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Il ministro Manfredi dà ragione a Fioramonti: “Serve un miliardo di euro per l’università”

Il ministro dell’Università, Gaetano Manfredi, chiede un miliardo di euro – come fatto dal suo predecessore, Lorenzo Fioramonti – per gli atenei italiani. E punta a riformare il sistema di assunzione per i ricercatori, con l’obiettivo di ridurre notevolmente il precariato che oggi dura fino a 18 anni.
A cura di Stefano Rizzuti
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Si è da poco insediato a viale Trastevere Gaetano Manfredi, da poco nominato ministro dell’Università ed ex rettore della Federico II di Napoli, oltre che ex presidente della Conferenza dei rettori. Per avviare la macchina ministeriale, spiega in un’intervista a Repubblica, ha portato con sé a Roma alcuni consiglieri campani: “Per far funzionare la macchina devo lavorare con persone che conoscono l'università italiana e di cui mi fido”. Si parte da un dato per Manfredi, l’aumento delle iscrizioni nelle università negli ultimi anni: “Il sentire sta cambiando. In questo primo mese di incontri in Parlamento ho percepito una sincera consapevolezza”, dice riferendosi a ciò che fanno, per rispondere a questa maggior domanda, le istituzioni.

Per l’università servono finanziamenti, però, come quelli che aveva chiesto – arrivando poi a dimettersi – il suo predecessore, Lorenzo Fioramonti: “Il miliardo di euro chiesto dal mio predecessore per l'università e la ricerca è un riferimento giusto”. Un miliardo “per tre anni”, afferma il neo-ministro. Soldi che devono però essere “certi e distribuiti con continuità”. Non bisognerà aspettare la prossima legge di Bilancio in autunno: “Partiamo subito, con 400 milioni per l'edilizia universitaria. Un mese e sarà pronto il bando a cui potranno partecipare gli atenei pubblici del Paese. C'è chi ha progettato un nuovo campus, chi deve ammodernare le aule. Un finanziamento nazionale per l'edilizia non si vedeva da 12 anni”.

Primo passo da fare è assumere nuovi ricercatori, con una norma per 1.600 di loro che entrerà nel decreto Milleproroghe. Poi ci sono 200 milioni di euro per gli enti di ricerca. Per quanto riguarda i ricercatori l’idea di Manfredi è quella di cambiare le regole per evitare troppi anni di precariato: “Inizierei a riformare il pre-ruolo. Oggi in Italia si può restare assegnisti di ricerca per dieci anni. Se a questo periodo si sommano altre otto stagioni potenziali da ricercatore, si arriva ad ambire alla cattedra da docente a 45 anni. Troppo tardi”.

Altro tema è quello della selezione pubblica, con le università del Nord che chiedono di eliminarla, potendo scegliere i ricercatori: “Nell'università occidentale si fa così, nella pubblica amministrazione italiana no”, replica il ministro. Intanto si può proseguire sulla strada della sburocratizzazione del sistema: “Togliere burocrazia agli atenei è un altro modo di finanziarli”. Difendendo l’università italiana – “il suo livello medio è il più alto nel mondo”, afferma – Manfredi annuncia il suo prossimo atto: “Istituirò una direzione delle politiche internazionali, tema decisivo per l'università italiana”.

Infine c’è la questione coronavirus, con gli studenti universitari italiani che si trovano in Cina: “Sono 312, compresi diversi ricercatori e alcuni docenti, nessuno è febbricitante e più della metà vuole rientrare in Italia. C'è chi lo ha fatto con mezzi propri”. Manfredi conclude con un commento sui ricercatori dello Spallanzani che hanno isolato il virus e sui soldi investiti per la ricerca: “Il finanziamento del centro per le malattie infettive e degli altri istituti di ricovero e cura dipende dal ministero della Salute, ma, va detto, lo stato della ricerca italiana è simile in tutti i settori. La grande crisi dal 2008 al 2014 ha impoverito la Pubblica amministrazione e ha spinto le risorse della ricerca al livello pre-crisi”.

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