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Arrestato il carceriere del piccolo Giuseppe Di Matteo, mai pentito e ancora al servizio dei clan

Secondo gli inquirenti il sodalizio criminale tra Giuseppe Costa, il carceriere del piccolo Giuseppe Di Matteo, e i clan mafiosi in realtà non si sarebbe interrotto nemmeno in carcere. Dopo la lunga detenzione durante la quale no ha mai collaborato, l’uomo si sarebbe messo subito al servizio dei mandamenti mafiosi trapanesi.
A cura di Antonio Palma
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È finito di nuovo in manette Giuseppe Costa, il carceriere del piccolo Giuseppe Di Matteo il figlio dodicenne del collaboratore di giustizia Santo, poi ucciso e sciolto nell'acido. Secondo gli inquirenti, dopo aver scontato dieci anni di carcere per avere realizzato e sorvegliato la cella dove venne segregato il piccolo, Costa, era ritornato al servizio dei clan mafiosi di Trapani senza mai pentirsi del sui crimini e senza mai aver collaborato e con la giustizia.

Costa è stato arrestato nelle scorse ore dopo un blitz dei carabinieri del Comando provinciale di Trapani e degli uomini della Direzione investigativa antimafia, nella sua abitazione del Trapanese. Nei suoi confronti l’accusa è di associazione a delinquere di tipo mafioso in quanto appartenente a Cosa Nostra. In particolare, secondo le indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Francesca Dessì, subito dopo aver scontato la condanna inflittagli nel 1997, Giuseppe Costa avrebbe subito riallacciato i rapporti con i vertici dei mandamenti di Trapani e Mazara del Vallo partecipando a diverse attività criminali.

Tra le altre cose gli viene contestato di aver partecipato all'aggiudicazione di appalti e a speculazioni immobiliari con attività intimidatoria, di essere stato tutore degli interessi di Cosa Nostra su un impianto di calcestruzzi della provincia trapanese e di aver preso parte alla spartizione di denaro ricavato da attività illecite. Non solo, Rocca avrebbe partecipato anche ad alcune riunioni in cui si discuteva di voti di scambio per le elezioni regionali del 2017 durante le quali si sarebbe speso personalmente.

Per gli inquirenti il sodalizio criminale con i clan in realtà non si sarebbe interrotto nemmeno in carcere. Costa Nostra durante la lunga detenzione lo avrebbe sostegno economicamente e lui non ha mai collaborato con gli inquirenti. Tra le basi della sua nuova attività criminale anche l’abitazione, in località Purgatorio di Custonaci (TP), dove lo stesso Costa aveva realizzato in muratura la “cella” dove era stato segregato il piccolo Giuseppe Di Matteo

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