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Bobo Craxi: “Mio padre andava tolto di mezzo. Contro di lui, un golpe”

Nei giorni dell’uscita di “Hammamet” di Gianni Amelio, Bobo Craxi, figlio di Bettino, ricorda la figura del padre: “Doveva guidare la trasformazione del capitalismo italiano e si rifiutò. Per questo lo levarono di mezzo”. Di Maio agli Esteri? “Simbolo del decadimento della classe dirigente del nostro Paese”. Le condanne di Mani Pulite: “Non si può giudicare la Storia con le sentenze”.
A cura di Redazione
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“Fu chiesto a Craxi e ai socialisti di guidare la trasformazione del capitalismo italiano: il capitalismo di stato doveva fare spazio al capitalismo privato sovranazionale. Mi padre si rifiutò”. Così Bobo Craxi rilegge la parabola politica del padre, e la sua fine, in un’intervista rilasciata a Fanpage.it, a pochi giorni dal ventesimo anniversario della morte del leader socialista.

Sono i giorni dell’uscita del film ”Hammamet” di Gianni Amelio, che racconta gli ultimi anni di vita in terra tunisina di Craxi, che per alcuni ha il sapore della riabilitazione postuma, mentre per altri è solo il racconto amaro della sua sconfitta politica. Secondo Bobo Craxi,, “È un opera letteraria e filmica pregevole. Non è un film storico,  non vuole esprimere una tesi, cerca di evitare il giudizio, e sarebbe stato pure presuntuoso farlo. Non è un film politico, è un film su un politico”.  A stupire il figlio del leader socialista, l’interpretazione di Pierfrancesco Favino “che in alcuni ciak è stato colto da particolare grazia – spiega -, ma che è nei lunghi discorsi, e nelle parti più improvvisate, che dimostra ci sia stato un grande studio sul personaggio”.

Meno ecumenico, per Bobo Craxi, è il discorso sull’eredità craxiana e del ruolo di Mani Pulite, tema che nel bene o nel male divide l’Italia da più di un ventennio: “Noi dobbiamo analizzare cosa avvenne tra il 1989 e il 1992 perché altrimenti non si capisce cosa succede dopo – spiega Bobo Craxi -. Il capitalismo di stato doveva fare spazio al capitalismo privato sovranazionale, e mio padre si rifiutò di guidare questo processo: era un uomo profondamente democratico che non voleva rinunciare ai suoi ideali. Lui e quella classe dirigente andavano tolti di mezzo, e siccome non si poteva usare l’esercito, fu utilizzato un sistema golpistico giudiziario, anche a sfondo moralistico”.

Vano è ricordare a Bobo Craxi le sentenze di condanna per corruzione e finanziamento illecito emesse a carico del padre: “Non sono un negazionista, la corruzione era evidente e mio padre ha sicuramente commesso degli errori – spiega – ma, il giudizio che va dato è politico. Non si può giudicare la Storia sulla base di come è stato messo a bilancio un finanziamento”. E la Storia, secondo Bobo Craxi, restituisce l’immagine di un leader che restituì “al Paese una forza politica che diede un forte impulso alla sua modernizzazione”,  in uscita dal decennio drammatico degli anni 70, “anni di crisi economia, politica, istituzionale”.

L’eredità della caduta di Craxi e della Prima Repubblica, secondo il figlio del leader socialista, lo paghiamo ancora oggi, attraverso “un populismo che non riesce a trovare pace perché non si riconosce nei propri rappresentanti” e nella caduta delle famiglie politiche socialiste e popolari europee, il vero sintomo dell’indebolimento dell’Europa: “Aver affidato a Di Maio il ministero degli esteri è uno dei sintomi del decadimento della classe politica del nostro Paese”, spiega Bobo Craxi, che ricorda come con suo padre, “e prima ancora con Nenni, Moro, Andreotti, la politica estera italiana seppe adattarsi a cambiamenti epocali: Il pacifismo di Nenni, la scelta mediterranea di Moro, Andreotti che era a mezzadria tra il vaticano e il nostro Paese, fino al protagonismo politico di mio padre che cercò di dare un ruolo di potenza al nostro Paese, trent’anni dopo la sconfitta della seconda guerra mondiale”.

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