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Le differenze tra un consorzio immobiliare e il condominio (supercondominio)

Le differenze (normativa applicabile, recesso, obbligo di pagamento delle quote) tra un consorzio immobiliare (costituito per gestire beni e servizi alcune volte comuni a più edifici) ed il condominio (supercondominio) desunte dalla giurisprudenza della Cassazione (Cassazione de 3.10.2013 n. 22641; Cassazione 22.1.2015 n. 974; Cassazione del 28.5.2015 n.11035)
A cura di Paolo Giuliano
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©Silvio Durante/LapresseArchivio storicoBiella febbraio 1955Biella veduta aereanella foto: una veduta aerea della cittˆ di Biella, sede degli stabilimenti lanieri e tessili che in questa zona sono nati e si sono sviluppatiNEG- 70953
©Silvio Durante/Lapresse
Archivio storico
Biella febbraio 1955
Biella veduta aerea
nella foto: una veduta aerea della cittˆ di Biella, sede degli stabilimenti lanieri e tessili che in questa zona sono nati e si sono sviluppati
NEG- 70953

Uno degli aspetti più interessanti del diritto civile è quello relativo all'identificazione della natura giuridica di un determinato accordo o contratto stipulato tra le parti.

Per comprendere meglio la situazione si può immaginare

– a) un insieme di edifici eventualmente con bene e servizi comuni, la cui gestione di questi beni e servizi è demandata (per una clausola contrattuale) ad una figura giuridica denominata "consorzio", la situazione potrebbe anche essere più complicata se si immagina

– b) una serie di condomini autonomi in tutto che demandano al "consorzio" la gestione di alcune spese o servizi (al fine di ridurre le spese di "acquisto" o di gestione dei servizi).

– c) nulla esclude che possono sussistere delle situazioni ancora più ambigue in cui prima si costituisce il consorzio e poi si creano dei beni e servizi comuni tra diversi edifici.

In queste situazione appare subito evidente che occorre individuare l'esatta natura giuridica del "consorzio" per comprendere, quanto meno la normativa applicabile (consorzio in materia di società ?) ed i poteri di dei singoli consorziati (possono recedere dal consorzio ? in caso di vendita dell'immobile che paga gli arretrati ?) e gli obblighi degli amministratori (sono quelli della riforma del condominio o sono altri ?).

In queste situazioni è subito evidente che l'ente denominato  "consorzio" non è il consorzio tra imprenditori previsto dagli articoli 2602 c.c. e seguenti, in quanto questo tipo di consorzi presuppone la necessaria qualifica di imprenditore dei partecipanti (anche se il fine, migliorare alcune fasi o ridurre i costi di produzione potrebbe essere presente nell'ipotesi di consorzio sub "b" fatta in precedenza), inoltre, tali consorzi non sono, neppure, i consorzi obbligatori previsti dal codice civile, mancando completamente la finalità pubblica o l'ente pubblico. Resta da comprendere cosa possa essere il consorzio descritto nelle ipotesi sub "a" e sub "b".

Partendo dall'ipotesi più semplice (sub a) quella di  un insieme di edifici eventualmente con bene e servizi comuni, la cui gestione di questi beni e servizi è demandata al "consorzio", risulta evidente che il "consorzio"  è molti vicino a quello che oggi si potrebbe denominare "supercondominio", codificato, dopo la riforma con l'art. 1117 bis c.c., quanto detto trova alcuni elementi a sostegno: 1) di solito questi consorzi sono stati costituiti in tempi remoti, negli anni intorno al 1970, quando la figura giuridica del supercondominio non era stata ancora creata  e si cercava di sopperire ad una evidente lacuna legislativa perseguendo varie strade; 2) altro principio che permette di identificare la natura giuridica di questi consorzi con il supercondominio è giuridico e riguarda il principio secondo il quale la denominazione data dalle parti ad un atto non può modificare la natura giuridica dello stesso, in termini più  semplici, se le parti chiamano un contratto donazione, ma in realtà è una vendita, la semplice denominazione dell'atto (donazione) non trasforma una vendita in donazione (e viceversa).

In queste situazioni (sub "a"), in cui il supercondominio è chiamato consorzio, (ma di fatto è un supercondominio), l'unico problema è quello relativo all'applicabilità delle norme del condominio al consorzio (di fatto un supercondominio), e sul punto è intervenuto l'art. 1117 bis c.c. che ammette la piena applicabilità della disciplina del condominio e, di conseguenza, sono nulle tutte quelle clausole dell'eventuale statuto del consorzio (alias regolamento del supercondominio) in contrasto con la normativa espressamente individuata come inderogabile dall'art. 1138 c.c. e dell'art. 72 disp. att. c.c.

Questo, ovviamente, non esclude che sia stato regolato un vero e proprio consorzio (come nell'ipotesi sub) e non un supercondominio (anche se chiamato consorzio), con tutte le conseguenze derivanti dalla mancata attivazione del supercondominio.

Diversa e per certi versi più complessa è la situazione (sub  b) quando si è in presenza di una serie di condomini autonomi in tutto e per tutto, i quali demandano al "consorzio" la gestione di alcune spese o servizi (al fine di ridurre le spese di "acquisto" o di gestione dei servizi). Risulta evidente che in situazioni simili è difficile identificare (in concreto) un supercondominio, resta, però, il problema dell'identificazione della natura giuridica dell'ente al fine di identificare le norme applicabili e i poteri e gli obblighi dei singoli "consorziati". Infatti, tutti questi problemi si pongono nel momento in cui la situazione degenera e i singoli consorziati diventano oggetto di pretese economiche senza alcun risconto o controllo oppure quando le spese diventano eccessive o sorgono problemi tributari non ipotizzabili in base alla normativa tributaria vigente nel 1970.

