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“Faccio quello che mi dice Mino”: tra Donnarumma e il Milan è finita così

Oramai tra Donnarumma e il Milan si è ai titoli di coda e si attende semplicemente l’ufficializzazione dell’addio. L’arrivo di Maignan a Milano, la scelte di Paolo Maldini e della società, le ultime parole del portiere a favore del proprio procuratore. E quella linea che il Milan ha deciso che non doveva essere superata, a memoria futura.
A cura di Alessio Pediglieri
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L'arrivo in aereo a Milano di Mike Maignan è stato il segnale definitivo della separazione, tutta ancora da annunciare, tra Gigio Donnarumma e il Milan. Un addio consumatosi tra attese e silenzi che hanno portato il club a decidere per il grande passo e a dare un segnale forte sulla gestione interna dei propri giocatori: nessuno spazio oltre il limite delineato dalla dirigenza. E' così che di fronte alle perplessità del portiere e alle richieste del suo procuratore, Mino Raiola, sia Paolo Maldini che Frederic Massara hanno deciso di smettere di attendere.

L'ultima goccia che ha portato il Milan alla scelta, di certo dolorosa e non solo sul fronte economico, di separarsi da Donnarumma è stata anche l'ammissione di volontà del ragazzo di seguire le direttive del proprio agente: "Faccio quello che dice Mino" avrebbe detto Gigio a Maldini, secondo la ricostruzione della ‘Gazzetta dello Sport' che rilegge le ultime giornate di un confronto che, alla fine, non c'è mai stato fino in fondo, tanto che ancora adesso tutto tace anche se le posizioni sono più che ben delineate.

Gigio Donnarumma sapeva di non essere più un giocatore del Milan, il Milan sa di aver perso un patrimonio tecnico ed economico importante. Al di là di chi possa avere ragione, resta l‘amarezza di una situazione figlia dei tempi che corrono, con la figura dei procuratori che da sempre imperversa all'interno delle trattative, con margini di potere e di decisione assai oltre ogni lecito confine. Soprattutto quando si tratta di trattative a parametro zero, come lo è Donnarumma in scadenza di contratto.

Di fronte alla possibilità di ‘libertà' da cartellini, si programma una trattativa nasata su altre richieste dove la voce ‘commissioni' spesso la fa da padrone. Donnarumma ne è solamente l'ultimo evidente esempio, ma nella normalità di un modus operandi da sempre criticato ma mai realmente combattuto, il Milan è la classica eccezione. La scelta di Maldini e del club di vedersi scucire dalle mani una tela nata e cresciuta tra i colori rossoneri, non dev'essere stata facile. Al di là del danno economico (comunque importantissimo in tempi di carestia pandemica). E' sul fronte della crescita, del progetto, della tutela che ne esce sconfitto il giocatore mentre il club guadagna in immagine. Perché Donnarumma ha anche detto che cresciuto nel Milan voleva il Milan, poi dati alla mano ha preferito far scegliere a Riaola. Che i suoi, di conti, li sa fare alla perfezione.

Cosa resta di tutto ciò? Semplicemente la sensazione, che a tratti è certezza, dell'impossibilità da parte delle società di poter gestire al meglio i propri investimenti. Il Milan la volontà di continuare l'ha espressa più volte fino a spingersi sul bordo del pendio: 8 milioni (7 fissi più facili bonus) per 5 anni. Ma davanti alla ‘recompra' imposta da Raiola che pretendeva una ventina di milioni per i suoi servigi, la risposta è stat ‘no'. E non poteva essere altrimenti perchè Gigio ha scelto Mino al posto del Milan.

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