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Crisi di governo 2019

No, Zingaretti, Salvini, Renzi, Di Maio non stanno pensando al bene dell’Italia ma ai loro interessi

Zingaretti, Salvini, Renzi, Di Maio stanno conducendo una personalissima partita in cui gli interessi del paese sono secondari. Le loro scelte su andare o meno al voto non sono dettate dal bene per l’Italia ma solo da interessi personali o di partito.
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Zingaretti, Salvini, Renzi, Di Maio. In queste ore abbiamo assistito a una girandola di dichiarazioni. Salvini chiede di votare subito, Renzi non vuole, Di Maio nemmeno, Zingaretti la pensa come Salvini (!).

Chi legge i giornali (e non è accecato da logiche da "tifoso") potrebbe pensare che dietro queste scelte ci sia un'idea di Italia o quantomeno il bene del paese. Sgombriamo subito il campo a questo dubbio: non è così.

Ciascuno dei suddetti leader, in questo momento, sta conducendo la propria personalissima partita a scacchi in cui gli interessi del paese ne sono solo un elemento marginale. A dominare le scelte sono i propri tornaconto personali o quelli della propria corrente/partito. Le dichiarazioni sui giornali meri paraventi dietro i quali nascondersi per giustificare le proprie "mosse".

Cosa li spinge davvero?

Matteo Renzi sa che se si andasse al voto subito, la sua pattuglia alle Camere sarebbe ridotta al lumicino (e quindi prova a posticipare il voto). I renziani che erano maggioranza nel PD e alle Camere fino al 2018, dopo il congresso del Partito Democratico, vinto da Nicola Zingaretti, rappresentano meno del 20% degli iscritti. Non solo, nelle scorse elezioni Matteo Renzi era riuscito ad imporre i suoi fedelissimi in molti collegi (un esempio su tutti Maria Elena Boschi in Trentino) mentre se si votasse oggi vedrebbe la propria pattuglia scendere da 75 parlamentari a meno di 25. Non ultimo, se davvero Renzi volesse provare a uscire dal PD e fondare un proprio partito, avrebbe bisogno di più tempo (e di una legge elettorale diversa con un ritorno al proporzionale).

Nicola Zingaretti è mosso da pulsioni uguali e contrarie a quelle di Matteo Renzi. Vorrebbe che si votasse subito così da liberarsi di tutti i renziani che in, questo momento rappresentano, la maggioranza dei parlamentari PD alle Camere e non rischiare – come oggi – di sembrare subalterno all'ex segretario e Presidente del Consiglio.

Luigi Di Maio sa che se si votasse subito, il Movimento 5 Stelle rischierebbe di prendere – stando ai sondaggi – la metà dei parlamentari.  Una débacle della quale sarebbe indicato come vero responsabile.

Matteo Salvini sa che se si votasse subito potrebbe capitalizzare il proprio consenso e governare da solo. Una vittoria che si porterebbe dietro varie "vittorie collaterali" ma fondamentali per il futuro del leader leghista: non riferire mai in Parlamento sul caso Savoini – Moscopoli; non riferire mai in Parlamento sul caso Siri – Arata; eviterebbe (e questa volta senza bisogno dell'appoggio del M5s come nel caso di Diciotti) di dover testimoniare davanti ai giudici se dovesse essere convocato per uno dei suddetti casi; e infine le nomine delle partecipate di stato. Nel 2020 devono essere rinnovati i vertici di Leonardo, ENI e Poste Italiane, ovvero: la nostra principale impresa bellica (Leonardo); l'azienda che controlla l'energia nelle case degli italiani (ENI) al centro anche dell'inchiesta su Savoni e il gas russo e, infine, Poste Italiane, il forziere dove sono custoditi i risparmi degli italiani. Governare da solo vorrebbe dire non dover dividere con i 5 Stelle nessuna di queste poltrone e non dover sottostare alle logiche di selezione del partito di Di Maio.

Ma chi pensa all'Italia?

Quindi chi di loro sta pensando all'Italia e agli Italiani? Chi sta pensando all'aumento dell'Iva (che costerebbe 541 euro a famiglia all'anno); al concorso per i 53 mila precari della scuola, allo spread alle stelle (il cui costo ricade sulle spalle dei cittadini)? La risposta è semplice: nessuno. Nessuno pensa all'Italia e agli italiani che rischiano di pagare carissima questa ennesima crisi di governo. No, questa non è politica. Politica è pensare oltre i propri interessi, quelli della propria corrente o del proprio partito. No, non è utopia ma ciò che noi dobbiamo pretendere da chi ci rappresenta perché chi siede in Parlamento rappresenta l'Italia tutta. Prima dei partiti vengono i cittadini, vengono le persone che ogni giorno cercando di fare il proprio mestiere nonostante la crisi,  vengono i giovani che vanno via e quelli che restano e sono sottopagati. Prima dei partiti e delle correnti vengono gli operai delle fabbriche che chiudono per andare all'estero, gli abitanti delle città che vedono gli affitti e i prezzi delle case crescere e sono costretti ad andare in periferie sempre più lontane e quelli che ogni giorno si fanno due ore di mezzi pubblici perché il centro è un grande AirB&B.

No, chiedere una politica diversa non è utopia, è la realtà che dobbiamo pretendere.

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Ex direttore d'AgoraVox, già professore di Brand Strategy e Comunicazione Pubblicitaria Internazionale presso  GES -  Grandes Écoles Spécialisées di Parigi. Ex Direttore di Fanpage.it, oggi Direttore di Deepinto.
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