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Esecuzione forzata e definitività del provvedimento di distribuzione

Cassazione del 24.10.2018 n. 26927 il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo gode di una sua stabilità, quindi, se il debitore abbia cercato di evitare che la procedura esecutiva giungesse al suo termine, proponendo l’opposizione e chiedendo la sospensione dell’esecuzione al g.e. senza ottenerla, se l’opposizione si chiude con esito favorevole al debitore, ferma l’aggiudicazione del bene al terzo, il debitore stesso può rivalersi sul ricavato e ad essere risarcito del danno.
A cura di Paolo Giuliano
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Usa - case in vendita

La mancata coincidenza temporale dell'esecuzione e dell'opposizioni all'esecuzione e agli atti esecutivi

Iniziata l'esecuzione forzata, il debitore (come il creditore) può esercitare il suo diritto di tutela o contestazione proponendo le diverse opposizioni (all'esecuzioni e agli atti esecutivi).

Anche in presenza di un'opposizione l'esecuzione non è automaticamente sospesa, ecco, dunque che potrebbe capitare che l'illegittimità dell'esecuzione (accertata in sede di esecuzione) potrebbe essere accertata dopo la vendita del bene pignorato oppure dopo l'assegnazione delle somme ricavate dall'esecuzione forzata.

In queste situazioni deve essere valutato quali sono le strade che possono essere seguite dal debitore per vedersi tutelato il suo diritto.

Occorre, anche chiedersi se l'illegittimità dell'esecuzione può essere fatta valere fuori dal procedimento esecutivo o dopo il procedimento esecutivo.

Principio della definitività del provvedimento di chiusura dell'esecuzione (o di distribuzione)

Il principio che fornisce la risposta alle domande evidenziate in precedenza può essere trovato analizzando quando possa essere considerato definitivo e immutabile il provvedimento che chiude l'esecuzione forzata o che assegna o distribuisce i beni pignorati o i beni che derivando dalla vendita forzata.

Stabilità della procedura esecutiva chiusa con il provvedimento di distribuzione del ricavato derivante dalla vendita dei beni pignorati o con l'assegnazione delle somme pignorate (versate dal debitore)

La questione posta si colloca nell'ambito della problematica della stabilità, e dei limiti di tale stabilità, di una procedura esecutiva conclusa con il provvedimento definitivo di distribuzione del ricavato (nel caso di specie, la procedura esecutiva si è conclusa con l'attribuzione al creditore dell'importo versato dal debitore per poter accedere alla conversione).

La giurisprudenza della Corte ha da tempo affermato, con orientamento costante nel tempo che il provvedimento che chiude il procedimento esecutivo, pur privo, per la mancanza di contenuto decisorio, di efficacia di giudicato, gode però di una sua stabilità, in quanto provvedimento di chiusura di un procedimento posto in essere e portato a termine col rispetto delle forme atte a salvaguardare gli interessi delle parti, e come tale incompatibile con qualsiasi possibilità di revoca, sussistendo un sistema di garanzie di legalità per la soluzione di eventuali contrasti, all'interno del processo esecutivo.

Questa ricostruzione, a salvaguardia della stabilità degli assetti di interessi conseguenti all'emissione del provvedimento finale della procedura esecutiva, condivisa da parte della dottrina ma avversata da altro orientamento dottrinario, rimane ferma anche dopo le modifiche normative introdotte dalla legge n. 69 del 2009.

Impossibilità di agire fuori dal contesto esecutivo

La stabilità che deve essere riconosciuta al provvedimento di distribuzione io di assegnazione comporta che ai soggetti che hanno preso parte alla procedura esecutiva è precluso di  agire in giudizio, al di fuori dell'esecuzione (e nelle forme dell'opposizione distributiva), per ottenere una pronuncia che faccia venir meno la validità, o l'efficacia, del progetto stesso.

Ciò non perché la stabilità del progetto esecutivo e del provvedimento definitivo di distribuzione del ricavato siano da assimilare ad un accertamento definitivo, quanto perché essi scaturiscono dal concetto di preclusione, più ampio di quello del giudicato, ovvero dal non essersi attivato il debitore (e neppure il creditore, e lo stesso aggiudicatario) durante l'esecuzione e con gli strumenti consentiti dalla procedura per arrivare ad una diversa definizione del suo debito, ovvero con le opposizioni esecutive o con la controversia distributiva ex art. 512 c.p.c.

La stabilità della distribuzione e la preclusione all'esercizio delle azioni restitutorie non si basa sulla particolare efficacia del progetto, ma trova piuttosto fondamento nella considerazione che gli interessati hanno l'onere di difendersi compiutamente nel corso del processo esecutivo, utilizzando gli strumenti giuridici che l'ordinamento mette a loro disposizione.

Dall' affermazione della definitività dell'assetto di interessi creato con il provvedimento che chiude la procedura esecutiva, consegue, da un lato, che l'acquisto effettuato dal terzo aggiudicatario sia in ogni caso definitivo e sottratto ad eventuali contrasti tra debitore e creditore, a salvaguardia della funzionalità del sistema stesso delle vendite forzate, dall'altro che il soggetto espropriato non possa esperire, dopo la chiusura del procedimento di esecuzione forzata, l'azione di ripetizione di indebito contro il creditore procedente (o intervenuto) per ottenere la restituzione di quanto costui abbia riscosso, sul presupposto dell'illegittimità, per motivi sostanziali, dell'esecuzione forzata.

Opposizione che termina dopo l'esecuzione

Se in assenza totale di ogni opposizione il provvedimento di assegnazione dei beni ricavati dall'esecuzione è definitivo,  non si comprende cosa accede se l'opposizione accerta l'illegittimità dell'esecuzione dopo la chiusura della stessa esecuzione forzata.

Quali tutele, in altri termini, ha il debitore che ha tempestivamente attivato le sue difese, pendente la procedura esecutiva e prima della sua conclusione, proponendo le opposizioni esecutive e chiedendo, senza ottenerla, la sospensione dell'esecuzione ?

Se l'affermazione favorevole al debitore giunge, con l'accoglimento della opposizione, dopo la chiusura della procedura esecutiva con la distribuzione del ricavato, potrà ottenere all'interno dell'opposizione all'esecuzione il risarcimento del danno nei confronti del creditore che abbia agito senza la normale prudenza, ex art. 96 secondo comma c.p.c., e potrà agire nei suoi confronti con l'azione di ripetizione di indebito, ex art. 2033 c.c.

Infatti, qualora il debitore abbia fatto tutto quello che era nelle sue possibilità per evitare che la procedura esecutiva giungesse al suo termine, proponendo l'opposizione e chiedendo la sospensione dell'esecuzione al g.e. senza ottenerla, dando poi corso alla fase di merito dell'opposizione con esito a sé favorevole, ferma l'aggiudicazione del bene al terzo, il debitore stesso  a rivalersi sul ricavato e ad essere eventualmente risarcito del danno.

Cass., civ. sez. III, del 24 ottobre 2018, n. 26927     

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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