmente opposti: la proprietà dei beni condominiali ex art. 1117 cc a favore di tutti i proprietari (per i quale alla ripartizione delle spese partecipano tutti i proprietari) e l'art. 1123 cc secondo il quale qualora in un condominio ci sono beni e servizi destinati a servire solo alcuni  dei proprietari le spese sono a carico solo di coloro che ne traggono utilità (applicando questo principio i locali con ingresso esterno non parteciperebbero alle spese relative alla scale interne e al cortile interno).

Nell'intento di trovare una soluzione logica e lineare al conflitto sopra evidenziato si può dire che si possono verificare due situazioni:

a) la prima in cui sussiste un titolo che esclude alcuni beni o servizi dai beni condominiali ex art. 1117 cc, la presenza di un espresso  titolo contrario è un modo per risolvere il conflitto tra i due principi, poichè in tale ipotesi la ripartizione delle spese sarà effettuata solo tra i proprietari che utilizzano il bene (c'è coincidenza tra proprietà e ripartizione delle spese);

b) è anche possibile che le spese siano ripartite (con delle tabelle dei millesimi) solo tra colo che usano i beni e non tra tutti i proprietari (escludendo alcuni proprietari che non usano i beni dalla ripartizione delle spese) in questa situazione si da prevalenza al disposto dell'art. 1123 cc e si realizza una ripartizione delle spese in cui non non sussiste coincidenza tra proprietà e ripartizione delle spese.

Voto nella assemblea e l'art. 1123 cc

La questione relativa alla ripartizione delle spese in realtà nasconde anche un'altra problematica: in presenza di beni e servizi usati solo da alcuni dei proprietari chi vota in assemblea? vota in assemblea solo chi paga oppure votano in assemblea anche tutti i proprietari anche se non partecipano alla ripartizione delle spese ?

Il coordinamento del principio generale della proprietà condominiale ex art. 1117 cc e il principio della ripartizione delle spese ex art. 1123 cc

Per cercare di coordinare il principio generale relativo alla titolari di tutti dei beni condominiali ex art. 1117 cc e l'art. 1123 cc sono state elaborate due ricostruzioni:

  • l'art. 1123 cc dimostra che i beni condominiali possono essere solo di alcuni condomini, quindi, se un soggetto è escluso dalla partecipazione delle spese  significa che non è proprietario del bene. di conseguenza, i presupposti per l'attribuzione della proprietà comune a vantaggio di tutti i partecipanti vengono meno se le cose, i servizi e gli impianti di uso comune, per oggettivi caratteri materiali e funzionali sono destinati all'uso o al servizio, non di tutto l'edificio, ma di una sola parte, o di alcune parti di esso, ricavandosi dall'art. 1123 cc  che le cose, i servizi, gli impianti non appartengono necessariamente a tutti i partecipanti; cosicché  in particolare non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea relativamente alle cose, ai servizi, agli impianti, da parte di coloro che non ne hanno la titolarità, ragion per cui la composizione del collegio e delle maggioranze si modificano in relazione alla titolarità delle parti comuni che della delibera formano oggetto.
  • è vero che l'art. 1123 cc dimostra che alcuni beni condominiali non sono di tutti i proprietari, ma questo non significa l'art. 1123 cc è un titolo per escludere la proprietà, infatti, l'art. 1123 cc si riferisce solo alla ripartizione delle spese e non al titolo di proprietà dei beni, ecco, quindi, che per escludere dalla proprietà condominiale alcuni beni o è richiesto un titolo contrattuale oppure che il bene sia funzionalmente destinato all'uso di alcuni soggetti e non da tutti. I beni ex art. 1117 cc, anche se plurimi e posti concretamente al servizio di parti diverse dell'edificio stesso, vanno sempre considerati in assenza di un contrario titolo negoziale, di proprietà comune di tutti i condomini, senza che a ciò sia di ostacolo il disposto dell'art. 1123, 3° co., cod. civ., il quale, proprio sul presupposto di tale comunione, disciplina soltanto la ripartizione delle spese per la conservazione ed il godimento di esse.

E' intuitivo comprendere che accettare una o l'altra ricostruzione influisce anche sulla decisione relativa all'individuazione dei soggetti che possono votare e del calcolo dei quorum: (infatti, ai fini dell'approvazione dei lavori relativi a beni usati solo da alcuni proprietari  la validità della delibera potrebbe essere verificata con riferimento ai millesimi dei soli condomini interessati ai lavori e non di tutti i condomini del fabbricato).

Criteri da seguire per trovare una soluzione: l'elemento funzionale

In pratica non sembra essere stata accolta la tesi che l'art. 1123 cc è una prova della proprietà limitata del bene solo a carico di coloro che ne fanno uso.  Anzi, viene accolta la tesi della valutazione funzione dell'uso del bene: se il bene può essere usato (anche in modo minimo) da altri soggetti tutti partecipano alla ripartizione delle spese (e al voto).

In assenza di un formale titolo che esclude la proprietà  l'androne e le scale di un edificio sono oggetto di proprietà comune, ai sensi dell'art 1117 cod. civ., anche dei proprietari dei locali terranei, che abbiano accesso direttamente dalla strada, in quanto costituiscono elementi necessari per la conservazione delle strutture di copertura di copertura dell'edifico. Quindi, le scale quando sono un mezzo indispensabile per accedere al tetto e al terrazzo di copertura, conservano la qualità di parti comuni, così come indicato nell'art. 1117 cod. civ., anche relativamente ai condomini proprietari di negozi con accesso dalla strada, in assenza di titolo contrario, poiché anche tali condomini ne fruiscono quanto meno in ordine alla conservazione e manutenzione della copertura dell'edificio

Per cui, se nell'edificio condominiale sono  compresi locali forniti di un accesso diverso dall'androne e dal vano scale, (di solito un accesso diretto su strada pubblica), anche i proprietari di detti locali sono tenuti a concorrere, sia pure in misura minore, alle spese di manutenzione (ed eventualmente di ricostruzione) dell'androne e delle scale, in proporzione all'utilità che anche essi possono trarne  per accedere nei locali della portineria o al tetto o al lastrico solare.

Cass. civ. sez. II del 20 aprile 2017 n 9986

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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