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La cancellazione di una società dal registro delle imprese: Cass. 12.10.2012 n. 17500

E’ stato riconfermato il principio secondo il quale la cancellazione dal registro delle imprese di una società di persone o di una società di capitali determina l’estinzione della società. Questo principio ha ricadute concrete molto importanti, infatti, nell’ambito processuale dopo la cancellazione dal registro delle imprese la società non può più iniziare procedimenti giudiziali o proseguire giudizi già instaurati.
A cura di Paolo Giuliano
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Prima della riforma del diritto societario, intervenuta con il decreto legislativo n. 6 del 17 gennaio 2003, una questione molto discussa riguardava l'individuazione dell'istante in cui una società poteva dirsi estinta. (Diversa dall'estinzione dell'intera società è l'estinzione del singolo rapporto sociale).

Se, formalmente, si faceva coincidere il momento in cui la società cessava di esistere con la cancellazione formale della stessa società dal regitro delle imprese, esisteva anche un'interpretazione, che partendo dall'esigenza di tutelare i creditori della società, riteneva che, indipendentemente dal dato formale della cancellazione dal registro delle imprese, la società si estingueva effettivamente solo quando tutti i rapporti giuridici attivi e passivi erano definiti. Di fatto, le società rimanevano in vita fino all'estinzione di tutti i debiti o alla riscossione di tutti i crediti.

La peculiarità di questa interpretazione si nota se si passa dalla ricostruzione teorica ed astratta all'applicazione pratica della teoria e si scopre che applicando la ricostruzione secondo cui una società si estingue solo e quando tutti i rapporti attivi e passivi possono dirsi realmente chiusi (indipendentemente dal dato formale della cancellazione della società da registro delle imprese), è evidente il falliemnto della società poteva essere dichiarato  anche dopo la cancellazione della società da registro delle imprese (fino a quando tutti i rapporti attivi e passivi non sono stati definiti) e una società poteva continuare i procedimenti giudiziali pendenti anche se  cancellata dal registro delle imprese, sempre fino a quando non sono definiti tutti i rapporti attivi e passivi.

Questa ricostruzione si è andata progressivamente sgretolandosi per due motivi particolari:  la modifica dell'art. 2495 c.c. relativo alla cancellazione della società e alla nuova interpretazione dell'art. 10 della legge fallimentare.

Partendo dal nuovo art. 2495 c.c. è possibile ricordare come il Decreto Legislativo del 17 gennaio 2003 n. 6 ha modificato il diritto societario e proprio una delle numerose modifiche apportate una riguarda l'art. 2495 c.c. relativo alla cancellazione della società, questo articolo è rubricato con il titolo di "Cancellazione della società" e prevede che "Approvato il bilancio finale di liquidazione, i liquidatori devono chiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese. Ferma restando l'estinzione della società, dopo la cancellazione i creditori sociali non soddisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci, fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori, se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l'ultima sede della società". Dal disposto letterale dell'art.  2495 c.c. risulta che la cancellazione della società dal registro delle imprese rimane "ferma" anche se dopo la cancellazione della società risultano crediti non soddisfatti, risulta evidente che tale norma legislativa contrasta l'interpretazione (precedentemente indicata) secondo cui anche in presenza di una formale cancellazione dal registro delle imprese la società rimane attiva fino alla definizione di tutti i rapporti attivi e passivi.

Si potrebbe obiettare che l'art. 2495 c.c. regola solo l'estinzione delle società di capitali e nulla è detto per le società di persone, ma anche questo punto è stato chiarito nel senso che il principio indicato dall'art. 2495 c.c. si applica alle società di capitali e alle società di persone, quanto meno per rendere identico il trattamento dei terzi creditori.

