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Il caso Cospito

Dietro all’attacco a rave e anarchici si nasconde il vero progetto della destra al governo

La polemica su Alfredo Cospito segue la stessa traccia di quello sui rave e sugli ambientalisti radicali di Ultima Generazione: la creazione di una minaccia inesistente per normalizzare la destra al governo e giustificare misure securitarie. Col plauso della maggioranza silenziosa.
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Prima è stato il turno dei rave, poi quello degli ambientalisti che imbrattano i monumenti e i palazzi istituzionali. Ora è la volta dei movimenti anarchici, passando per la solita lobby gender che minaccia di mostrare la fluidità sessuale in fascia protetta al festival di Sanremo, o per l’Europa che vuole vietarci di bere vino e obbligarci a mangiare insetti. Se c’è un filo rosso – pardon, nero – che attraversa i primi cento giorni del governo Meloni è la carsica riemersione di estemporanee minacce sociali di cui mai si era sentito parlare prima e che si impongono nel dibattito politico attraverso i toni da tregenda del ministro o del parlamentare di turno.

Riavvolgiamo il nastro: è il 30 ottobre scorso quando il ministro dell’interno Matteo Piantedosi, mentre dà mandato di sgomberare l’area nei pressi di Modena in cui si stava svolgendo un rave party – notizia che in tempi normali sarebbe scivolata in coda a un notiziario locale – decide contestualmente di emanare un decreto che introduce il reato di “invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi”, reato che prevede pene superiori a crimini come omicidio colposo e omissione di soccorso.

E ancora, è il 2 gennaio, quando gli attivisti di Ultima Generazione imbrattano con vernice lavabile il palazzo del Senato della Repubblica per protestare contro l’inazione della politica contro il cambiamento climatico, sollevando le ire del presidente Ignazio La Russa che parla di “offesa a tutte le istituzioni”e di Giorgia Meloni che parla di “atto incompatibile con una civile protesta”, atto a cui seguono arresti e fermi, arrivando addirittura a ipotizzare la sorveglianza speciale- misura solitamente utilizzata per i boss mafiosi – per uno di questi giovani attivisti, Simone Ficicchia.

Il caso di Alfredo Cospito, l’anarchico che sta scontando una condanna per strage al 41 bis segue il medesimo schema. Astraendoci per un attimo dal caso di specie, del quale si potrebbe parlare per giorni– Cospito condannato per una “strage” che non ha fatto né morti né feriti, con l’aggravante della minaccia alla sicurezza dello Stato che non è stata applicata né per le stragi di Capaci e di via D’Amelio, o di quella alla stazione di Bologna, con un regime di detenzione equiparato a quello di un boss mafioso senza che vi sia un’organizzazione politica sottostante tale da giustificarlo -, quel che ne è scaturito è il ritorno agli onori delle cronache di una fantomatica minaccia terroristica anarchica, sotto il giogo della quale l’Italia sarebbe “sotto attacco”, per usare le parole della presidente del consiglio Giorgia Meloni.

Se pensate siano solo armi di distrazione di massa, utili per sviare l’attenzione dalle promesse mancate del governo e dalla sua legge di bilancio senza soldi né idee, avete ragione solo in parte. Questi tre casi sono a loro modo paradigmatici per definire una strategia in due fasi che ha obiettivi ben più ambiziosi. La prima: quella di “normalizzare” la presenza della destra post fascista al governo e nelle istituzioni costruendo minacce eversive che non esistono. La seconda: quella di giustificare misure securitarie e liberticide per combattere ciascuna di queste minacce.

Il combinato disposto di questa strategia è la vera ragion d’essere di questo governo, a ben vedere: la restrizione degli ambiti del dissenso, l’equiparazione progressiva della protesta politica radicale a un atto eversivo, la stigmatizzazione di stili di vita alternativi al senso comune, l’anteposizione della sicurezza alla libertà. Farlo con categorie minoritarie e invise alla maggioranza – dai raver, agli ambientalisti radicali, arrivando a un estremista anarchico con un passato non certo edificante e ai detenuti al 41 bis – è il cavallo di Troia attraverso cui far passare questa visione della società senza che nessuno si spaventi, ma al contrario se ne senta rassicurato. È un film che abbiamo già visto, in altri tempi e in altri luoghi. Che accada qui e ora, in Italia nel 2023, senza che nessuno o quasi lo denunci, fa una certa impressione.

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Francesco Cancellato è direttore responsabile del giornale online Fanpage.it e membro del board of directors dell'European Journalism Centre. Dal dicembre 2014 al settembre 2019 è stato direttore del quotidiano online Linkiesta.it. È autore di “Fattore G. Perché i tedeschi hanno ragione” (UBE, 2016), “Né sfruttati né bamboccioni. Risolvere la questione generazionale per salvare l’Italia” (Egea, 2018) e “Il Muro.15 storie dalla fine della guerra fredda” (Egea, 2019). Il suo ultimo libro è "Nel continente nero, la destra alla conquista dell'Europa" (Rizzoli, 2024).
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