Torna lo scudo penale per gli agenti, la proposta della Lega scartata dal decreto Sicurezza

Si torna a parlare della tutela processuale per gli agenti di polizia che sparano, una sorta di ‘scudo penale', proposta cara alla Lega che era stata avanzata per il decreto Sicurezza, e poi scartata prima della conversione del provvedimento in legge. Il caso che fa nuovamente suonare la carica ai leghisti è quello dell'omicidio del carabiniere Carlo Legrottaglie, con la conseguente indagine per omicidio colposo, come atto dovuto, nei confronti dei due poliziotti che hanno sparato per difendersi, uccidendo poi il killer, il 59enne Michele Matropietro.
È il sottosegretario leghista, Nicola Molteni, a rilanciare per primo la proposta: "Vicinanza ai poliziotti indagati. Mi schiero senza se e senza ma dalla parte dei nostri straordinari poliziotti che hanno fermato i killer del brigadiere Legrottaglie, ma ai quali sono stati notificati avvisi di garanzia. Dopo la tutela legale economica fino a 10 mila euro per cinque fasi di giudizio introdotta nel decreto sicurezza, ora serve immediatamente la tutela processuale che non è né uno scudo penale né uno strumento di impunità. Stop all'automatismo nell'iscrizione del registro degli indagati per i poliziotti e gli operatori in divisa che agiscono nell'adempimento del dovere per garantire la sicurezza dei cittadini", ha dichiarato in una nota l'esponente della Lega. E la sua proposta è subito accolta con favore anche da altri esponenti del Carrocio e di Fdi, che hanno chiesto ieri in coro al titolare del Viminale, Matteo Piantedosi, di riprendere quella norma del decreto Sicurezza, che era stata accantonata a gennaio, e che era stata bollata come irricevibile da tutti i tecnici. Da parte del ministro l'intenzione di rimettere mano a quel testo c'è.
"Esprimo massima vicinanza ai poliziotti indagati. Dopo aver introdotto la tutela legale con il decreto sicurezza, la Lega lavora al testo che introduce un nuovo sistema di tutela procedimentale", ha dichiarato in una nota il senatore leghista Andrea Ostellari, sottosegretario alla Giustizia. "Primo punto lo stop alle iscrizioni come atto dovuto, perché l'informazione di garanzia non è mai indolore. Per gli operatori in divisa che agiscono nell'adempimento del dovere la Lega propone di costruire una nuova disciplina. L'obiettivo è assicurare chiarezza nell'accertamento dei fatti e, contemporaneamente, tranquillità agli agenti eventualmente coinvolti", ha sottolineato.
Dello stesso avviso il deputato di Fratelli d'Italia Mauro Malaguti: "È stato notificato l'avviso di garanzia ai due agenti della Polizia di Stato che, nei giorni scorsi, hanno partecipato al fermo dei presunti responsabili della morte del brigadiere Francesco Legrottaglie. I due agenti hanno messo a rischio la propria vita per fermare soggetti estremamente pericolosi, colpevoli, secondo le accuse, dell'omicidio del militare. Atto dovuto ma ora, paradossalmente, rischiano un processo penale e si vedono bloccata la carriera sino alla fine del procedimento. Fortunatamente una maggiore tutela è stata introdotta da questo governo con l'approvazione del decreto sicurezza, che ha elevato da 5.000 a 10.000 euro per ciascuna fase del processo l'anticipo delle spese legali per episodi legati a fatti di servizio".
Il governo già allora aveva chiarito che la definizione di ‘scudo penale‘ è fuorviante, perché si parla in realtà di una tutela penale per gli agenti in servizio, evitando per loro l'iscrizione automatica nel registro degli indagati con il cosiddetto "atto dovuto", quando è evidente che un agente ha usato l'arma di ordinanza nell'esercizio delle sue funzioni.
Già a gennaio era stato chiarito che la norma avrebbe viaggiato su un diverso provvedimento, e non nel dl Sicurezza. In pratica non si tratterebbe di una ‘scriminante' o di una causa di non punibilità, né si interverrebbe sul diritto sostanziale, ma sul Codice di procedura penale, prevedendo forme di non immediata iscrizione nel registro degli indagati "quando è evidente che l'appartenente alle forze dell'ordine ha usato l'arma di ordinanza nell'esercizio delle sue funzioni", spiegavano fonti di governo, mentre scoppiavano già le prime polemiche a inizio anno.
Secondo la prima versione, in sostanza, le forze di polizia non verrebbero iscritte nel registro degli indagati nell'immediatezza dei fatti, ma solo dopo un primo accertamento. In un caso come quello della morte di Legrottaglie in sostanza, essendo esclusa in partenza una responsabilità degli agenti, visto che avevano sparato unicamente per difendersi, l'indagine a loro carico non sarebbe mai partita.
Ma come spiega Pietro Colapietro, segretario della Silp, il sindacato Cgil dei poliziotti, "il problema per un poliziotto non è solo essere indagato. Il nodo vero sono i costi legati al sacrosanto diritto di difendersi in tribunale nel modo migliore, perché aver aumentato da 5.000 a 10.000 euro l'anticipo delle spese legali potrebbe non garantire la copertura totale degli onorari da corrispondere, soprattutto se si nominano periti di parte che sono quasi sempre necessari per una adeguata difesa".
"Ci si concentra e ci si scandalizza per l'apertura delle indagini – dice Colapietro – che nel nostro ordinamento, con l'avviso di garanzia, rappresentano un passaggio tecnico doveroso che serve a far emergere la verità e assicurare la tutela delle procedure. Una garanzia anche per tutti e fondamentalmente per i colleghi. Un ‘atto dovuto', appunto".