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La definizione di strada pubblica ex art. 905 c.c.

La Cassazione del 16.2.2015 n. 3036 ha stabilito che la qualificazione di strada pubblica, ai fini dell’esonero dal rispetto delle distanze nell’apertura di vedute (finestre e balconi) ex art. 905 c.c., esige che la destinazione all’uso pubblico risulti da un titolo, che può essere costituito da un provvedimento dell’autorità o da una convenzione con il privato, ma anche dall’usucapione. E’ escluso l’uso limitato ad un gruppo ristretto di persone (“uti singuli”), è necessario un uso riferibile alla comunità in modo da configurare un diritto collettivo all’uso della strada e non un diritto privato a favore solo di alcuni determinati soggetti.
A cura di Paolo Giuliano
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Quando si cerca di realizzare una finestra o un balcone (o trasformare un balcone in veranda) ci si potrebbe trovare una serie di contestazioni provenienti dai fondi o costruzioni limitrofe.

In questa situazioni occorre comprende cosa si intende per luce o veduta ed individuare quando è necessario avere anche il consenso del vicino l'apertura di una veduta o di una luce. Partendo dal primo aspetto, si può dire che la differenza tra luce e veduta è la seguente: tutte sono delle aperture in un edificio (su un muro di un edificio), ma sono diverse le strutture (edilizie) e l'utilizzabilità (concreta) da parte del titolare della luce e della veduta.

La luce permette solo di guardare il fondo del vicino (senza possibilità di affacciarsi) di solito le luci per la loro struttura (molto spesso si tratta di vere e proprie ferritoie)  hanno la limitata funzione di permettere solo il passaggio dell'aria e della luce in un determinato locale.

Mentre le vedute (finestre e balconi) permettono di guardare il fondo del vicino, ma permettono anche di affacciarsi sul fondo del vicino (la finestra consente solo un affaccio diretto, il balcone permette un affaccio diretto e due affacci laterali), la finestra e il balcone hanno una struttura molto più consistente e complessa della luce.

Naturalmente, da questa situazione complessa derivano una serie di problemi, primo tra tutti quello relativo alla necessità (o meno) di ottenere il consenso del vicino per poter realizzare la finestra o il balcone (di solito il vicino ha la possibilità di contestare le distanze tra i diversi manufatti o di contestare la creazione di una servitù di veduta prima inesistente). C'è, ovviamente, anche la necessità di ottenere le autorizzazioni amministrative richieste ai fini edilizi, aspetto, questo, da non sottovalutare, poiché anche se la finestra o il balcone può essere realizzato senza la necessaria autorizzazione del vicino, il fondo limitrofo è sempre legittimato a denunciare l'eventuale abuso edilizio realizzato per aver costruito una finestra o un balcone senza titolo edilizio.

Naturalmente quando è necessario avere il consenso del vicino (anche solo al fine di evitare future contestazioni) per  realizzare finestre o balconi è opportuno avere un consenso scritto (almeno risolve e semplifica eventuali problemi probatori), in altri termini, è opportuno avere un documento nel quale viene fornito in modo espresso il consenso all'apertura della veduta (è opportuno evitare consensi presunti o non espressi in modo chiaro, come quelli derivanti dalla mera  sottoscrizione di planimetrie o progetti o concessioni edilizie o convenzioni di lottizzazioni).

Passando ad analizzare le ipotesi nelle quali non è necessario avere il consenso del fondo limitrofo per realizzare una veduta, è opportuno richiamare l' art.  905 c.c. (rubricato con il titolo: distanza per l'apertura di vedute dirette e balconi) il quale prevede che  "Non si possono aprire vedute dirette verso il fondo chiuso o non chiuso e neppure sopra il tetto del vicino, se tra il fondo di questo e la faccia esteriore del muro in cui si aprono le vedute dirette non vi è la distanza di un metro e mezzo. Non si possono parimenti costruire balconi o altri sporti, terrazze, lastrici solari e simili, muniti di parapetto che permetta di affacciarsi sul fondo del vicino, se non vi è la distanza di un metro e mezzo tra questo fondo e la linea esteriore di dette opere. Il divieto cessa allorquando tra i due fondi vicini vi è una via pubblica".

Quindi, dalla norma è possibile ricavare che è possibile realizzare delle vedute (finestre e balconi) a distanza minore di quelle previste dal codice se tra i due fondi sono divisi da una strada pubblica. In altri termini, il codice, eliminando il diritto del fondo limitrofo di chiedere il rispetto delle distanze, di fatto, elimina il consenso del fondo limitrofo per la realizzazione della veduta, infatti, non è necessario nessun accordo preventivo tra i due vicini quando i due fondi (quello sul quale verrà realizzata al finestra o il balcone) e quello sul quale verrà esercitata la veduta sono divisi da una strada pubblica. E' opportuno subito precisare che la locuzione  "fondo" non deve essere intesa in senso letterale come sinonimo di terreno agricolo, ma comprende anche la locuzione di fabbricato (o di costruzione in genere).

Tralasciando l'ipotesi delle distanze (e delle modalità di calcolo delle stesse) è opportuno analizzare cosa si intende per strada pubblica. sul punto si può dire che, il concetto di strada pubblica previsto dall'art. 905 c.c. richiama sicuramente la definizione di strada prevista dal codice della strada, ma in certo senso è più ampia, infatti, per strada pubblica ex art. 905 c.c. si intende uno spazio dal quale chiunque può spingere liberamente lo sguardo sui fondi adiacenti, per questo viene meno la ragione giustificatrice delle norme che prescrivono le distanze legali per l'apertura delle vedute dalle costruzioni ovvero la esigenza di tutelare la riservatezza del vicino, essendo già possibile l'inspectio e la prospectio a un numero indeterminato di persone.

Inoltre,  ai fini dell'art. 905 c.c. per strada pubblica non si intende solo una strada di proprietà pubblica (cioè di proprietà dello stato, regione, comune ecc.), ma un passaggio (eventualmente privato) ma usato dalla collettività (indipendentemente  dalla proprietà), infatti, il titolo legale con il quale può essere esercitato il pubblico passaggio può essere costituito da un provvedimento dell'autorità o da una convenzione con il privato, ma anche dall'usucapione, ove risulti dimostrato l'uso protratto del bene privato da parte della collettività per il tempo necessario all'acquisto del relativo diritto (come ad esempio la servitù di passaggio ad uso pubblico c.d. decatio ad patriam).

Questo permette di sottolineare che non rientra nel concetto di strada pubblica un tracciato usato solo da alcune persone (come ad esempio gli abitanti del medesimo condominio). Infatti, è escluso che rilevi ai fini dell'art. 905 c.c. un uso limitato ad un gruppo ristretto di persone che utilizzino il bene "uti singuli", essendo necessario un uso riferibile agli appartenenti alla comunità in modo da potersi configurare un diritto collettivo all'uso della strada e non un diritto meramente privatistico a favore solo di alcuni determinati soggetti.

Questo non chiude il discorso, perchè una volta realizzata la veduta (finestra, balcone ecc.) sorgerà il problema per la ripartizione delle spese.

Cass., civ. sez. II, 16 febbraio 2015, n. 3036 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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