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Libia, l’Onu ribadisce: “Non è un porto sicuro. Italia e Ue smettano di respingere i migranti”

L’Onu ribadisce ancora una volta che la Libia non possa essere considerata un porto sicuro di sbarco per i migranti. E lancia un appello agli Stati europei affinché smettano di respingere richiedenti asilo e rifugiati verso il Paese nordafricano: “Dal 2017 l’Italia e l’Unione europea forniscono assistenza alla Guardia costiera libica per prevenire le partenze irregolari lungo la rotta del Mediterraneo centrale”, sottolineano. Aggiungendo che però si tratta di una violazione del diritto internazionale.
A cura di Annalisa Girardi
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Le Nazioni Unite aggiornano la loro posizione sulla Libia e ribadiscono come il Paese nordafricano non possa essere considerato un luogo sicuro di sbarco. Gli Stati europei dovrebbero sospendere immediatamente qualsiasi tipo di collaborazione con la Guardia costiera di Tripoli, che intercetta i migranti in mare e li riporta presso i centri di detenzione libici, in cui troppo spesso sono stati documentati episodi di violenza e violazioni dei diritti umani. Per l'Unhcr la Libia non può essere designata come luogo sicuro di sbarco dopo il salvataggio in mare di migranti e richiedenti asilo e ogni attività di respingimento va contro il diritto internazionale.

La scheda dell'Onu evidenzia per prima cosa come l'attuale situazione in Libia sia caratterizzata dalla precarietà sia politica che militare, visto il conflitto armato in corso tra il Governo di Accordo Nazionale e le Forze armate libiche comandate dal generale Khalifa Haftar. Una situazione che ha favorito la proliferazione di gruppi armati e un generale clima di illegalità, "nonché un deterioramento della situazione dei diritti umani", che ha anche facilitato le attività illecite dei trafficanti di esseri umani.

Le Nazioni Unite sottolineano anche come la Libia non abbia sottoscritto la Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati. E precisano: "Mentre il diritto di asilo è previsto dall'articolo 10 della Costituzione provvisoria della Libia del 2011, non esiste una legislazione in materia di asilo o procedure di asilo stabilite". Di conseguenza i migranti sono sottoposti alle leggi nazionali sull'immigrazione, che criminalizzano qualsiasi ingresso irregolare. La legge prevede infatti che le violazioni vengano punite con una detenzione indefinita.  Ad aprile 2020, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) ha registrato almeno 625 mila persone, tra richiedenti asilo e rifugiati, che vivono in Libia.

La maggior parte sono detenuti arbitrariamente e si trovano in centri ufficiali sotto il controllo del governo o in campi gestiti direttamente dai trafficanti. "Tutte le strutture di detenzione, le condizioni non soddisfano gli standard internazionali" e vengono descritte come "crudeli, disumane e degradanti". In molti di questi centri i migranti soffrono torture, maltrattamenti, violenze sessuali, lavori forzati e le loro famiglie sono sottoposte a estorsione. Con la pandemia di coronavirus, inoltre, la situazione rischia di peggiorare ulteriormente, viste le precarie condizioni igieniche e sanitarie.

Attraversare la Libia per i migranti significa essere costantemente esposti al rischio di violazioni e abusi sistematici dei diritti umani ad opera di trafficanti, scafisti, gruppi armati, milizie e bande criminali che agiscono impuniti. "Dal 2017 l'Italia e l'Unione europea forniscono assistenza alla Guardia costiera libica per prevenire le partenze irregolari lungo la rotta del Mediterraneo centrale", prosegue l'Onu, sottolineando come questa cooperazione sia risultata in una crescita delle intercettazioni in mare da parte dei militari libici e dei respingimenti verso il Paese. Ma "la Guardia costiera libica stessa sarebbe coinvolta nelle violazioni dei diritti umani contro richiedenti asilo, rifugiati e migranti", essendo anche stata accusata di collaborare direttamente con i trafficanti.

Sottolineando come sia impossibile, per un rifugiato o un richiedente asilo, godere della protezione internazionale, vista la completa assenza di un sistema di accoglienza in Libia, le Nazioni Unite ribadiscono che il Paese non possa essere considerato un porto sicuro di sbarco. "L'Unhcr lancia un appello agli Stati affinché non respingano alcuna persona soccorsa in mare verso la Libia e assicurino invece tempestivamente un luogo sicuro di sbarco che rispetti i diritti umani dei naufraghi", conclude il rapporto.

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