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Non Una Di Meno su Roccella: “Impedirle di parlare è violenza? No, sue politiche antiabortiste lo sono”

Impedire a Roccella di parlare per qualche ora al Salone del libro è “nulla rispetto alla violenza che viviamo tutti i giorni a causa delle loro politiche”. Lo ha affermato Non Una Di Meno, precisando che la ministra abbia già moltissimi palchi a disposizione “per darci dellə assassinə perché abortiamo”.
A cura di Annalisa Girardi
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A qualche giorno dalle contestazioni al Salone del Libro, Non Una Di Meno torna sull'accaduto. "Siamo statə a Torino per impedire alla ministra Eugenia Roccella di portare la propaganda antiabortista in città", si legge in un comunicato pubblicato sul blog del collettivo. Le attiviste, che hanno organizzato un sit-in  con Extinction Rebellion e Fridays For Future nel momento in cui la ministra della Natalità avrebbe dovuto presentare il suo libro, hanno sottolineato: "In una Regione che stanzia 1 milione di euro per le associazioni antiabortiste, mentre la sanità è al collasso e non esistono politiche di contrasto al cambiamento climatico (e lo si vede da quanto sta accadendo in queste ore di allerta metereologica nella nostra città), non potevamo certo restare silenti".

E ancora: "Abbiamo voluto portare col sorriso alla ministra ed all’assessore le priorità che abbiamo per le nostre vite: autodeterminazione, reddito, sanità, ecologia, contrasto alle disuguaglianze". Sull'aver impedito alla ministra di esprimersi, un fatto che diversi esponenti della maggioranza hanno descritto come "atto squadrista" e "antidemocratico", Non Una Di Meno ha spiegato: "Crediamo che sia la ministra che l’assessore abbiano già tantissimi, troppi, palchi per darci dellə assassinə perché abortiamo o per istigare all’odio verso di noi in quanto persone lgbtqia+, che abbiano a disposizione strumenti legislativi, possibilità di finanziare le loro politiche, potere mediatico. Ci sembra che farli restare in silenzio per qualche ora sia nulla rispetto alla violenza che viviamo tutti i giorni a causa delle loro politiche, che non ci permettono neppure di curarci o di accedere a diritti fondamentali".

Le attiviste hanno poi aggiunto che per loro democrazia non significa "far parlare chiunque e dare spazio anche ad opinioni lesive dei diritti", ma piuttosto "riequilibrare l’abuso di potere che ogni giorno viviamo sulle nostre vite". Sulle accuse ricevute in questi giorni il collettivo ha precisato: "La nostra azione, portata avanti con soli “pericolosissimi” cartelli e voci, ha coinvolto tante persone in visita al Salone che spontaneamente si sono unite a noi, mostrando grande condivisione delle nostre ragioni". Per poi concludere: "Siamo davvero inorriditə dalla facilità con cui si grida alla violenza pur di giustificare l’eccesso di repressione nei nostri confronti, ma gratə di tutta la vostra solidarietà".

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