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Compensazione giudiziale e credito non liquido o sub iudice

La Cassazione del 27.6.2016 n.13244 ha affermato che è connaturale allo stesso istituto della compensazione giudiziale (1243 comma 2 cc) che il credito che si pretende di estinguere in tutto o in parte mediante l’istituto della compensazione giudiziale, sia un credito sub iudice (o non liquido) posto che la valutazione circa i presupposti per l’operatività della fattispecie estintiva è rimessa al giudice chiamato a pronunciarsi sulla domanda di condanna (o come nel caso di specie sulla richiesta di esecuzione), questo esclude che anche il credito da estinguere debba essere stato accertato con sentenza definitiva.
A cura di Paolo Giuliano
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L'estinzione dell'obbligazione

L'estinzione di un debito (ad esempio un debito avente ad oggetto un fare) può avvenire mediante l'esatta esecuzione della prestazione indicata nell'obbligazione, oppure, se il debito ha ad oggetto il pagamento di una somma di denaro  (oltre all'estinzione mediante il pagamento della somma di denaro, con metodi che tengono conto dell'uso del denaro contante) è possibile estinguere il debito mediante la compensazione.

L'estinzione dell'obbligazione mediante la compensazione

La compensazione richiede, nei suoi tratti generali, la presenza di crediti reciproci verso le medesime persone, in altri termini, le stesse persone assumo (di volta in volta) la reciproca posizione di debitore e di creditore, infatti l'art. 1241 cc prevede che "quando due persone sono obbligate l'una verso l'altra, i due debiti si estinguono per le quantità corrispondenti". La presenza di diverse persone che sono tra loro (di volta in volta) debitore o creditore è l'elemento peculiare della compensazione, poiché, altrimenti, si sarebbe in presenza di un altro istituto denominato confusione.

E' opportuno notare che anche se l'art. 1241 cc non fa riferimento espressamente al denaro (potendosi applicare anche ad obbligazioni reciproche di diversa natura, ma omogenee tra loro), la compensazione trova la massima applicazione proprio nelle obbligazioni pecuniarie.

Inoltre, per applicare la compensazione non è richiesto che i reciproci debiti siano di identico valore, ma possono essere anche di importo diverso, (es. tizio deve a caio euro 100 per l'acquisto di un televisore, caio deve a tizio euro 70 per l'acquisto di un pc) in tale situazione la compensazione opera solo per gli importi corrispondenti, cioè non può eccedere il debito più basso (100-70= 30 euro, tizio dovrà pagare a caio euro 30)

Infine, non è richiesto che i debiti reciproci siano contemporanei, cioè possono essere sorti anche a distanza di tempo l'uno dall'altro.

La compensazione legale o giudiziale

L'art. 1243 comma 1 cc regola la compensazione legale, la quale si verifica solo tra due debiti che hanno per oggetto una somma di danaro o una quantità di cose fungibili dello stesso genere (principio di omogeneità dei crediti in compensazione) e che sono egualmente liquidi (nel senso di certi e non più contestabili, perché ad esempio, accertati con sentenza passata in giudicato) ed esigibili (ad esempio non sottoposti a termine o condizione).

Il 2 comma dell'art. 1243 cc regola la compensazione giudiziale "se il debito opposto in compensazione non è liquido ma è di facile e pronta liquidazione, il giudice può dichiarare la compensazione per la parte del debito che riconosce esistente, e può anche sospendere la condanna per il credito liquido fino all'accertamento del credito opposto in compensazione".

Le differenze dei presupposti nella compensazione legale e giudiziale

Un primo elemento (di fatto) che distingue le due fattispecie è costituito dal presupposto secondo il quale la compensazione giudiziale si distingue da quella legale per il fatto che mentre la seconda  presuppone la sussistenza (anteriormente al giudizio) di contrapposti crediti (con tutti i requisiti necessari per la compensazione), questo elemento non è necessario per la compensazione giudiziaria, nella quale il giudice ha un potere di accertamento del credito molto vasto ed espressamente riconosciuto dalla legge.

La compensazione giudiziale prevista dall'art. 1243, comma secondo, c.c., presuppone l'accertamento del contro-crcdito da parte del giudice dinanzi al quale la compensazione è fatta valere.

