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Opinioni

Il primo Scudetto di Maurizio Sarri: vincere è importante ma non è l’unica cosa che conta

Maurizio Sarri ha vinto con la Juventus il primo Scudetto della sua carriera. Curiosamente, il titolo a lungo atteso è arrivato nel momento di maggior pressione, tra dubbi sul futuro in bianconero e critiche per una gestione meno dirompente delle attese. La fase del suo percorso più piena di consensi resta ancora quella in cui si diceva: ‘Bravo, ma cos’ha vinto?’.
A cura di Sergio Chesi
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La settimana del primo Scudetto della carriera di Maurizio Sarri è iniziata con una risposta spigolosa nel post-partita di Juventus-Lazio, a chi gli chiedeva un commento sulla conferma in panchina, fresca di annuncio in diretta tv da parte di Fabio Paratici: "Per forza, ho un contratto". È proseguita sulla stessa falsariga nella conferenza pre-gara di Udinese-Juventus, quando ancora non c'era la certezza che potesse diventare la ‘Partita Scudetto', né che finisse per rivelarsi un'inaspettata buccia di banana sul tappeto rosso srotolato verso la festa. "Probabilmente sto sui coglioni a qualcuno", ha osservato, stuzzicato sulle critiche incassate da più versanti anche in queste ultime settimane. Quelle decisive, in fin dei conti, per la conquista del titolo.

Il paradosso si materializza qui: nel momento più alto della sua carriera, Sarri ha scoperto che vincere è importante ma non è l'unica cosa che conta. Una sensazione che aveva respirato già lo scorso anno al Chelsea, portato al trionfo in Europa League tra dubbi e scetticismo con in tasca – da tempo – un biglietto di ritorno per l'Italia. E che gli è ripiombata addosso, sotto forma di valanga mediatica, una volta arrivato sulla panchina della Juventus, accompagnato da un carico di premesse e aspettative dal peso quasi insostenibile. Schiacciato dall'obbligo di vincere – come sempre, è la Juve – ma ancor prima dall'esigenza di farsi carico di un cambiamento filosofico nello stile di gioco. Un processo tribolato e ancora in divenire.

Ogni giudizio va tarato sulle anomalie di una stagione vera per due terzi e plastica nel suo finale. Troppo diverso il calcio di queste ultime settimane per considerarlo normale. Eppure sia prima del lockdown che negli sprazzi di competizione visti di recente, la Juventus di Sarri si è mostrata ancora lontana da quella che tutti si aspettavano potesse essere la Juventus di Sarri. Costantemente sul filo di un equivoco: il suo calcio non è necessariamente quello che per tre anni ha proposto il suo Napoli (sulla scia di quanto di buono fece vedere già ad Empoli). Nè si può fotocopiare come se nulla fosse

Lui va per la sua strada, dimostrando anche notevole capacità d'adattamento, ed è giusto che sia così. In linea con il personaggio e con quanto ha sempre detto: arrivato tardi ad alti livelli, le priorità sono vincere e arricchirsi. Alla Juventus ha centrato entrambi gli obiettivi. E chissà, una seconda chance potrebbe addirittura consentirgli di convincere tutti anche sul piano del gioco. Ma proprio oggi è curioso che la fase più decantata e piena di consensi della carriera di Maurizio Sarri sia ancora quella passata a rincorrere vanamente trofei in giro per l'Italia. Quando di lui si diceva ‘Bravo, ma cos'ha vinto?‘, mentre ora si dice: ‘Ha vinto, ma è davvero bravo?‘.

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Giornalista sportivo, caporedattore di Fanpage.it con delega all'area Sport. Tra le esperienze precedenti, ho ricoperto il ruolo da direttore di Goal.com, network di informazione calcistica del gruppo DAZN.
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