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Libia, stop a Sophia: al suo posto nuova missione Ue per controllare il blocco alla vendita di armi

La missione Sohia chiuderà definitivamente il prossimo 20 marzo, allo scadere del mandato. Così è stato deciso al Consiglio Affari Esteri di ieri. Esulta Di Maio: “La missione Sophia non bastava a bloccare l’ingresso delle armi”. Al posto della missione istituita nel 2015 è stato raggiunto un accordo per far partire una missione Ue per vigilare sull’embargo alla vendita di armi in Libia.
A cura di Annalisa Cangemi
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La missione Sophia non esisterà più. L'operazione europea antiscafisti, nata nel 2015, che aveva come obiettivo il contrasto al traffico illecito di esseri umani, era stata prorogata per sei mesi a settembre 2019, ma senza mezzi navali, e quindi di fatto depotenziata. Scadrà il prossimo 20 marzo, e da allora non sarà più ripristinata. Al suo posto ci sarà una missione militare, per il momento navale e aereo-satellitare, che dovrebbe partire già a fine marzo, e che si occuperà di monitorare l'embargo alla vendita di armi in Libia. La nuova missione, di cui ancora non si conosce il nome, si occuperà di salvare migranti solo se sarà strettamente necessario.

Ad anticiparlo era stato l'Alto rappresentante dell'Ue, Josep Borrell, prima che iniziasse il Consiglio Affari Esteri Ue sulla Libia, che si è svolto ieri: "C'è più di un Paese contro il rilancio dell'operazione Sophia". Dopo il vertice ha spiegato che "Dopo una lunga discussione, i ministri hanno trovato un accordo all'unanimità, che solo stamani pensavo fosse impossibile. L'operazione Sophia sarà chiusa alla scadenza del suo mandato, il 20 marzo", e sarà sostituita "da una nuova missione nel Mediterraneo, per l'attuazione dell'embargo Onu sulle armi. Questo dimostra che quando c'è volontà politica niente è impossibile". 

Alla fine ha prevalso la linea austriaca. Il ministro degli Esteri austriaco, Alexander Schallenberg, ha commentato così: "Occorre un'operazione che possa effettivamente fare quello che deve, principalmente il monitoraggio dell'embargo sulle armi. E in questo caso si può parlare di tutto, ma non vicino alle coste libiche, non una ripresa di Sophia".

Cosa prevede la nuova missione

Per evitare che la nuova missione possa spingere i barconi a partire, nella certezza poi di essere soccorsi dall'Ue, la missione si svolgerà prevalentemente a Est della Libia, perché è lì che si concentra la gran parte del traffico di armi, mentre i barconi seguirebbero un'altra rotta. "Nel rispetto del diritto del mare che obbliga a dare soccorso", ha specificato Borrell, la missione potrà, e dovrà, naturalmente effettuare salvataggi, se dovesse imbattersi in barche in difficoltà. Ma a quel punto si innescherebbe il solito stallo per la suddivisione dei migranti, perché su questo nodo un accordo non c'è ancora. Ma una cosa è certa: se la missione dovesse rivelarsi un pull factor per i migranti e per gli scafisti, se cioè si registrasse un incremento delle partenze, allora sarà sospesa.

Di Maio ha comunque esultato, spiegando che l'Italia è stata ascoltata. "La missione Sophia non bastava a bloccare l'ingresso delle armi. E non può più esistere. E non esiste più. Questa nuova missione con un nuovo mandato, avanzata qui oggi, darà un contributo navale importante che sarà dislocato sul lato est della costa libica, dove arriva il flusso delle armi. Ottima anche la proposta di bloccare la missione nel caso si dovesse scatenare un pull factor, anche se non accadrà avendo le navi solo ad est. Ovviamente per questo serve un nuovo mandato a questa missione", ha detto intervenendo ieri al a Bruxelles.

Il ministro ha poi pubblicato un post su Facebook: "La strada tracciata oggi a Bruxelles è quella giusta. La decisione di andare oltre la missione Sophia, con una nuova missione via terra, mare e aerea, è un segnale molto positivo che si contrappone a un iniziale scetticismo di alcuni Paesi, smentito però dai fatti: il documento finale firmato all'unanimità. E di questo sono molto contento visto che come Italia ci siamo spesi molto per raggiungere questo primo step".

E ancora: "Durante il consiglio affari esteri di oggi ho percepito la volontà di tutti i paesi europei di parlare con una sola voce. Senza dubbio, tramite un'azione corale e sinergica dell'Europa, la nostra azione può essere più forte e determinante. E possiamo davvero agire per mettere la parola fine alle ostilità. Ricordo che mettere in sicurezza la Libia significa mettere al riparo le nostre coste dall'arrivo di possibili terroristi", ha aggiunto, sottolineando che "c'è tanto da fare e adesso, per quanto mi riguarda, la parola d'ordine deve essere: lavorare".

Di Stefano: "Italia finalmente protagonista"

In Libia "c'è un conflitto armato che dura da tempo, da fermare attraverso il blocco delle armi. Perché se continuano ad entrare armi è difficile mettere fine alle ostilità. Avevamo detto che per fare questo serviva una missione che potesse monitorare a 360 gradi il tutto – via mare, via aerea e via terra – superando la missione Sophia. È quello che a Bruxelles hanno deciso tutti i Paesi europei. L'Italia, su impulso del ministro Di Maio, ha svolto un ruolo da protagonista per il raggiungimento di questo primo obiettivo", ha commentato il sottosegretario Manlio Di Stefano su Facebook.

Tripoli respinge la nuova missione

Il ministero degli Esteri del Governo libico di accordo nazionale (Gna) ha respinto la proposta dell'Unione Europea per avviare una missione nel Mediterraneo orientale, e vigilare sull'embargo sulle armi in Libia. Il portavoce del ministero Muhammad al Qiblawi ha dichiarato in un'intervista all'emittente ‘al Jazeera' che l'Unione europea dovrebbe controllare le frontiere marittime e terrestri, poiché le armi raggiungono le forze del generale Khalifa Haftar, l'uomo forte della Cirenaica che assedia Tripoli dal 4 aprile scorso, attraverso il confine con l'Egitto.

Un portavoce del Partito turco per la Giustizia e lo sviluppo (Akp), Omar Celik, ha dichiarato in una conferenza stampa dopo una riunione del partito ad Ankara che l'approccio dell'Unione europea alla Libia non è corretto, spiegando che "ci sono alcuni paesi noti per sostenere le forze di Haftar dall'aria e dalla terra".

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