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Il ddl Anticorruzione è legge: cosa prevede la norma ‘Spazzacorrotti’

Il disegno di legge Anticorruzione è stato approvato in via definitiva alla Camera: lo ‘Spazzacorrotti’ – così denominato dal M5s – è legge. Ecco cosa prevede la norma voluta dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, riguardante i reati contro la pubblica amministrazione, la trasparenza dei partiti, la prescrizione e l’agente sotto copertura.
A cura di Stefano Rizzuti
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Con il via libero definitivo della Camera dei deputati, il cosiddetto Spazzacorrotti è legge. Il disegno di legge Anticorruzione è stato approvato ieri, in terza lettura, a Montecitorio, senza subire alcune modifiche dopo il suo ultimo passaggio al Senato. Il provvedimento si divide in due parti: la prima sul contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione, la seconda sul finanziamento ai partiti. In generale, il disegno di legge prevede misure per il contrasto dei reati contro la Pa, norme sulla prescrizione del reato, regole sulla trasparenza dei partiti politici. E tra le novità introdotte dal Senato solo pochi giorni fa c’è anche la cancellazione di una norma che alleggeriva il reato di peculato: modifica che era stata introdotta a Montecitorio con un voto segreto su cui la maggioranza era andata sotto. Ecco tutte le misure previste dal ddl Anticorruzione.

Daspo a vita per i corrotti

Con lo Spazzacorrotti viene integrata la lista dei reati che portano all’interdizione perpetua dai pubblici uffici: ai già previsti peculato, concussione, corruzione propria e corruzione in atti giudiziari si aggiungono corruzione impropria, corruzione propria aggravata, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio, corruzione attiva, istigazione alla corruzione, traffico di influenze illecite. Vengono inoltre previste pene più severe per il reato di corruzione impropria: per i minimi si passa da uno a tre anni di carcere, per i massimi da sei a otto. Per quanto riguarda l’appropriazione indebita vengono inasprite le pene con il carcere da due a cinque anni e una multa da mille a tremila euro. Oltre all’interdizione dai pubblici uffici per i pubblici ufficiali, c’è anche l’introduzione dell’incapacità a vita di contrattare con la Pa per i privati che commettano reati relativi alla corruzione: è il caso soprattutto degli imprenditori.

Niente pene alternative e arriva il ravvedimento operoso

Tra le novità c’è anche l’impossibilità di ricorrere a pene alternative per i corrotti: non sarà possibile né l’assegnazione del lavoro all’esterno, né i permessi premio, né misure alternative alla detenzione per coloro che sono stati condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Viene introdotto il ravvedimento operoso: si tratta di cause di non punibilità per chi ha commesso dei reati ma li denuncia volontariamente o fornisce indicazioni utili per assicurare la prova del reato e individuare i responsabili. Ci sono però delle condizioni: il ravvedimento deve avvenire prima che il diretto interessato venga iscritto nel registro degli indagati e non oltre i quattro mesi dall’avvenimento del fatto. Altra norma inserita è quella definita ‘salva-sindaci’: viene escluso l’abuso d’ufficio aggravato dai reati che vietano di contrattare con la Pa.

L’agente sotto copertura

Viene estesa la possibilità di operazioni sotto copertura anche per il contrasto di alcuni reati contro la pubblica amministrazione, come la corruzione. Viene quindi esclusa la punibilità per gli ufficiali di polizia giudiziaria che si comportino in maniera punibile nel caso in cui lo facciano per acquisire le prove. Ma se l’agente agisce in difformità dall’autorizzazione, questa impunibilità viene cancellata.

La sospensione della prescrizione

Una delle norme che ha fatto più discutere è quella riguardante la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Si sospende la prescrizione dal momento della sentenza di primo grado, sia in caso di condanna che di assoluzione. La norma, comunque, non entrerà in vigore da subito ma viene rinviata al 2020, in attesa di una riforma complessiva della giustizia che andrà integrata con questa misura.

Le norme sulla trasparenza dei partiti

Aumentano gli obblighi per la rendicontazione dei partiti e delle associazioni a loro collegate. Diventa obbligatorio pubblicare sul sito internet del partito o del movimento politico i dati di chi eroga contributi per una cifra maggiore ai 500 euro in un anno. Regola che vale non solo per i partiti e i movimenti ma anche per le liste di candidati nei comuni superiori ai 15mila abitanti. Sono esenti solo le attività a contenuto non commerciale, professionale o di lavoro autonomo di sostegno volontario all’organizzazione e alle iniziative del partito. In ogni caso rimane l’obbligo di rilasciare la ricevuta per ogni operazione. Le norme per la maggiore trasparenza riguardano anche le fondazioni, con l’obbligo della pubblicità dei contributi e la rendicontazione nel caso in cui le fondazioni siano collegate a partiti e movimenti. Nuove norme anche sulla dichiarazione dei redditi dei parlamentari, degli esponenti di governo e dei tesorieri di partito: tutte le donazioni oltre i 500 euro annui devono essere rese pubbliche, anche sul sito internet del Parlamento.

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