In queste situazioni, la natura giuridica del consorzio è quella di una associazione (non riconosciuta), la cui normativa di riferimento è stabilita dagli associati al momento della costituzione dell'associazione non riconosciuta e può essere la più varia, infatti,  “le disposizioni in materia di condominio possono legittimamente ritenersi applicabili al consorzio costituito tra proprietari di immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, pur appartenendo indiscutibilmente il consorzio alla categoria delle associazioni, non esistendo schemi obbligati per la costituzione di tali enti, ed assumendo, per l’effetto, rilievo decisivo la volontà manifestata dagli stessi consorziati con la regolamentazione contenuta nelle norme statutarie".

In altri termini, è lo statuto dell'associazione (consorzio) che individua le regole di funzionamento dell'ente ed in assenza di norme specifiche si applicano le norme sulle associazioni non riconosciute e non quelle in materia di condominio  "le disposizioni in materia di condominio non sono estensibili al consorzio costituito tra proprietari d'immobili per la gestione delle parti e dei servizi comuni di una zona residenziale, atteso che i due istituti giuridici, nonostante le numerose analogie, presentano anche caratteristiche diverse che non ne permettono una completa parificazione concettuale: il condominio di edifici è una forma di proprietà plurima, derivante dalla struttura stessa del fabbricato e regolata interamente da norme che rimangono nel campo dei diritti reali, con la conseguenza che il carattere di immobile condominiale è una qualitas fundi, che inerisce al bene e lo segue, con i relativi oneri, presso qualsiasi acquirente; il consorzio, che ha un livello di organizzazione più elevato, appartiene, invece, alla categoria delle associazioni, con la conseguente rilevanza della volontà del singolo di partecipare o meno all'ente sociale, pur potendo tale volontà essere ricavata (se non esiste una contraria norma di statuto o di legge) da presunzioni o da fatti concludenti, quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio, oppure l'utilizzazione concreta dei servizi messi a disposizione dei partecipanti"

Se il consorzio è un'associazione non riconosciuta per aderire alla stessa (e, quindi, per essere obbligati al pagamento delle quote di partecipazioni) occorre il consenso di tutti del singolo associato (identico discorso deve valere per l'ipotesi di "recesso" dall'associazione che deve essere sempre consentito). Quanto alla forma necessaria per la manifestazione di volontà necessaria per aderire al consorzio, salvo che la legge o lo statuto richiedano la forma espressa o addirittura quella scritta, la volontà di partecipare alla costituzione del consorzio o di aderire al consorzio già costituito può essere manifestata anche tacitamente e desumersi da presunzioni o fatti concludenti, quali la consapevolezza di acquistare un immobile compreso in un consorzio oppure l’utilizzazione in concreto dei servizi posti a disposizione dei consorziati. E, certo, non si può prescindere dall'adesione al consorzio del singolo partecipante, infatti,  “In tema di consorzi volontari costituiti fra proprietari d’immobili per la gestione di parti e servizi comuni, la partecipazione o l’adesione ad esso da parte dell’acquirente di un immobile compreso nel consorzio deve risultare da una valida manifestazione di volontà, giacchè altrimenti sarebbe violato il diritto di non associazione garantito dall’art 18 Cost.” (Cass. n. 6666 dei 30/03/2005).

E' sempre necessario il consenso anche quando si acquista un appartamento il cui proprietario ha precedentemente aderito al consorzio, e, certo, in assenza di una adesione al consorzio l’obbligo di chi subentra nella proprietà di un immobile facente parte di un consorzio, non può essere affermato che l’obbligazione di pagamento delle spese consortili è una obbligazione propter rem, giacchè tali obbligazioni sono caratterizzate dal requisito della tipicità, con la conseguenza che possono sorgere per contratto solo nei casi e col contenuto espressamente previsti dalla legge” (Cass, n- 25289 del 2007, 5889/20 10).

E' opportuno sottolineare che solo dall'adesione al consorzio del singolo partecipante deriva e sorge l'obbligo di pagare i contributi o le quote associative, infatti solo la partecipazione al consorzio può far sorgere l’obbligazione di versare la quota stabilita dagli organi statutariamente competenti, legittimando la pretesa di pagamento (Cass. n. 13537 del 15/09/2003). (Se, poi, il giudice competente possa essere quello indicato dall'art. 23 cpc è tutto da valutare).

Quanto, invece, alla soluzione sub c, in cui prima si costituisce il consorzio e poi si crea il supercondominio, in questa ipotesi il consorzio resta un'associazione non riconosciuta che richiedere l'adesione del singolo partecipate, ma eventualmente, e contemporaneamente, sorge anche il supercondominio, che, certo, non può essere esautorato da un'associazione non riconosciuta. Infatti, l’obbligatorietà della partecipazione al consorzio non potrebbe desumersi per l’avvenuta costituzione di una communio incidens, in quanto tale circostanza non terrebbe conto del fatto che i proprietari che si trovino in un medesimo comprensorio possono – ma non debbono – unirsi per gestire in comune alcuni servizi, con facoltà di scegliere liberamente lo strumento contrattuale (associazione di fatto, cooperativa, consorzio) ritenuto più idoneo allo scopo.

Cass., civ. sez. II, del 3 ottobre 2013, n. 22641 in pdf

Cass., civ. sez. V, del 22 gennaio 2015, n. 974 in pdf

Cass., civ. sez. I, del 28 maggio 2015, n. 11035 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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