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Il permesso di costruire illegittimo non esclude l’abuso edilizio: Cassazione 23.10.2012 n. 41318

Non c’è differenza tra l’intervento edilizio effettuato in assenza di un qualsiasi titolo abilitativo edilizio e l’intervento edilizio effettuato sulla base di un titolo edilizio concesso, ma palesemente illegittimo.
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A cura di Paolo Giuliano
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Un momento dei lavori per la costruzione dei box sotterranei

La normativa di riferimento (Testo unico sull'edilizia DPR  del 6 giugno 2001 n. 380) impone che ad ogni intervento edilizio deve corrispondere una data autorizzazione amministrativa.

In mancanza di un'autorizzazione (o anche nell'ipotesi in cui si sbaglia ad individuare il tipo di provvedimento da richiedere) si commette un abuso edilizio sanzionabile anche penalmente. Dunque, la costruzione, (ma qualsiasi intervento edilizio), effettuato in assenza del titolo edilizio o dell'autorizzazione amministrativa  è illecito (anche penale). In un precedente articolo avevamo descritto, per somme linee, la normativa attuale e le difficolta inerenti  (qui è possibile leggere l'articolo).

Nulla, però, esclude che un permesso venga richiesto e concesso, ma questo sia illegittimo, perchè è la stessa pubblica amministrazione a non riuscire a districarsi tra tutte le norme vigenti. Ecco, dunque, che si pone il problema di comprendere cosa accade se un titolo edilizio venga concesso, ma questo sia illegittimo, in quanto l'opera non poteva essere autorizzata.

In queste situazioni, secondo la Cassazione bisogna verificare se il titolo edilizio è stato rilasciato in modo legittimo o meno, (questo potere di verifica spetta al Giudice), cioè occorre verificare se l'autorizzazione amministrativa è conforme a tutta la normativa del settore.  Di conseguenza, l'intervento edilizio effettuato in base ad un titolo amministrativo rilasciato dalla pubblica amministrazione, ma illegittimo per violazione della normativa edilizia (direi palesemente e macroscopicamente illegittimo) è equiparato ed è sanzionato in modo identico all'abuso edilizio effettuato in assenza completa di un titolo abilitativo edilizio. Il motivo posto alla base di questa ricostruzione è data dal fatto che le esigenze di tutela del territorio sono identiche in entrambi i casi.

Cassazione pen. sez. III del 23 ottobre 2012 n. 41318

3. La giurisprudenza consolidata di questa Corte (a partire da Sez.Unite 21.12.1993, ric.Borgia) ritiene che il giudice penale, nel valutare la sussistenza o meno della liceità di un intervento edilizio, deve verificarne la conformità a tutti i parametri di legalità fissati dalla legge, dai regolamenti edilizi, dagli strumenti urbanistici e dalla concessione edificatoria. Il giudice, quindi, non deve limitarsi a verificare l'esistenza antologica del provvedimento amministrativo autorizzatorio, ma deve verificare l'integrazione o meno della fattispecie penale "in vista dell'interesse sostanziale che tale fattispecie assume a tutela" (nella specie tutela del territorio).

E' la stessa descrizione normativa del reato che impone al giudice un riscontro diretto di tutti gli elementi che concorrono a determinare la condotta criminosa, ivi compreso l'atta amministrativo (cfr. Cass. pen. sez.3  21.1.1997). Non sarebbe infatti soggetto soltanto alla legge (art.101 Cost) un giudice penale che arrestasse il proprio esame all'aspetto esistenziale e formale di un atto sostanzialmente contrastante con i presupposti legali (Cass. pen. sez. 3 2.5.1996 n.4421). Il giudice deve quindi accertare la conformità dell'intervento ai parametri di legalità (Cass. sez.3 n.11716 del 29.1.2001).

Il reato di esecuzione di lavori edilizi in assenza di concessione può, quindi, ravvisarsi anche in presenza di una concessione illegittima senza che occorra fare ricorso alla procedura di disapplicazione dell'atto amministrativo, essendo sufficiente la sola valutazione della sussistenza dell'elemento normativa della fattispecie, atteso che la conformità della costruzione e della concessione alla normazione urbanistica è elemento costitutivo o normativa dei reati contemplati dalla normativa urbanistica, stante l'individuazione del parametro di legalità urbanistica e edilizia quale ulteriore interesse protetto dalle disposizioni in questione" (Cass. pen. Sez.3  n.4877/2002; Cass. sez.3 n.41629/2007; Cass. sez.3 n.25144/2008; Cass.sez.3 n.21487/2006).

Il Collegio ritiene che non vi siano motivi per discostarsi da tale condivisibile orientamento, riaffermato di recente dalla sentenza di questa sezione n.3872 del 22.10.2010 (dep.il 3.2. 2011), che richiama, a sua volta, le ampie argomentazioni svolte in proposito nella sentenza 21.3.2006.

3.1. Il Tribunale, con valutazione corretta in diritto e con motivazione non certo apodittica o apparente (va ricordato che a norma dell'art.325 c.p.p. il ricorso per cassazione può essere proposto soltanto per violazione di legge, in questa potendo comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l'art.125 c.p.p., ma non la contraddittorietà della stessa che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall'art.606 lette) c.p.p., né tanto meno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento. Cfr. Cass.sez.un.n.2/2004), ha ritenuto che la concessione edilizia rilasciata alla srl fosse illegittima.

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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