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Gettata in mare in un trolley, Katerina chiese permesso umanitario: “Sono anoressica”

Gli investigatori della Squadra mobile hanno ormai ricostruito la storia di Katerina Laktionova, la ragazza russa di 27 anni morta e rinchiusa in una valigia ritrovata al porto di Rimini. Decisiva la testimonianza di un amico riminese della madre.
A cura di Susanna Picone
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Ha adesso un nome e un volto la ragazza di ventisette anni che è stata ritrovata, senza vita, in un trolley blu al porto di Rimini. Una ragazza russa, che si chiamava Katerina Laktionova, e che secondo quanto emerso nel corso delle indagini in quel trolley è stata rinchiusa da sua madre, una quarantottenne che in Italia faceva la badante e che subito dopo aver nascosto il corpo della figlia morta è tornata in Russia. Katerina non aveva un graffio sul corpo e per questo il medico legale aveva subito escluso un omicidio. La giovane donna era invece anoressica e il suo corpo esile fa pensare sia morta di fame. La foto apparsa su Facebook e pubblicata oggi da diversi quotidiani locali risale a diversi anni fa, quando forse la malattia non aveva ancora manifestato i suoi terribili segni.

La madre sarebbe rimasta accanto alla figlia morta per almeno una settimana – La giovane non sarebbe morta da sola perché con lei c’era appunto la donna che le ha dato la vita. Una donna che, dopo la morte della figlia, sarebbe rimasta in casa con lei almeno per una settimana. Poi le avrebbe tolto i vestiti e nuda l’avrebbe rinchiusa in quel trolley e gettata nelle acque del porto di Rimini. A quel punto la madre è volata in Russia. È questa la ricostruzione degli investigatori della città romagnola, coordinati dal pm Davide Ercolani.

La testimonianza di un amico della madre – Per risolvere il giallo del cadavere nel trolley è stata decisiva la testimonianza di un riminese amico della madre di Katerina. Insospettito dalla notizia del ritrovamento del cadavere nel trolley, l’uomo ha raccontato agli inquirenti di essere stato in contatto con la madre della ragazza dal 10 marzo, fino a due settimane prima del ritrovamento del corpo. A quella data la donna diceva di trovarsi già in Russia perché era deceduta la madre e doveva occuparsi di alcuni documenti. All’uomo la donna aveva detto di aver portato con sé anche la ventisettenne per farla visitare da uno specialista italiano all’estero. Secondo l’uomo le telefonate sarebbero però partite dall’Italia, cosa che lo ha insospettito. Quando è arrivata una telefonata con un cellulare estero il corpo di Katerina era stato già ritrovato. Alla fine l’uomo avrebbe quindi chiesto esplicitamente all’amica di sua figlia e a quel punto la donna avrebbe raccontato la verità. Avrebbe gettato il corpo di sua figlia in acqua perché disperata e completamente distrutta dal lutto.

Dalle indagini è emerso inoltre un altro particolare drammatico: la ragazza aveva chiesto di poter rimanere in Italia con un visto umanitario proprio perché anoressica e dunque malata. "Sono malata, fatemi rimanere qua in Italia così posso curarmi" avrebbe infatti detto ai funzionari degli uffici della Questura di Rimini nel febbraio scorso quando si era presentata personalmente per chiedere un aiuto e perorare la sua causa . La 27enne russa pare che già all'ora stesse combattendo da almeno un paio di anni contro la malattia e infatti le era stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi umanitari e sanitari.

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