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Botte, sporcizia e vessazioni: l’inferno dei Cpr durante il lockdown raccontato dai migranti

Durante il lockdown siamo riusciti a raggiungere telefonicamente di nascosto i reclusi del Cpr di Palazzo San Gervasio (Potenza). Riportare allora le conversazioni avrebbe potuto rendere riconoscibili i reclusi ed esporli a ritorsioni. Lo facciamo ora che molti di loro sono stati trasferiti o rimpatriati, per far luce sui Cpr, luoghi dove strani business, prezzi gonfiati, botte, soldi che spariscono, e avvocati a dir poco remissivi con l’ufficio immigrazione, sono all’ordine del giorno.
A cura di Stela Xhunga
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Immagine di repertorio
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“Meglio il carcere che qua. Vent’anni in Italia, non ho mai visto un posto così.” Chi è recluso dentro un Cpr non può comunicare con l’esterno. Prassi vuole che agli stranieri che entrano (non per reati penali commessi ma per irregolarità o scadenza dei documenti) le guardie rompano le telecamere dei cellulari con un piccolo martello, o con un avvitatore, di quelli da bricolage, così che nulla di ciò che accade lì dentro possa essere registrato. Per praticità, una volta rotta la telecamera, sequestrano direttamente i cellulari. Capita che qualcuno però riesca a nasconderlo, e una volta dentro, il cellulare diventa un bene collettivo a beneficio di tutti i reclusi, che lo usano a turno, di nascosto, per telefonare ai propri cari. Durante il lockdown Fanpage è riuscita a raggiungere telefonicamente i reclusi del Cpr di Palazzo San Gervasio (Potenza). Riportare allora le conversazioni avrebbe potuto rendere riconoscibili i reclusi ed esporli a ritorsioni. Lo facciamo ora che molti di loro sono stati trasferiti o rimpatriati.

Niente assistenza, niente protezioni, niente igiene

Chi, entrato malato di ernia, non è stato curato perché il medico si rifiutava di operarlo; chi, con febbre e sintomi influenzali, riceveva antibiotici senza essere visitato. “I poliziotti entrano ed escono ogni giorno senza protezione, siamo già una quarantina ma continuano ad esserci nuovi ingressi, ieri hanno portato un extracomunitario. È tutto sporco, non vengono a pulire da giorni, ti danno una coperta sporca e quella ti rimane per tutto il tempo qui. Non c'è riscaldamento, non c'è acqua calda, neanche in inverno. Se ti lamenti, botte”.

Botte

Un giovane mentalmente instabile originario del Marocco è stato picchiato perché colpevole di essersi sottratto a una perquisizione e di avere spinto un agente. “È un malato di testa – spiega un suo compagno al telefono – loro lo sanno che sta male e che dovrebbe stare nel centro dei matti, non qui, ma l’hanno picchiato lo stesso. Fanno la ‘perquisa’ di continuo per vedere se abbiamo accendini, non possiamo usare accenditi. Per fumare chiediamo a loro”.

Dove vanno a finire i soldi?

“Non ci danno gli spicci nemmeno per caffè e schede telefoniche”. Per legge ogni Cpr è dotato di un telefono pubblico che funziona a schede telefoniche che il recluso dovrebbe potere acquistare tramite la quota, la ‘paghetta’ garantitagli dallo Stato italiano. A loro però non arriva niente, dove vanno a finire i soldi? “Per me rubano, tengono loro i soldi”. Per riceverli, il più delle volte, si ricorre a proteste, sollevazioni, che non fanno che generare ulteriore violenza.

Caffè e sigarette a prezzi gonfiati

6 euro un barattolo di caffè solubile da 350 grammi, 7,50 un pacchetto di sigarette, 3 euro una bottiglietta d’acqua da mezzo litro e 2 euro una lattina di Coca da 25 cl. Questo offrono le macchinette di società esterne spesso appalcate senza bandi. Prendere o lasciare. Già, ma con quali soldi? Gli stessi per cui bisogna fare le proteste per ottenerli. Ma soprattutto, essendo la vendita dei tabacchi Monopolio di Stato regolamentata da un tariffario aggiornato sul sito dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, la ‘sovrattassa’ su ogni pacchetto di sigarette e di tabacco venduto in quali tasche finisce?

6 mesi recluso con un corridoio sporco per "prendere aria”

Come scritto in un altro articolo, l’Italia di oggi è uguale a quella di Salvini. Tutt’ora, con Luciana Lamorgese a Ministro dell’Interno del Governo Conte II, i Cpr seguono le disposizioni della legge Minniti-Orlando (decreto n. 13 del 17 febbraio 2017) aggiornate al 5 ottobre del 2018, quando con il Decreto su immigrazione e Sicurezza l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini incrementò da 90 a 180 i giorni di trattenimento. C’è però chi nei Cpr ci rimane 6 mesi, anche un anno, come il tunisino da 20 anni in Italia che sentiamo al telefono: “Sono in Italia da vent’anni, mi hanno preso e fatto volare dalla Sicilia con due aerei per portarmi qui. Spendono anche soldi, per una fesseria. Mia moglie è rumena ed è in difficoltà, perché sono ancora qua? Ogni mese mi dicono che prorogano un altro mese, sono qui da oltre 5 mesi ancora mi hanno prorogato un altro mese”. E l’avvocato? “l’avvocato è con loro, non fa niente, rubano tra di loro i soldi destinati a noi e alla struttura, li dividono”. Sei mesi con come unica distrazione “un corridoio di cemento largo 3 metri e lungo 100 tutto sporco di rifiuti” dove prendere ‘aria’.

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