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Reddito di cittadinanza, l’inserimento nel mercato del lavoro è un flop: nessun effetto nel 2019

Gli effetti del reddito di cittadinanza sul mercato del lavoro stentano a decollare. Anzi, ancora non sono per nulla visibili. La fase due della misura voluta dal M5s e introdotta dallo scorso governo è iniziata, con grave ritardo, da pochissimo e gli effetti su occupazione e disoccupazione non sono ancora visibili e non lo saranno prima del 2020.
A cura di Stefano Rizzuti
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La prima fase è ormai a pieno regime. La seconda, invece, sembra ancora in alto mare. Sono queste le due facce del reddito di cittadinanza: se la parte riguardante l’erogazione del sussidio continua ad andare avanti senza intoppi, lo stesso non si può dire per il secondo passo, riguardante l’inserimento dei beneficiari del sussidio nel mercato del lavoro. A certificare il flop di questa seconda fase, partita – con notevole ritardo – da pochissimo, ci sono sia i dati Istat che quanto scritto dal governo nella Nota di aggiornamento al Def. A spiegarlo è il Sole 24 Ore, che fa riferimento alla situazione dei 704mila beneficiari del reddito di cittadinanza che sono considerati occupabili. Si tratta solo di una piccola fetta del totale dei beneficiari: parliamo, in totale, di 843mila nuclei familiari e 2,2 milioni di persone. Ma anche questi 704mila per il momento non avranno alcun impatto sul mercato del lavoro, soprattutto a causa del ritardo nell’avvio della parte relativa alle politiche attive.

Il flop sul mercato del lavoro viene certificato in primis dagli ultimi dati Istat. Da una parte c’è la riduzione del numero dei disoccupati: 87mila in meno tra luglio e agosto. Dall’altra c’è l’incremento degli inattivi, aumentati di 73mila unità. Esattamente il contrario di quanto sarebbe dovuto accadere con il reddito di cittadinanza: i beneficiari, infatti, avrebbero dovuto far accrescere il numero di disoccupati e far scendere quello di inattivi, essendo in cerca di un lavoro.

La seconda conferma viene dalla Nadef ed è stata quindi scritta dal governo: “Dai dati dell’indagine sulle forze di governo non emerge ancora pienamente l’incremento del tasso di partecipazione che sarebbe dovuto scaturire dall’adesione al reddito di cittadinanza e dal conseguente patto per il lavoro”. Il reddito, in sostanza, avrebbe dovuto portare a un incremento del tasso dei disoccupati, secondo quanto riporta il governo. Quindi “è ragionevole ipotizzare che l’attuazione completa del Rdc avvenga con un certo ritardo rispetto alla previsione iniziale”.

Le stime precedenti vanno quindi corrette. Il Def di aprile prevedeva un aumento del tasso di partecipazione. Incremento che non c’è stato e che “è stato traslato in parte anche sul 2020, attraverso un moderato incremento del tasso di crescita delle forze lavoro”. Secondo i calcoli della Nadef, dunque, il tasso di disoccupazione salirà, a causa del reddito di cittadinanza, solamente nel 2020, raggiungendo il 10,2%. Ad agosto si è attestato al 9,5%, livello su cui tornerà – secondo le stime della Nadef – solo nel 2022. L’aumento della disoccupazione atteso nel 2019, dunque, non c’è stato: segno che il reddito non è ancora a pieno regime. Anzi, è molto lontano dall'esserlo. Per i beneficiari la strada per l’inserimento nel mondo del lavoro è ancora lunga. Le convocazioni nei centri per l’impiego sono inizialmente solamente a settembre, in ritardo di mesi, considerando che la misura viene erogata già da aprile. E l’iter da seguire, tra la firma del patto per il lavoro e la ricerca effettiva di un'occupazione, è ancora lungo.

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