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Opinioni

Vincenzo Trione: “Abbattere le statue è un errore, le opere razziste vanno sfidate”

Lo storico dell’arte Vincenzo Trione, professore ordinario alla Iulm, interviene sul dibattito acceso dalle proteste del movimento antirazzista dopo l’abbattimento delle sculture di personaggi storici razzisti o colonialisti, come Edward Colston e Cristoforo Colombo. “L’etimologia della parola monumento viene da memento, ricordo. Per loro natura i ricordi non sono solo quelli positivi, perciò dobbiamo conoscerli, studiarli e sfidarli, ma non cancellarli.”
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"La damnatio memoriae di questi giorni è un fenomeno pericoloso, non ha alcun senso imbrattare o rimuovere statue, nemmeno quelle dei dittatori. I nostri spazi urbani sono luoghi stratificati, dove coesiste il meglio e il peggio di ciò che siamo stati: non possiamo fare a meno delle nostre cicatrici". Vincenzo Trione, storico dell'arte, scrittore (l'ultimo suo lavoro "L'opera interminabile" è uscito per Einaudi nel 2019), nonché docente alla Iulm di Milano, di cui è preside della facoltà di Arti e turismo, sulla questione degli abbattimenti delle sculture di personaggi storici discussi per il loro razzismo e adesione a valori coloniali, è categorico: "Ritengo giusta e sacrosanta la mobilitazione del Black Lives Matter, cioè di coloro che dal basso, in queste settimane, stanno dando vita a un movimento di persone e idee che vogliono più giustizia e sono contrarie a uno stato di polizia mascherato da democrazia."

Tuttavia la questione degli abbattimenti delle statue, dagli Stati Uniti all'Inghilterra, non la convince molto.

Per niente. Personalmente, all'epoca dell'invasione in Iraq, ero contrario anche all'abbattimento della statua di Saddam Hussein. Le sculture servono a ricordarci chi siamo stati, anche se oggi siamo diversi. Dire che l'arte va storicizzata è un'ovvietà, ma va ribadito. E poi vanno fatte le giuste differenze tra le cose. Da un lato c'è l'opera d'arte, dall'altra i valori dell'effigiato: che non sono esattamente la stessa cosa.

Qual è l'equivoco di fondo in questa faccenda?

Che in molti confondono il significato della parola monumento. La sua etimologia viene da ‘memento', cioè ‘ricordo'. Per loro natura i ricordi non sono solo quelli positivi o edificanti. Esistono anche quelli che ci rammentano il nostro passato schiavista, coloniale e, nel caso italiano, fascista. Una scultura sigilla momenti specifici di un'epoca. Ed è per questo che è fondamentale la loro presenza nelle nostre città: dobbiamo conoscerle, studiarle, possiamo sfidarle, come ha suggerito Banksy con il suo disegno, ma non tradirle. Né tantomeno abbatterle.

Tuttavia è notizia di oggi che il sindaco di Londra, Khan, ha annunciato la revisione totale dei monumenti: quelli che non supereranno lo standard di diversità o che avranno un passato scomodo, dal razzismo allo schiavismo, saranno rimossi immediatamente e messi in museo, con tutte le spiegazioni del caso.

La considero un'assurdità. Proviamo a immaginare di applicare anche questo concetto a Roma, per le stesse ragioni anche la Colonna di Traiano andrebbe rimossa. D'altronde, Sigmund Freud lo scriveva ne ‘Il disagio della civiltà': se ogni imperatore avesse cancellato le testimonianze del suo precedessore, oggi non avremmo la Roma attuale.

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Sullo sfondo pare esserci un problema relativo alla nuova arte e al modo in cui configurare i nostri spazi urbani in un'epoca che sembra condividere valori diversi dal passato, più autenticamente antirazzisti.

Dobbiamo interrogarci sul senso di ciò che è arte. Cos'è un monumento oggi? A me sembra che siano soprattutto gli artisti ad avere difficoltà nel misurarsi con quest'idea. C'è un problema di fondo nei nostri spazi urbani, in cui assistiamo a un susseguirsi di oggetti dall'aspirazione monumentale ma tutto sommato effimera. Gli artisti sono terrorizzati dall'idea del tempo, rifuggono l'idea di opere che in grado di sfidare i decenni e i secoli per restare. D'altro canto, quando ci si è cimentati, negli ultimi anni, spesso gli esiti sono stati fallimentari. Come nel caso del Monumento a Giovanni Paolo II del pur bravo Oliviero Rainaldi alla Stazione Termini di Roma.

Anche da noi si ricomincia a discutere della questione in una sorta di déjà-vu. C'è la notizia della vandalizzazione della statua di Indro Montanelli, così come si tirano di nuovo fuori la questione delle effigie fasciste di Roma…

Trovo deliranti questi ragionamenti. Non ho mai amato particolarmente Montanelli, ma rovinare o buttar già la sua statua sarebbe intollerabile. Così come da decenni è ormai consolidato il fatto che il Palazzo della Civiltà Italiana a Roma è un patrimonio di tutti, nonostante sia stato partorito da un regime orrendo come quello fascista. Voglio ripeterlo: i luoghi sono stratificazioni, fatti di aspetti gloriosi e di inciampi. Qualche storico, anni fa, ebbe l'idea di mettere mano ai libri di storia e depurarli da alcuni aspetti sul fascismo in Italia. L'idea fu rigettata, perché assurda. Le nostre città sono dei libri di storia allo stesso modo, possiamo scegliere di cambiarle, ma non distruggerle.

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Scrittore, sceneggiatore, giornalista. Nato a Napoli nel 1979. Il suo ultimo romanzo è "Le creature" (Rizzoli). Collabora con diverse riviste e quotidiani, è redattore della trasmissione Zazà su Rai Radio 3.
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