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Opinioni

Perché la rielezione di Mattarella è la vittoria della politica (quella vera)

La rielezione di Mattarella è la vittoria del Parlamento, del volere del popolo, della politica con la P maiuscola, contro i leader, gli accordi di Palazzo, i tecnici al potere. E allora perché ne parliamo come se fosse un mezzo disastro?
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Sinceramente, qual è il problema della rielezione a Presidente della repubblica di Sergio Mattarella? Dov’è che vedete tutta questa sconfitta della politica? Perché magari sarà la prospettiva, magari la miopia, magari la nebbia in val padana, ma da qua di sconfitte non se ne vedono nemmeno col binocolo.

È una sconfitta perché Mattarella è stato rieletto? Insomma. Per prima cosa, ricordiamoci che Costituzione non lo vieta, così come non vieta a un presidente del Consiglio di guidare sette governi (Andreotti) o a un partito di guidare il Paese per cinquant'anni (la Democrazia Cristiana), o a un tecnico di diventare leader assoluto di una maggioranza traversale (Ciampi, Monti, Draghi), o a un Presidente del Consiglio di diventare Presidente della Repubblica (Draghi, se fosse successo). Tutte deviazioni da un percorso normale, certo. Tutte pratiche consentite dalla nostra Costituzione, che si sono via via imposte come normalità, nel tortuoso incedere della Repubblica Italiana. Per dirla semplice: in quale pianeta la rielezione di un Presidente della repubblica è più anomalia di tutte le altre anomalie?

Andiamo avanti.

È una sconfitta perché Mattarella era l’ultima scelta dei leader di partito? Semmai è vero il contrario: che per una volta, dopo vent’anni di brutale sottomissione al volere dei capi di partito e del governo, il Parlamento si è ripreso la sua centralità e ha “imposto” Mattarella a tutti i litiganti. Il fatto che siano stati i gruppi parlamentari a salire al Colle a chiedere a Mattarella la disponibilità a un secondo mandato, e non Salvini, Letta e Conte, è di per sé il segnale di questa piccola grande rivoluzione. Che, saremo strani noi, non possiamo non salutare con favore. Anzi, già che ci siamo: non sarebbe male che d’ora in poi il Parlamento decidesse di far sentire la sua voce anche tutte le volte in cui il governo – a proposito di anomalie – esercita il potere legislativo che non gli spetterebbe a colpi di voti di fiducia. Magari proprio a partire dalla nuova legge elettorale, in cui auspicheremmo un ritorno delle preferenze al posto delle liste decise dalle segreterie.

È una sconfitta perché l’elezione di Mattarella è frutto di uno psicodramma di Palazzo? Anche qui, andiamoci piano. Mattarella – lo dicono tutti i sondaggi – era il preferito dall’elettorato italiano. Di fatto, se fossimo stati una repubblica presidenziale o semi presidenziale come quella auspicata da Meloni, Salvini, Berlusconi e Renzi Mattarella sarebbe probabilmente stato rieletto a furor di popolo. E allora suona strano che Giorgia Meloni, tanto per parlare dell’unica leader che Mattarella non l’ha votato, non esulti al pensiero della sua rielezione, l’unica scelta davvero coerente con la volontà del popolo.

È una sconfitta perché Mattarella è anziano? Ditelo a Pertini, il presidente più amato dagli italiani, che fu eletto a 81 anni, una primavera in più del Mattarella rieletto. O a Cossiga, uno dei meno amati, che fu invece il più giovane. Un consiglio: tenetevi il dato anagrafico per altre cariche. È una sconfitta perché non è una donna? Anche qui: siamo sicuri che sarebbe stata meglio una “donna in quanto donna” – come hanno maldestramente tentato di fare Meloni e Salvini con la presidente del Senato Elisabetta Casellati, o Conte con la direttrice de Dis Elisabetta Belloni – per imporre un candidato di parte, o per provare a salvarsi in corner dai loro ripetuti fallimenti, bruciando e delegittimando due importanti cariche dello Stato?

È una sconfitta perché sarebbero stati meglio altri candidati? Forse, per chi li sosteneva. Ma non certo per la politica, visto che – Casini e Berlusconi esclusi – Mattarella rappresentava l’unico vero politico del mazzo, tra banchieri centrali, capi dei servizi segreti, giudici costituzionali, avvocatesse di partito, intellettuali organici, manager pubblici e privati, pubblici ministeri in pensione, editorialisti di importanti quotidiani nazionali. Ognuno di loro, a ben vedere, sarebbe stato una sconfitta della politica ancora più cocente, tanto più con un tecnico già a capo del governo. Il fatto che la Politica, per mano del suo esponente più autorevole, si sia tenuta lo scranno della più alta carica dello Stato, è una cattiva notizia solo per chi vuole distruggerla.

Per chi crede ci crede, nella politica non c’è base migliore da cui ricominciare a ricostruirla.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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