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Sondaggi politici, il nuovo partito di Renzi non andrebbe oltre il 5%

Quanto vale il bacino di voti dell’ex segretario dem Matteo Renzi, che ieri sera ha annunciato la sua scissione dal Pd? Si interrogano i principali istituti di sondaggi italiani, che lo fanno intorno al 5%, o addirittura sotto questa soglia. Si tratta di rilevazioni fatte negli ultimi mesi, in attesa dell’ufficializzazione del nome e del simbolo di questo nuovo soggetto politico.
A cura di Annalisa Cangemi
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Secondo i principali istituti di sondaggi italiani è difficile misurare adesso quanto potrebbe pesare in termini di voti il nuovo partito di Matteo Renzi, che prenderà forma nelle prossime settimane. Il nome l'ex segretario dem non vuole rivelarlo ancora, e il simbolo non sarà annunciato prima della decima Leopolda a Firenze, il 20 ottobre. Ma alcune valutazioni è possibile iniziare a farle, sulla base anche delle rilevazioni effettuate negli ultimi mesi.

Alessandra Ghisleri, che dirige Euromedia Research, ha spiegato al ‘Corriere della Sera, che verso febbraio marzo effettuò uno studio su questo nuovo soggetto politico frutto di una ancora ipotetica scissione dal Pd, di cui si intravedevano le prime avvisaglie. L'indagine è stata condotta per ‘Porta a Porta' di Bruno Vespa: "Allora misurammo il bacino di utenza degli elettori potenzialmente interessati al progetto e lo fissammo tra il 6% e l’8%, specificando anche che non tutti gli interessati avrebbero poi votato un eventuale ‘partito di Renzi'".

Lorenzo Pregliasco, di YouTrend, durante la crisi di governo, ai primi si settembre, ha effettuato un'indagine per Sky: "In quei giorni la fiducia in Renzi era del 15-20%. Un dato molto basso (il presidente Conte era oltre il 50%, ndr) che realisticamente accredita un partito che si richiama a Renzi intorno al 3%-3,5%". Ma queste percentuali, spiega Pregliasco al Corriere della Sera, "non devono trarre in inganno perché non ci sono elezioni in vista e, dunque, sono molto numerosi gli indecisi. E poi nella logica delle coalizioni chi raggiunge il 3% o anche il 5% può rappresentare l’ago della bilancia per una maggioranza oppure non contare nulla perché non supera la soglia di sbarramento".

Roberto Weber, che guida Ixè, ritiene "piuttosto alta la soglia del 5%" attribuita al cosiddetto partito di Renzi, ma non nasconde il valore strategico della tattica dell'ex premier: "Il suo è un calcolo politico che punta a un’area moderata, che corteggia l’elettore attratto dalla politica del fare e non si trova con un governo troppo sbilanciato a sinistra". 

Secondo Carlo Buttaroni di Tecné, "Quando il Pd era all'opposizione e relegato in un angolo la forza attrattiva di Renzi era del 4%-7,5%". Ma il problema di Renzi oggi è rappresentato da Conte: "I due potrebbero entrare direttamente in concorrenza — suggerisce Buttaroni — e per questo Renzi e i suoi ministri devono augurarsi che il governo Conte faccia bene ma non benissimo. Altrimenti il dividendo se lo prendono altri".

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