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Forma processuale della contestazione dell’onorario dell’avvocato

La Cassazione del 4.11.2016 n. 22447 ha stabilito che l’atto di opposizione al decreto ingiuntivo avente ad oggetto il recupero di crediti professionali dell’avvocato dovrà avere la forma del ricorso ex art. 702-bis cpc (propria del rito sommario di cognizione) e non più dell’atto di citazione (opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 645 cpc) come previsto dalla legge del 13 giugno 1942 n. 794 art. 28 sostituito dall’art. 14 del D.Lgs. 1 settembre 2011 n. 150.
A cura di Paolo Giuliano
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Le difficoltà per recuperare l'onorario dell'avvocato

In periodi di crisi è difficile diventa molto difficile recuperare i crediti (anche professionali), ma oltre alle difficoltà che derivano dalla congiuntura economica, alcune volte, la situazione si complica per vicende successive (ad esempio morte del cliente) o per la mancanza di chiarezza del dato normativo.

Le modalità e le formalità necessarie per recuperare l'onorario dell'avvocato

Come ogni professionista anche l'avvocato si trova, prima o poi, a dover recuperare qualche credito. L'avvocato ha a sua disposizione due strade: 1) quella del decreto ingiuntivo oppure 2) può seguire la strada del rito sommario di cognizione (ex art. 14 del Dlgs  150/2011 che ha modificato l'art. 28 della legge 13.6.1942 n. 794).

Le modalità e le formalità necessarie per contestare le richieste di onorario dell'avvocato nel rito sommario di cognizione

Se per il recupero del credito professionale l'avvocato segue la strada del rito sommario di cognizione, ogni contestazione verrà svolta dal convenuto (debitore) in tale procedimento iniziato dal creditore.

In questa sede, al massimo, ci si può chiedere se è possibile esercitare la facoltà prevista nel rito sommario di cognizione di passare al rito a cognizione piena (e viceversa) quando oggetto del procedimento a cognizione sommaria è un credito professionale dell'avvocato. A questa domanda si risponde in modo negativo. Quando oggetto del procedimento sommario di cognizione è un credito professionale dell'avvocato non è possibile esercitare la facoltà relativa alla modifica del rito da sommario a cognizione piena.

Le modalità e le formalità necessarie per contestare le richieste di onorario dell'avvocato con decreto ingiuntivo

Chiarito questo aspetto, si può passare ad analizzare l'ipotesi in cui il credito professionale dell'avvocato è recuperato tramite il decreto ingiuntivo.

Quando il credito professionale dell'avvocato è recuperato tramite il decreto ingiuntivo, occorre comprendere come sollevare le proprie contestazioni e/o eccezioni. Di solito, l'opposizione al decreto ingiuntivo (sostanzialmente) individua la forma e le modalità traverso le quali si può contestare il decreto ingiuntivo, occorre solo valutare se quanto detto vale anche per il decreto ingiuntivo quando questo ha ad oggetto un credito professionale dell'avvocato.

Una prima ricostruzione potrebbe proprio sostenere che l'opposizione deve essere proposta a norma dell'art. 645 cpc , il quale prescrive che l'opposizione si propone con atto di citazione.

Una seconda ricostruzione, al contrario, ritiene che anche quando il credito professionale dell'avvocato è richiesto tramite decreto ingiuntivo l'unica forma di opposizione è regolata dalle modalità del reto sommario di cognizione e, quindi, l'opposizione si presenta con ricorso (strumento previsto proprio nel rito sommario di cognizione).

Quest'ultima sembra essere la tesi che si sta affermando ed è basata:

  • sul dato letterale, infatti, la legge del 13 giugno 1942, n. 794 all'art. 28 (così come sostituito dall'art. 34 del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150), dispone: "Per la liquidazione delle spese, degli onorari e dei diritti nei confronti del proprio cliente l'avvocato, dopo la decisione della causa o l'estinzione della procura, se non intende seguire il procedimento di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di procedura civile, procede ai sensi dell'articolo 14 del decreto legislativo 1 settembre 2011, n. 150". L'art. 14, primo comma, del D.Lgs. 1 settembre 2011, n. 150 prevede che "Le controversie previste dall'articolo 28 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e l'opposizione proposta a norma dell'articolo 645 del codice di procedura civile contro il decreto ingiuntivo riguardante onorari, diritti o spese spettanti ad avvocati per prestazioni giudiziali sono regolate dal rito sommario di cognizione, ove non diversamente disposto dal presente articolo".
  • sulla Corte di Cassazione a Sezione Unite (cass. 21675 del 2013) la quale ha affermato che  "non può dubitarsi che il principio che l'atto di opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dall'avvocato abbia la forma della citazione è destinato ad essere radicalmente rivisitato a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 1 settembre 2011, 150, a mente del quale l'atto di opposizione all'ingiunzione dovrà avere la forma del ricorso ex art. 702-bis c.p.c. (…).e non più dell'atto di citazione" con la specificazione che "tali modifiche normative sono applicabili esclusivamente ai procedimenti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo".