Logica conseguenza di quanto detto è il secondo elemento che distingue le due fattispecie la compensazione legale, a differenza di quella giudiziale, opera di diritto per effetto della sola coesistenza dei debiti, sicché la sentenza che la accerti è meramente dichiarativa di un effetto estintivo già verificatosi e questo automatismo non resta escluso dal fatto che la compensazione non possa essere rilevata di ufficio, ma debba essere eccepita dalla parte, poiché questo comporta solo che il suddetto effetto sia nella disponibilità del debitore che se ne avvale.

Le differenze tra i crediti nella compensazione legale e giudiziale

La compensazione giudiziale (a differenza della compensazione legale) presuppone l'accertamento di uno dei due crediti oggetto della richiesta di compensazione, questa peculiarità deriva dalla differenza tra i crediti oggetto delle due compensazioni.

Dalla semplice lettura dell'art. 1243 cc si evince che mentre la compensazione legale richiede l'esistenza di debiti liquidi (nel senso di certi) ed esigibili, la compensazione giudiziaria richiede un credito che potrebbe essere anche non liquido, ma solo di facile e pronta liquidazione.

Ora, ci si chiede se un credito derivante da una sentenza non ancora passata in giudicato (o da un decreto ingiuntivo opposto) possa essere oggetto di compensazione giudiziale.

Sul punto si potrebbe affermare che poiché la compensazione (legale o giudiziale) è configurata dall'ordinamento quale mezzo di estinzione delle obbligazioni, non può dubitarsi che la compensazione richiede, necessariamente, il  definitivo e non più discutibile accertamento di entrambe le  obbligazioni da estinguere. Per cui se un  credito è rappresentato da un titolo (decreto ingiuntivo opposto o sentenza non passata in giudicato) anche se avente provvisoria  esecuzione, significa che tale credito è sub iudice e, quindi, tale credito è controverso e suscettibile di  accertamento negativo ovvero di modificazioni quantitative, tutto questo elimina il requisito della certezza richiesto dalla compensazione.

In realtà, proprio per le peculiarità della compensazione giudiziale il  requisito della certezza del credito opposto in compensazione non risulta, infatti, previsto dall'art. 1243 c.c., il quale richiede espressamente soltanto che il credito sia liquido (o di facile e pronta liquidazione) ed esigibile.

Solo la compensazione legale non può operare qualora il credito addotto in compensazione sia contestato nell'esistenza o nell'ammontare, in quanto la contestazione (giudiziaria) esclude la liquidità del credito medesimo, poto che la legge richiede, affinché la compensazione legale si verifichi, la contemporanea esistenza dei requisiti della certezza, liquidità ed esigibilità del credito. La compensazione giudiziale, invece, prevista dall'art. 1243, secondo comma, c.c., può essere disposta dal giudice quando il credito (anche se illiquido) opposto in compensazione sia di facile e pronta liquidazione.

Pretendere che entrambi crediti (dedotti nella compensazione giudiziale o legale) debbano essere già stati oggetto di un giudizio di accertamento definitivo col valore del giudicato condurrebbe ad una  situazione paradossale: infatti supponendo che un credito sia oggetto di decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo (anche se tale decreto ingiuntivo è stato opposto) e su tale decreto ingiuntivo viene iniziata l'esecuzione forzata, mentre un secondo credito è stato oggetto di sentenza passata in giudicato, in questa situazione si avrebbe che in sede di opposizione all'esecuzione (del decreto ingiuntivo) non potrebbe essere chiesta la compensazione giudiziaria, di conseguenza,  il credito azionato, non definitivo, sarebbe suscettibile di esecuzione mentre quello certo non potrebbe essere opposto in compensazione.

E' connaturale allo stesso istituto della compensazione giudiziale, che il credito che si pretende di estinguere in tutto o in parte mediante l'istituto de quo, sia un credito sub iudice posto che la valutazione circa i presupposti per l'operatività della fattispecie estintiva è rimessa al giudice chiamato a pronunciarsi sulla domanda di condanna (o come nel caso di specie sulla richiesta di esecuzione), il che quindi esclude a monte che anche il credito da estinguere debba essere stato accertato con sentenza definitiva.

Cass., civ. sez. II, del 27 giugno 2016, n. 13244 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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