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Fiorello a Sanremo e Mattarella al Quirinale: ecco lo specchio dell’Italia che non vuole mai cambiare

In poche ore due eventi slegati tra loro ci riportano al passato dopo l’ipotesi di una svolta. Mattarella e Fiorello, nomi ineccepibili nei quali non è mai sbagliato rifugiarsi, ci fanno riflettere sulla nostra scarsa propensione al cambiamento (che spesso premia).
A cura di Andrea Parrella
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È rimasto tutto uguale a prima e non è detto che sia un male. La settimana che si chiude oggi era iniziata con umori contrastanti, quel misto di entusiasmo, aspettativa e timore che sono le principali vie di fuga della curiosità. L'elezione per il nuovo Presidente della Repubblica era partita da una certezza assoluta, quella di Sergio Mattarella, che aveva detto esplicitamente di non prendere in considerazione un suo bis.

Il verdetto che ha preso forma nella mattinata di sabato, dopo una serie infinita di curve a gomito e trame di palazzo, racconta una storia di segno completamente opposto. I partiti, incapaci di trovare un nome alternativo, affidano proprio a Mattarella la responsabilità di rimettere le cose a posto.

Un plot imprevedibile, dirà qualcuno, già scritto per qualcun altro. Una vittoria della politica, come scrive Francesco Cancellato nella sua analisi, o una resa di quello stesso sistema, come sostiene Adriano Biondi. Le interpretazioni a posteriori sono slegate dalla sensazione della vigilia secondo cui quella consuetudine rotta con Giorgio Napolitano – mai la rielezione di un Presidente della Repubblica – fosse destinata a essere nuovamente infranta davanti all'eccezionalità della situazione.

Nelle stesse ore in cui arrivava la conferma di un Mattarella bis, un altro tabù ben più frivolo veniva sfatato. Fiorello, dopo essere stato in forse per mesi facendo perdere le tracce di sé, arriva a Sanremo e dà la conferma che sarà all'Ariston al fianco di Amadeus anche quest'anno, il terzo consecutivo. Non si sa in che forma, in quali modalità e tempistiche, ma ci sarà. E anche qui torna quella sensazione di fondo che, al netto di smentite categoriche, porta a pensare che in fondo le cose si ripeteranno nella stessa maniera.

Sergio Mattarella e Fiorello non si congiungono solo in ragione di questa coincidenza tempistica assolutamente casuale. L'accostamento è in quella ripetitività rassicurante, probabilmente efficace, sul lungo periodo tediosa e soporifera. Entrambi ineccepibili, nomi sui quali nei rispettivi ambiti nessuno oserebbe mettere bocca, certezze assolute in cui non è mai sbagliato rifugiarsi, ma anche esempi di un usato sicuro che è sinonimo di una scelta rinviata.

Il loro accostamento è un volo pindarico, ma è singolare che due eventi appartenenti a galassie totalmente diverse stimolino nelle stesse ore un ragionamento comune sul cambiamento, sul perché questo sia sempre un segno di vitalità, anche se poi le cose vanno male. Sir Winston Churchill è sempre la soluzione perfetta ai dubbi sul tema: "Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare".

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"L'avvenire è dei curiosi di professione", recitava la frase di un vecchio film che provo a ricordare ogni giorno. Scrivo di intrattenimento e televisione dal 2012, coltivando la speranza di riuscire a raccontare la realtà che vediamo attraverso uno schermo, di qualunque dimensione sia. Renzo Arbore è il mio profeta.
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