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R0 e Rt, chi comunica il dato in Italia? E qual è il valore che farà la differenza?

Con la partenza della fase 2 dell’emergenza coronavirus, l’attenzione sarà puntata sull’andamento della situazione epidemiologica attraverso una serie di indicatori per i quali è fissato un livello di guardia. Allo sforamento, scatterà l’allerta e verranno riattivate le “zone rosse”. Ecco di cosa terrà conto la valutazione del rischio che potrebbe determinare il ritorno alla fase 1.
A cura di Valeria Aiello
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Dal 4 maggio partirà la fase 2 dell’emergenza coronavirus. Nel DPCM che entrerà in vigore, sono fissati i parametri che dovranno essere rispettati per mantenere in attività le aziende e programmare la progressiva riapertura di negozi e locali. Una ripartenza graduale, con l’attenzione costantemente puntata sulla valutazione della situazione epidemiologica che terrà conto di una serie di indicatori, in particolare due: l’andamento della curva epidemica attraverso l’indice di contagio e la disponibilità di posti letto in terapia intensiva. Per ciascuno di questi indicatori è fissata una “soglia sentinella” che, come spiegato dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, servirà a valutare se “chiudere i rubinetti” di eventuali focolai, facendo scattare le “zone rosse” della fase 1.

R0 e Rt, chi comunica il dato in Italia?

L’allerta scatta allo sforamento del livello di guardia che, secondo quanto finora delineato, per l’indice di contagio è fissato al di sopra di 1, il valore che nella stima epidemiologica diffusa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indica l’R0 (erre con zero) al di sotto del quale l’infezione può essere contenuta. Come spiegavamo anche qui con l’aiuto del prof. Fabrizio Pregliasco, R0 rappresenta il “numero di riproduzione di base”, descrivendo, in media, il numero di casi secondari di un caso indice, ovvero la media di infezioni generate da un singolo individuo infetto in una popolazione che non è mai venuta a contatto con il nuovo agente patogeno. Si tratta, per capirci, di una caratteristica del virus in una popolazione di soggetti suscettibili, cioè di un valore che rimane uguale a quello inizialmente stimato e che, nel caso del Sars-Cov-2 è, in media, di 2,5 casi secondari.

Per questo motivo, per misurare l’indice di contagio in un contesto contingentato come il nostro, si utilizza un altro parametro, Rt (erre con t) che rappresenta il numero medio di infezioni prodotte da ciascun individuo infetto dopo l’applicazione delle misure di contenimento dell’epidemia. Il valore di Rt – secondo quanto reso noto dall’Istituto Superiore della Sanità che, in collaborazione con la Fondazione Bruno Kessler di Trento, calcola gli indici di contagio nelle diverse regioni – verrà pubblicato settimanalmente sul sito del Ministero della Salute e i dati del monitoraggio saranno comunicati giornalmente dalle Regioni al Ministero della Salute, all’Istituto Superiore di Sanità e al comitato tecnico scientifico. Se gli indici regionali continueranno ad essere al di sotto il valore di guardia di 1, si proseguirà con l’allentamento delle restrizioni, altrimenti si valuterà se prendere delle misure.

Qual è il valore che farà la differenza?

Come premesso, oltre all’indice Rt, la valutazione del rischio epidemiologico comprende altri indicatori. Tra questi, un altro parametro decisivo sarà la disponibilità di posti letto in terapia intensiva. In questo caso, il livello di guardia riflette il carico dei servizi sanitari, per il quale è fissata la soglia massima del 40%: la situazione è ritenuta sotto controllo quando la percentuale di posti letto occupati nei reparti di terapia intensiva per pazienti con Covid-19 non supera il valore indicato, per cui l’allerta scatta al di sopra di questo tetto.

I diversi indicatori, secondo la bozza del documento che il Ministero della Salute sta mettendo a punto in queste ore, sono 20, suddivisi in tre macroaree – capacità di monitoraggio; accertamento diagnostico, indagine e gestione dei contatti; stabilità di trasmissione e tenuta dei servizi sanitari – e formeranno una matrice, una sorta di tabella che permette di valutare l’andamento dell’epidemia, definendo l’impatto del rischio tra “basso e moderato”, “alto” o “molto alto”. Con un impatto “alto” o “molto alto", si potrà anche decidere il ritorno al lockdown. Al contrario, proseguirà il lungo percorso di ritorno alla normalità con il passaggio alla fase 3 e 4

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