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Il conduttore non può autoridursi il canone anche se il bene locato ha dei vizi: Cassazione 26.06.2012 n. 10639

In presenza di vizi dell’immobile locato, il conduttore non può ridursi – in modo unilaterale – il canone, ma in base all’art. 1578 c.c. deve chiedere al Giudice di valutare la situazione e sarà il Giudice a decidere “se” e in quale misura “accogliere” la richiesta del conduttore.
A cura di Paolo Giuliano
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Durante la vita di un contratto di locazione, possono esserci molti momenti critici, basti pensare alla situazione attuale di crisi e all'inadempimento contrattuale del conduttore per mancnaza di fondi.

Questo, però, non esclude che proprio il conduttore possa rendersi inadempimente, autoriducendosi il canone come "risposta" a presunte inadempineze del locatore, inadempienze del locatore che possono derivare dalla mancnata riparazione dell'immobile o dall'aver locato un bene non idoneo, in sostanza da vizi della cosa locata.

La Corte di Cassazione civ.  sez. III, del 26 giugno 2012, n. 10639 si occupa proprio di valutare se l'autoriduzione del canone da parte del conduttore (cioè il pagamento del canone in misura inferiore a quella dovuta) – anche per reagire a presunte inadempienze del locatore per vizi della cosa locata – è un diritto del conduttore o si traduce in un inadempimento del conduttore sanzionabile anche con la fine del contratto di locazione.

La questione deriva dall'interpretazione dell'art. 1578 c.c. secondo il quale "Se al momento della consegna la cosa locata è affetta da vizi che ne diminuiscono in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito, il conduttore può domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, salvo che si tratti di vizi da lui conosciuti o facilmente riconoscibili". La lettera dell'articolo sembrerebbe permettere al conduttore una decisione unilaterale di riduzione del canone oj presenza di vizi.

La Cassazione, però, non è stata dello stesso avviso e ha deciso che tale opzione (la riduzione unilaterale del canone) è sempre subordinata ad una domanda da fare al giudice e al controllo (decisione) del giudice.

 Cassazione, civ. sez. III, del 26 giugno 2012, n. 10639

Con il secondo motivo la società ricorrente – deducendo la violazione delle norme di cui agli artt. 1346 e 1418 c.c. e, comunque, l’omessa e insufficiente motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia – sostiene che la Corte di merito avrebbe errato nell'affermare che, essendo essa società istante subentrata nella locazione in corso, regolata da specifiche previsioni, la disciplina del contratto non poteva essere modificata unilateralmente dalla conduttrice, cui era fatto divieto di ridurre il canone in relazione agli appartamenti inagibili.

Il motivo è infondato.

Il contratto di locazione, prevedeva un canone di locazione complessivo (sia per il locale adibito ad azienda commerciale bar e paninoteca che per gli appartamenti inagibili), per cui esattamente il giudice del merito ha ritenuto che unico dovesse essere considerato il rapporto negoziale, ancorché riferito ad immobili distinti, che le parte avevano, però, accomunato in unico oggetto cui era da riferire l'intero corrispettivo stabilito a carico del conduttore, dato che la distinzione operata nella sede fiscale di registrazione del contratto – riferibilità, cioè, del canone nel suo complesso parte ai due appartamenti e parte al locale destinato ad attività di bar e paninoteca – esauriva i suoi effetti nell'ambito della stessa disciplina fiscale, senza che ne potesse risultare sdoppiata unitarietà della voluta locazione.

Anche se uno degi immobili era inagibile, la conduttrice non poteva unilateralmente procedere alla riduzione del canone (nella misura che essa riteneva proporzionale al mancato godimento dei due apertamente), ma avrebbe potuto agire, nei confronti del locatore che riteneva inadempiente, con l'azione di adempimento ovvero con quella di risoluzione.

Invero, secondo la pacifica giurisprudenza di legittimità (ex plurimis: Cass., n. 102701/2002 in tema di locazione di immobili urbani per uso diverso da quello abitativo, la cosiddetta autoriduzione del canone (e, cioè, il pagamento di questo in misura inferiore a quella convenzionalmente stabilita) costituisce fatto arbitrario ed illegittimo del conduttore che provoca il venir meno dell'equilibrio sinallagmatico del negozio, anche nell'ipotesi in cui detta autoriduzione sia stata effettuata dal conduttore in riferimento al canone dovuto a norma dell'art. 1578, primo comma, cod. civ., per ripristinare l'equilibrio del contratto, turbato dall'inadempimento del locatore e consistente nei vizi della cosa locata. Tale norma, infatti, non da facoltà al conduttore di operare detta autoriduzione, ma solo a domandare la risoluzione del contratto o una riduzione del corrispettivo, essendo devoluta al potere del giudice di valutare l'importanza dello squilibrio tra le prestazioni dei contraenti.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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