Pertanto, il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo ex art. 645 cpc è erroneamente introdotto con atto di citazione, ovvero, nelle forme di rito ordinario civile, laddove, invece, deve essere iniziato con ricorso trovando applicazione il rito sommario di cui all'art. 702 bis e segg. cpc sulla base del disposto dell'art. 14 comma 1 del Dlgs 150/2011″. Di conseguenza, il cliente – debitore che voglia proporre opposizione a decreto ingiuntivo ottenuto dall'avvocato per il recupero dei propri compensi deve, necessariamente, utilizzare il procedimento sommario di cognizione, introducendo il giudizio con ricorso in luogo della citazione ex art. 645 c.p.c.

Conseguenze derivanti dall'aver presentato l'opposizione e non il ricorso

Da quanto detto si potrebbe desumere che se la contestazione al decreto ingiuntivo è presentata con l'opposizione al decreto ingiuntivo questa si, in quanto tale, inammissibile.

In realtà, occorre applicare un ulteriore principio quello della valutazione degli effetti processuali.

Infatti, costituisce un orientamento ermeneutico, univocamente consolidatosi nel tempo quello secondo il quale l'impugnazione all'opposizione a decreto ingiuntivo da proporsi con ricorso e, invece, promossa con citazione non è ineluttabilmente destinata a restare priva di effetti, ancorché posta in essere in violazione di specifica normativa processuale, giacché è suscettibile di sanatoria, in via di conversione ex art. 156 c.p.c., alla condizione, tuttavia, che, nel termine perentorio prescritto dalla legge ai fini dell'ammissibilità dell'impugnativa, l'atto (di impugnazione o di opposizione) è stato, non solo notificato alla controparte, ma pure depositato nella Cancelleria del giudice.

In altri termini, in questi casi occorre fare riferimento al momento in cui è avvenuto il deposito della citazione in cancelleria. Ove tale deposito è stato eseguito nel rispetto del termine dei 40 giorni l'opposizione deve ritenersi ammissibile e il giudizio potrà proseguire previa conversione del rito ordinario in quello sommario di cognizione. Al contrario, ove la notifica della citazione sia intervenuta nel rispetto del termine dell'opposizione, ma il deposito successivamente alla scadenza si configura una ipotesi di inammissibilità del relativo giudizio rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo.

Cass., civ. sez. VI, del 4 novembre 2016, n. 22447

Aggiornamento (Cass. sez. un 23.2.2018 n. 4485)

Le Sezioni Unite, con la recente sentenza del 23.2.2018 n.4485, hanno stabilito che, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, la controversia di cui all'art. 28 della I. n. 794 del 1942, come sostituito dal d.lgs. cit., può essere introdotta:

a)con un ricorso ai sensi dell'art. 702 bis c.p.c., che dà luogo ad un procedimento sommario "speciale" disciplinato dagli artt. 3, 4 e 14 del menzionato d.lgs.; oppure:

b) ai sensi degli artt. 633 segg. c.p.c., fermo restando che la successiva eventuale opposizione deve essere proposta ai sensi dell'art. 702 bis segg. c.p.c., integrato dalla sopraindicata disciplina speciale e con applicazione degli artt. 648,649,653 e 654 c.p.c.

E', invece, esclusa la possibilità di introdurre l'azione sia con il rito ordinario di cognizione sia con quello del procedimento sommario ordinario codicistico disciplinato esclusivamente dagli artt. 702 bis e segg. c.p.c.  Appare evidente, alla luce del principio enunciato, che è errato ritenere che il giudizio di opposizione deve essere introdotto con il rito ordinario. (Cass. civ. sez. II del 5 ottobre 2018 n. 24515)

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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