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Quando è esclusa la prelazione ereditaria e il diritto di riscatto

La Cassazione del 17.7.2015 n. 15032 individua tutte le ipotesi in cui la prelazione ereditaria e il diritto di riscatto (732 cc) sono esclusi e non si applicano (non sussiste prelazione ereditaria e diritto di riscatto quando l’atto di trasferimento ha ad oggetto cose determinate o quote ideali delle medesime res ovvero quando l’atto di alienazione ha oggetto la quota ideale di beni indivisi specificamente determinati) e tutte le ipotesi in cui la prelazione ereditaria si applica.
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A cura di Paolo Giuliano
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La prelazione è il diritto riconosciuto ad una parte di essere preferito (rispetto ad altri soggetti), "se" e "quando" si stipulerà un determinato contratto. Il diritto di prelazione può essere costituito tramite un contratto oppure può essere costituito ex lege, direttamente dal legislatore. Ipotesi di prelazione previste (costituite) dal legislatore sono quelle della locazione agraria, (si parla anche di terza prelazione agraria, oltre quella del confinante e dell'affittuario),  della locazione ad uso commerciale o abitativo, la prelazione societaria, ed, infine, la prelazione ereditaria.

Da quanto detto è evidente che manca una disciplina generale ed unica della prelazione, ma sussistono tante discipline speciali.

L'art. 732 c.c. che riconosce la prelazione ereditaria prevede che "il coerede, che vuol alienare a un estraneo la sua quota o parte di essa, deve notificare la proposta di alienazione, indicandone il prezzo, agli altri coeredi, i quali hanno diritto di prelazione". Quindi, per espressa previsione legislativa il coerede che intende trasferire a titolo oneroso ad un altro soggetto l'intera sua quota ereditaria o parte della sua quota ereditaria (cioè una frazione della stessa) deve preferire gli altri coeredi.

La ratio (principale) della norma è quella di impedire l'ingresso di soggetti estranei nella comunione ereditaria, ma si ritiene anche che la norma serva ad agevolare le operazioni divisionali, riducendo il numero dei condividenti, fino a giungere alla esclusione della divisione se rimane un unico erede.

La norma anche se fa riferimento alla vendita (da intendersi come trasferimento a titolo oneroso) dell'intera quota o di una frazione della stessa quota, non individua tutte le ipotesi che possono avere ad oggetto beni ereditari, infatti, la quota ereditaria potrebbe essere oggetto di una permuta, o di un conferimento in una società, oppure è possibile che la quota ereditaria sia oggetto di vendita all'asta, o che oggetto del trasferimento sia una vendita in blocco o una vendita cumulativa.

Oltre tutte queste problematiche è possibile che oggetto del trasferimento sia solo un singolo e determinato bene compreso nella comunione (e non la quota ereditaria) oppure che oggetto del trasferimento sia la quota ereditaria, non sull'intera massa ereditaria (o comunione), ma su un singolo bene compreso nella comunione (c.d. trasferimento della quotina).

Un primo principio che può essere applciato è quello secondo il quale il diritto di prelazione e di riscatto ex art. 732 c.c. sussiste soltanto rispetto alle alienazioni dell'unitaria quota ereditaria o di parte – intesa come frazione matematica – della medesima (cfr. Cass. 20.1.1986, n. 369), giacché in siffatte evenienze si determina l'ingresso dell'estraneo nella comunione ereditaria che la norma mira ad evitare.

Un secondo principio è quello in base al quale  non sussiste, viceversa, prelazione ereditaria allorquando l'atto di trasferimento abbia per oggetto cose determinate o quote ideali delle medesime res ovvero allorquando l'atto di alienazione abbia per oggetto la quota ideale di beni indivisi specificamente determinati.

E' irrilevante se questi atti sono compiuti da tutti gli eredi o solo da un erede perché in tutte queste ipotesi l'estraneo non entra mai nella comunione ereditaria, infatti, la prelazione ereditaria non si applica quando

  • l'atto di trasferimento ha ad oggetto cose determinate sia se tutti i coeredi vendono un bene comune specificamente individuato, (in questa ipotesi si verifica una divisione parziale), sia se un unico erede vende un intero bene (trattandosi di vendita di bene parzialmente altrui)
  • l'atto di trasferimento ha ad oggetto quote ideali delle medesime res, sia se tutti i coeredi vendono tutte le proprie quote su un bene comune specificamente individuato, (si ha la fine della comunione almeno per quell'oggetto specifico), sia se è un unico erede che vende tutte le quote su un bene specifico (trasferisce anche quote non proprie) trattandosi di vendita di bene parzialmente altrui
  • quando l'atto di alienazione ha ad oggetto la quota ideale di beni indivisi specificamente determinati (es. un singolo erede vende la sua quota, non sull'intera massa comune, ma  trasferisce la sua quota su un singolo bene specificatamente individuato), anche in questa situazione l'estraneo, non entra nell'intera comunione ereditaria, ma s forma una sub comunione solo per quel bene specifico.

Quindi, la prelazione e il retratto successorio ex art. 732 c. c. sussistono solo quando il coerede vende i diritti di comproprietà su tutti i beni immobili e mobili lasciati dal de cuius, giacché in tal caso è ravvisabile il trasferimento della quota, intesa come parte dello universum ius.

Nulla esclude che sussistono ulteriori situazioni ambigue, allora, un terzo principio è quello per il quale la mera indicazione di beni determinati nel contratto di alienazione non costituisce elemento decisivo per escludere l'ipotesi di trasferimento della quota ereditaria o di parte di essa, occorrendo accertare se l'acquirente sia stato o non immesso nella comunione (cfr. Cass. 20.1.1986, n. 369).

Ultimo (e quarto principio) è quello secondo il quale  qualora la vendita riguardi, appunto, soltanto alcuni beni o quote ideali di alcuni beni dell'eredità, poiché in tema di retratto successorio la regola è quella della sua esclusione, per potere ritenere che essa abbia ad oggetto la quota ereditaria o una sua frazione, è necessario che colui che eserciti il diritto di riscatto provi la discordanza della dichiarazione negoziale rispetto alla reale volontà dei contraenti, nel senso che costoro abbiano voluto far subentrare l'acquirente, sia pure nei limiti dei singoli beni oggetto del trasferimento, in tutti i rapporti e in tutte le situazioni giuridiche attive e passive della comunione ereditaria e, dunque, che il giudice del merito, indagando sulla volontà delle parti, attraverso un'adeguata valutazione degli elementi concreti della fattispecie (quali il raffronto tra la consistenza della quota ereditaria e l'entità delle cose vendute, l'eventuale trasmissione immediata del compossesso che è connotato normale, anche se non inderogabile, della vendita ad effetti reali, l'interesse a liberarsi della gestione ereditaria e, in genere, il comportamento dei contraenti prima e dopo l'alienazione), accerti che, malgrado la diversa forma dell'atto, si sia inteso ugualmente rendere partecipe l'acquirente di tutti i rapporti e di tutte le situazioni giuridiche che fanno capo alla comunione ereditaria.

Cass., civ. sez. II, del 17 luglio 2015, n. 15032 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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