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Gli stupri non si fermano con le telecamere, la violenza non si combatte col panico sociale

Il Comune vuole investire milioni di euro in telecamere per contrastare gli stupri. Ma Roma è già una delle città più videosorvegliate d’Italia: non si può pensare di combattere la violenza contro le donne puntando solo su misure securitarie.
A cura di Natascia Grbic
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Il Comune di Roma ha dichiarato che saranno stanziati nove milioni di euro da investire in telecamere e illuminazione pubblica tra il 2022 e il 2023. La decisione è stata presa in seguito ai nuovi casi di violenza sessuale avvenuti nella capitale negli ultimi giorni, in seguito ai quali è stato convocato un tavolo in prefettura. L'assessora alle Attività produttive e alle pari opportunità ha chiesto al prefetto Matteo Piantedosi una mappatura delle zone più a rischio. I quartieri dove maggiori sono i casi di violenza, riferisce l'assessora, sono Termini e San Lorenzo.

Illuminare le strade di notte è di sicuro preferibile che lasciarle al buio, ma questa – insieme all'installazione di nuove telecamere – non può essere considerata una risposta al problema degli stupri. Dopo Milano, Roma è già la città con più telecamere d'Italia, con migliaia di occhi all'attivo sul territorio. Nessuna donna si è mai sentita al sicuro solo perché ne aveva una puntata addosso, e nessuna di queste ha mai fermato una violenza sessuale. Al massimo, se le immagini sono abbastanza nitide, possono servire a identificare l'aggressore nei giorni successivi allo stupro. Ma, come ci insegna il caso della violenza di Garbatella, a volte non riescono nemmeno in quello.

Ridurre la violenza contro le donne a panico sociale da risolvere con la videosorveglianza è solo uno specchietto per le allodole che aggira la questione invece di puntare a risolverla. Soprattutto non si può pensare di risolvere il problema – che non è emergenziale, ma strutturale – con un approccio securitario. Invece di telecamere, bisognerebbe parlare di presidi territoriali, sociali e culturali, che consentano alle persone di incontrarsi, stare insieme e presidiare in questo modo le strade, rendendole così più sicure. Investire su questo, sulla creazione di nuove piazze e promuovere una socialità che non sia volta solo al consumo in bar e ristoranti. Una socialità che però, almeno in passato, è stata osteggiata in nome del ‘decoro' a suon di multe e sanzioni.

C'è poi un punto importante da considerare: la maggior parte degli stupri e degli abusi avvengono giornalmente nelle case, a opera di persone conosciute e membri della propria famiglia. Un dato che viene troppo spesso sottovalutato e ignorato, nonostante le continue denunce e aggressioni all'interno del nucleo familiare. Le donne uccise nel 2020, nel 77,6% dei casi sono morte tra le mura domestiche, a significare che sono le case – e non le strade – i luoghi più pericolosi. Nemmeno la minaccia del carcere e l'inasprimento delle pene sono mai serviti a contrastare il problema: figuriamoci cosa può fare una telecamera in più in strada.

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Giornalista dal 2013, redattrice alla cronaca di Roma di Fanpage dal 2019. Ho lavorato come freelance e copywriter per diversi anni, collaborando con vari siti, agenzie di comunicazione e riviste. Laureata in Scienze politiche all'Università la Sapienza, ho frequentato nel 2014 la Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso.
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