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Qatargate, Eva Kaili parla del carcere: “Una tortura, volevano farmi confessare falsità sotto minaccia”

L’ex vicepresidente del Parlamento europeo, Eva Kaili, indagata per un possibile coinvolgimento nel caso di corruzione Qatargate, ha commentato il suo periodo in carcere a Bruxelles e si è difesa dalle accuse. “Dopo mesi di indagini non è venuto fuori nulla di nuovo”, ha detto.
A cura di Luca Pons
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In foto: Eva Kaili, politica greca e vicepresidente del Parlamento europeo
In foto: Eva Kaili, politica greca e vicepresidente del Parlamento europeo

Eva Kaili, ex vicepresidente del Parlamento europeo, ha rilasciato alcune interviste a quotidiani europei tra cui una al Corriere della Sera. Nel colloquio, Kaili ha negato di essere coinvolta nel presunto giro di corruzione e influenze indebite nel Parlamento europeo che è stato ribattezzato Qatargate. Il 9 dicembre 2022 è stata arrestata a Bruxelles, insieme ad altre persone che secondo gli inquirenti facevano parte dello stesso giro.

Quel giorno, a casa sua sono stati trovati 700mila euro in contanti: erano in una valigia che Kaili aveva chiesto al padre di portare via. Da quel momento, l'allora vicepresidente del Parlamento europeo è stata detenuta in carcere per quattro mesi e poi spostata agli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico. Fin dai giorni successivi è stata sospesa dal suo ruolo come vicepresidente, poi il Parlamento ha votato per rimuoverla dalla carica. "Credo che le aspettative create dai media fossero alte. I giornalisti avevano le informazioni prima dei miei avvocati, il che ha portato a speculazioni estreme. Dopo tutti questi mesi non è venuto fuori nulla di nuovo", ha detto Kaili.

Perché in casa sua c'era una valigia con 700mila euro

Il fatto che ha avuto più risalto mediatico, nell'arresto di Kaili, è che in casa sua e del marito Francesco Giorgi (assistente dell'ex europarlamentare Antonio Panzeri, che ha ammesso di aver ricevuto donazioni illecite da Paesi esteri) ci fosse una valigia con 700mila euro in contanti. La parlamentare l'ha spiegato così: "Sono andata in panico. Sapevo che nel suo ufficio (di Giorgi, ndr), dove non vado mai, c’era una valigia di Panzeri e ho trovato un sacco di soldi. Non riuscivo a capire cosa fosse successo, ma volevo allontanare da casa quel denaro per ridarlo a Panzeri, colui che credevo ne fosse il proprietario".

Kaili ha detto di essere stata a conoscenza del fatto che "Panzeri riceveva donazioni", ma dato che "attraverso la sua Ong Figth impunity promuoveva una causa nobile" non ha sospettato nulla. "Le commissioni parlamentari di cui faccio parte e il mio lavoro legislativo non hanno alcuna relazione con le sue attività. Anche i servizi segreti confermano che non faccio parte di nessuna organizzazione criminale", ha insistito l'ex vicepresidente.

"Dopo più di un anno di indagini i miei conti correnti e le mie proprietà sono state controllate e sono risultate cristalline. Sulle banconote trovate non ci sono le mie impronte digitali". E anche sul rapporto tra Panzeri e il marito, "capisco che ora tutto sembri sospetto, ma allora non lo era. Panzeri è stato il datore di lavoro di Francesco e lo ha assunto quando era solo uno studente di vent'anni".

"Panzeri mi ha accusato? L'hanno fatto confessare sotto minaccia"

Ci sono anche le parole dello stesso Antonio Panzeri, che ha detto che a Kaili era destinata una quota di 250mila euro. "Non ho ricevuto denaro. Penso che il pentimento e le confessioni di Panzeri siano state ottenute sotto minaccia", ha replicato l'interessata. "Il messaggio era chiaro: se fai i nomi, ti offriamo un accordo e liberiamo tua moglie e tua figlia dalla prigione. Sono metodi non degni di uno stato di diritto. Hanno fatto lo stesso con me. Dichiarandomi colpevole o facendo nomi importanti sarei tornata subito da mia figlia, ma dato che avrei dovuto mentire, non ho mai nemmeno pensato che potesse essere un’opzione".

Kaili ha poi ribaltato le accuse: "Dal fascicolo giudiziario i miei avvocati hanno scoperto che i servizi segreti belgi avrebbero messo sotto osservazione le attività dei membri della commissione speciale Pegasus. Il fatto che i membri eletti del Parlamento siano spiati dai servizi segreti dovrebbe sollevare maggiori preoccupazioni sullo stato di salute della nostra democrazia europea. Penso sia questo il vero scandalo".

Il periodo in carcere "una tortura, mi hanno separata da mia figlia"

Più volte, durante il suo periodo di permanenza in carcere, il legale di Kaili ha denunciato le condizioni in cui era detenuta, definendole una "tortura". Lo stesso ha ribadito la donna nell'intervista al Corriere: "Subito dopo l’arresto sono stata messa in isolamento in una cella con luci e telecamera di sorveglianza sempre accese, senza acqua corrente. Ho sofferto il freddo gelido perché mi è stato tolto il cappotto. Ero preoccupata per la mia bambina, perché i primi giorni non mi è stato permesso di chiamare un avvocato, né la mia famiglia".

Kaili ha potuto vedere per la prima volta la figlia, di due anni, solo un mese dopo essere stata incarcerata: "È stato terribile. Separare una madre per quattro mesi dalla figlia di due anni non solo è considerata una forma di tortura nei Paesi fondati sullo stato di diritto, ma è in piena violazione della Convenzione sui diritti dei minori delle Nazioni Unite ratificata dal Belgio. Un minore non dovrebbe mai essere separato dai propri genitori se non c'è pericolo per la sua incolumità fisica o mentale. Durante i nostri rari incontri, si nascondeva e piangeva per non lasciarmi".

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