Questo principio è stato espressamente affermato dalla  Cassazione Sez. Un. del 22 febbraio 2010 n. 4060 "Deve quindi affermarsi il seguente principio di diritto: "L'art. 2495 c.c., comma 2, come modificato dal D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, art. 4, è norma innovativa e ultrattiva, che, in attuazione della legge di delega, disciplina gli effetti delle cancellazioni delle iscrizioni di società di capitali e cooperative intervenute anche precedentemente alla sua entrata in vigore (1 gennaio 2004), prevedendo a tale data la loro estinzione in conseguenza dell'indicata pubblicità e quella contestuale alle iscrizioni delle stesse cancellazioni per l'avvenire e riconoscendo, come in passato, le azioni dei creditori sociali nei confronti dei soci dopo l'entrata in vigore della norma, con le novità previste agli effetti processuali per le notifiche intrannuali delle citazioni, in applicazione degli artt. 10 e 11 preleggi e dell'art. 73 Cost., u.c.. Il citato articolo, incidendo nel sistema, impone una modifica del diverso e unanime pregresso orientamento della giurisprudenza di legittimità, fondato sulla natura all'epoca non costitutiva della iscrizione della cancellazione che, invece, dal 1 gennaio 2004 estingue le società di capitali nei sensi indicati.  Dalla stessa data, per le società di persone, esclusa l'efficacia costitutiva della cancellazione iscritta nel registro impossibile in difetto di analoga efficacia della loro iscrizione, per ragioni logiche e di sistema, può affermarsi la efficacia dichiarativa della pubblicità della cessazione dell'attività dell'impresa collettiva, opponibile dal 1 gennaio 2004 ai creditori che agiscano contro i soci ai sensi degli artt. 2312 e 2324 c.c., in base ai quali si giunge alla presunzione del venir meno della capacità e legittimazione di esse operante negli stessi limiti temporali già indicati, anche se perdurino rapporti o azioni in cui le esse sono parti, in attuazione di una lettura costituzionalmente orientata delle norme relative a tale tipo di società, da leggere in parallelo ai nuovi effetti costitutivi della cancellazione delle società di capitali per la novella.  La natura costitutiva riconosciuta per legge, a decorrere dal 1 gennaio 2004, degli effetti delle cancellazioni già iscritte e di quelle future per le società di capitali e le cooperative, che con esse si estinguono, comporta, anche per quelle di persone, che, a garanzia della parità di trattamento dei terzi creditori di entrambi i tipi di società, si abbia una vicenda estintiva analoga con la loro estinzione contestuale alla pubblicità, che resta dichiarativa degli effetti da desumere dall'insieme delle norme pregresse e di quelle novellate che, per analogia juris determinano una interpretazione nuova della disciplina pregressa. Per le società di persone, come la loro iscrizione nel registro delle imprese ha natura dichiarativa, anche la fine della loro legittimazione e capacità è soggetta a pubblicità della stessa natura, desumendosi l'estinzione di esse dagli effetti della novella dell'art. 2495 c.c., sull'intero titolo 5^ del Libro quinto del codice civile dopo la riforma parziale di esso, ed è evento sostanziale che la cancellazione rende opponibile ai terzi (art. 2193 c.c.) negli stessi limiti temporali indicati per la perdita della personalità delle società oggetto di riforma". L'enunciato principio relativo agli effetti della cancellazione dell'iscrizione del registro dell'impresa delle società garantisce una soluzione unitaria al problema degli effetti della iscrizione della cancellazione di tutti i tipi di società o imprese collettive ed è coerente anche con la L. Fall., art. 10 novellata, facendo comunque decorrere dalla data della iscrizione della cancellazione stessa, l'anno per la dichiarazione di fallimento ed evitando incertezze su tale punto".

Una diversa intepretazione dell'art. 10 legge fallimentare è il secondo elemento che ha permesso di superare la teoria della sopravvivenza della società anche dopo la formale cancellazione dal registro delle imprese. Infatti, in passato, la teoria secondo la quale le società si estinguevano solo quando tutti i rapporti attivi e passivi erano definiti era l'elemento teorico per permettere, nell'ambito fallimentare, di avere tutto il tempo necessario per dichiarare il fallimento anche dopo la cessazione della società (se si "scoprivano" insolvenze) o per "scovare" eventuali soci occulti di società reali e/o eventuali società di fatto, (sempre al fine di tutelare i creditori sociali). Quindi, come già detto, le società potevano fallire fino a quando non erano definiti tutti i rapporti attivi e passivi (indipendentemente dalla cancellazione dal registro delle imprese), di fatto, le società sopravvivevano alla cancellazione dal registro delle imprese e potevano anche fallire. Anche questa possibilità è stata eliminata prima dalla Corte Costituzionale (che ha dichiarato incostituzionale l'art. 10 legge fallimentare nella aprte in cui permetteva il fallimento dopo un anno dalla cancellazione della società dal registro delle imprese) e poi con la riforma della Legge Fallimentare che ha codificato l'indirizzo della Corte costituzionale nel nuovo art. 10 della Legge Fallimentare. Tale articolo 10 rubricato con il titolo di "Fallimento dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa" dispone che "Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma". Quindi, come eccezione al sistema della cancellazione – è stato previsto che gli imprenditori collettivi, siano questi le società di capitali e di persone, possono essere dichiarate fallite solo entro un anno dalla cancellazione del registro delle imprese, dunque, dopo un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese anche il rischio del fallimento è scongiurato e la società.

Oggi, riassumendo, è possibile sostenere che le società (di capitali e di persone) sono estinte con la cancellazione dal registro delle imprese, per cui una società non può costituirsi in giudizio o proseguire un giudizio già instaurato,  unica eccezione è prevista in tema di fallimento (e limitatamente agli effetti del fallimento) dove è ammessa la dichiarazione di fallimento entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese o dalla prova della data dell'effettiva cessazione dell'attività se questa non coincide con la cancellazione.

