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Le clausole del preliminare non riportate nel definitivo: Cassazione 11.07.2012 n. 11744

Le clausole del preliminare non riportate nel definitivo non sempre si intendono semplicemente caducate o superate da nuovi accordi presenti nel contratto finale, ma spetterà al Giudice stabilire se questi patti possono dirsi ancora in vigore anche se non presenti nel definitivo.
A cura di Paolo Giuliano
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Nel contratto preliminare, proprio per la sua funzione "preparatoria", sono presenti una serie di clausole e pattuizioni, alcune delle quali non interessano il definitivo e che restano superate con la stipula di quest'ultimo contratto, altre clausole presenti nel preliminare sono riportate nel contratto definitivo in quanto anticipano il contenuto di quest'ultimo contratto.

Risulta, quindi, evidente che non tutto il contenuto del preliminare viene riversato nel definitivo, però, molto spesso accade che nel passaggio dalla stipula del preliminare alla sottoscrizione del definitivo alcune clausole che le parti avrebbero voluto far sopravvivere al preliminare si "perdano" oppure, meglio, in modo più chiaro non vengono riportate nel definitivo. I motivi di questa discrasia può dipendere da numerosi fattore: è possibile che le parti abbiano deciso di regolarsi in modo diverso, (con un nuovo accordo sul punto specifico rispetto a quanto stabilito nel preliminare), così come è possibile che il professionista incaricato della stipula del contratto definitivo decida, semplicemente, di non riportarle nel contratto definitivo.

E' facile immaginare che se si tratta di una clausola importante per una delle parti sorgerà la questione se la pattuizione, presente nel preliminare, ma non presente nel definitivo, sia o meno ancora vincolante per i contraenti e spetterà all'interprete (al giudice in caso di contenzioso) stabilire se la specifica pattuizione è sopravvissuta o meno al preliminare anche se la clausola non riportata nel definitivo. Si tratta di una questione molto "viva", del resto in passato ci siamo già occupati della problematica (l'altro articolo può essere letto qui) a conferma che, ormai, si tratta di un orientamento consolidato.

Cassazione, civ. sez. II, 11 luglio 2012 n. 11744

Anche questo motivo va disatteso. La premessa giuridica da cui muove la ricorrente è certamente condivisibile. L’affermazione secondo cui il contratto definitivo assorbe integralmente quello preliminare in precedenza intervenuto tra le parti sul medesimo oggetto, in modo da costituire l’unica fonte dei loro diritti e delle loro obbligazioni, trova infatti applicazione senz’altro con riferimento al contenuto delle pattuizioni che risultano riprodotte nel contratto definitivo, ma non comporta, invero, l’automatico venir meno delle altre clausole del contratto preliminare che non si esauriscono in meri obblighi a contrarre, essendo in questo caso compito dell’interprete accertare se la volontà delle parti, come manifestatasi nel contratto successivo, fosse nel senso di mantenere la vincolatività ditali accordi ovvero di ritenerli superati, abbandonandoli ( Cass. n. 5179 del 2001; Cass, n. 7206 del 1999). Il richiamo alla giurisprudenza di questa Corte operato dalla Corte distrettuale non appare pertanto compiutamente formulato e, già in questo senso, la motivazione della sentenza impugnata merita correzione.

Tanto precisato, deve tuttavia rilevarsi che la contestazione appare inammissibile. La deduzione della ricorrente in ordine all’esistenza di un accordo delle parti circa la ripartizione delle spese di riparazione delle parti comuni appare, infatti, per un verso generica, per l’altro insufficiente. Generica perché il ricorso non ne allega l’esatto contenuto, né precisa la sua esatta collocazione in relazione agli atti contrattuali intervenuti tra i contraenti ed altresì di avere prodotto in giudizio il documento negoziale che la conteneva, limitandosi a sostenere che essa era stata prevista in sede di stipulazione della vendita ( pag. 3 del ricorso). Insufficiente in quanto la suddetta clausola, in base alla prospettazione dei fatti della stessa ricorrente, racchiudeva un mero accordo delle parti di provvedere all’esecuzione dei lavori dì riparazione sulle parti comuni dell’immobile con ripartizione della spesa in base alle rispettive quote dì proprietà, ma non già autorizzava la attrice, a fronte del presunto inadempimento della controparte, a provvedere unilateralmente ai lavori, conferendole una sorta di potere di esecuzione in danno e di diritto a pretendere la parte del prezzo pagato che era a carico della controparte. A prescinderne dalla sua genericità, la pattuizione invocata dalla parte ricorrente appare pertanto di per sé, sulla base della sua mera allegazione, obiettivamente inidonea a fondare la pretesa azionata nel presente giudizio.

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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