Cassazione civ. sez. II del 12 ottobre 2012 n. 17500

E' del tutto preliminare rilevare che il ricorso è inammissibile per la estinzione della società ricorrente, conseguente a cancellazione dal registro delle imprese, anteriore alla proposizione del ricorso per Cassazione.

Infatti, come risulta dalla prodotta visura camerate, la società Asrs ha richiesto di essere cancellata dal registro delle imprese in data 10/4/2007 per chiusura della liquidazione ed è stata cancellata il 18/4/2007, mentre il ricorso per cassazione è stato proposto con ricorso notificato il 12/11/2007 da un procuratore speciale nominato dall'ex socio amministratore FT quattro anni prima (il 15/7/2003). La giurisprudenza richiamata dalla ricorrente per sostenere che l'ente societario e lo stesso vincolo sociale, malgrado l'intervenuta cancellazione dal registro delle imprese, non può ritenersi estinto fino a completo esaurimento di tutti i suoi rapporti giuridici si era formata (in contrasto con la prevalente dottrina per quanto attiene alle società di capitali per le quali l'iscrizione aveva effetto costitutivo)prima che con la riforma del diritto societario (D.Lgs. n. 6 del 2003 in vigore dall'1/1/2004) fosse integrato il vecchio testo dell'art. 2456 c.c. che veniva riprodotto, con norma innovativa e non interpretativa (v. Cass. SSUU nn. 4060, 4061 e 4062 del 2010) nell'attuale art. 2495 c.c. con l'espressa previsione ("ferma restando l'estinzione della società") di estinzione della società di capitali a seguito dell'iscrizione della cancellazione.

L'estinzione dell'ente societario per effetto della cancellazione è stata successivamente riconosciuta da questa Corte (Cass. SS.UU. 22/2/2010 n. 4060) anche per le società di persone malgrado che, per queste, l'iscrizione nel registro delle imprese abbia una funzione meramente dichiarativa e non costitutiva. Al riguardo si è, tra l'altro, osservato che "nel sistema è logico riconoscere al novellato art. 2495 c.c., un effetto espansivo che impone un ripensamento della pregressa giurisprudenza anche per le società commerciali di persone, in adesione ad una lettura costituzionale della norma.

Le società in nome collettivo e in accomandita semplice non hanno personalità giuridica ma solo una limitata capacità per singoli atti di impresa e, con la cancellazione della loro iscrizione dal registro, come si estingue per l'art. 2495 c.c., la misura massima di detta capacità, cioè la personalità delle società che di essa sono dotate, deve logicamente presumersi che venga meno anche detta ridotta capacità delle società di persone, rendendola opponibile ai terzi con una pubblicità solo dichiarativa della fine della vita di essa, della stessa natura cioè di quella della loro iscrizione nel registro a decorrere dal l gennaio 2004 e per l'avvenire -. Si è poi ulteriormente precisato (Cass. 16/7/2010 n. 16758) che per le società di persone – l'intervenuta cancellazione fa presumere il venir meno della capacità e della legittimazione dell'ente, pur se perdurino rapporti o azioni in cui esso era parte".

Gli stessi principi sono applicabili anche al caso di specie nel quale la società semplice Asrs, cancellata prima della proposizione del ricorso per cassazione, aveva proposto azione (quale soggetto dotato di una propria autonomia patrimoniale e di una propria capacità processuale) per ottenere sentenza sostitutiva del trasferimento di un bene immobile oggetto di preliminare, non rilevando che, trattandosi di società semplice (che non risulta esercitare attività agricola per la quale l'iscrizione assumerebbe funzione dichiarativa), l'iscrizione possa avere funzione di pubblicità -notizia (art. 8 comma 5 L. n. 580 del 1993) – comunque obbligatoria e non di pubblicità dichiarativa diretta a rendere opponibile ai terzi il fatto o l'atto iscritto e di onerare la società della prova della conoscenza del fatto non iscritto.

La società semplice, dichiarando di avere concluso la propria liquidazione ed essendosi cancellata dal registro delle imprese ha manifestato di non avere più interessi da tutelare come società, né la presunzione di estinzione dell'ente societario e del venir meno del vincolo sociale può ritenersi superata dalla proposizione del ricorso da parte di un soggetto che non è socio, ma che propone il ricorso dopo la cancellazione e in forza di una procura a stipulare contratti e promuovere relative cause, rilasciata quattro anni prima della cancellazione della società e, quindi, estinta con la chiusura della liquidazione e l'estinzione del soggetto conferente. In conclusione il ricorso, proposto da soggetto privo di capacità giuridica e processuale deve essere dichiarato inammissibile.

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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