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Opinioni

No, le donne vittime di violenza sessuale non sono colpevoli di nulla (anche se sono ubriache)

Nelle ultime ore sono stati registrati ben quattro presunti casi di violenza sessuale. Ma anziché parlare di un’emergenza reale, si preferisce concentrare l’attenzione sulle vittime, colpevoli a loro volta di essere ubriache, o poco vestite, o ingenue nel “non sapere a cosa andavano incontro”. Mentre per chi ha compiuto violenza rimane spazio solo per battute e minimizzazioni.
A cura di Maria Cafagna
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Nelle ultime ore sono stati ben quattro casi di violenza sessuale registrati dalla cronaca. Milano, L’Aquila, Roma e Modena, a ogni latitudine si registrano notizie di presunti stupri a danni di donne molto diverse e in situazioni completamente differenti. Cominciamo da Modena dove domenica una ragazza di tredici anni è stata vista vagare in stato confusionale nei dintorni del parco Novi Sad. Quando la polizia locale è arrivata sul posto pare che le persone che erano con la ragazza – tra cui il suo fidanzato – abbiano opposto resistenza all’intervento delle forze dell’ordine che sono riuscite comunque a portare in salvo la ragazza e a eseguire gli accertamenti. Al momento le indagini su quanto avvenuto sono ancora in corso e pare da escludere la violenza sessuale ipotizzata in un primo momento; tuttavia il giorno dopo i fatti la Gazzetta di Modena titolava in prima pagina: “Quella ragazza non era in sé. Tredici anni, ubriaca e violentata”. Un titolo problematico per due motivi: primo perché le indagini in quel momento erano ancora in corso e che l’abuso doveva ancora essere accertato; il secondo problema è l’accostamento tra il fatto che la ragazza avesse bevuto e il fatto – perché il giornale non parlava di ipotesi, ma di stupro – che avesse subito violenza. Siamo davanti a un caso di vittimizzazione secondaria, cioè quanto la responsabilità della violenza ricade sulla vittima, che rimane al centro del discorso quasi che i carnefici – o presunti tali – non siano se non indirettamente coinvolti in  quanto accaduto.

Mentre sui principali organi di informazione veniva data questa notizia, i siti di news locali raccontavano che a Roma nel prestigioso quartiere delle Vittorie una donna era stata seguita nel portone di casa da uno sconosciuto, trascinata in cantina e quindi abusata. Le urla della donna avevano attirato l’attenzione dei vicini che avevano chiamato i carabinieri che in tempi rapidi hanno rintracciato e arrestato l’aggressore. Nelle stesse ore, veniva reso noto che Omar Confalonieri, un agente immobiliare di via Montenapoleone a Milano, è indagato con l’accusa di aver narcotizzato una coppia per abusare sessualmente della donna incosciente. L’uomo, che era stato condannato per lo stesso reato nel 2009, in seguito alla notizia è stato denunciato da altre due donne per lo stesso motivo. L’ultima notizie in ordine di tempo riguarda due adolescenti de L’Aquila; la violenza si sarebbe consumata in pieno centro, quando alcuni passanti sono stati attirati dalle urla della presunta vittima che ha raccontato di essere stata abusata da un ragazzo di quindici anni che però nega fermamente le accuse.

Nonostante i casi siano diversi perché avvenuti in circostanze, luoghi e tempi diversissimi, niente impedisce alla pubblica opinione di trovare il modo di ricorrere alla vittimizzazione secondaria: lo scorso anno in questo periodo veniva alla luce l’indagine ai danni di Alberto Genovese, noto imprenditore, che attirava nel suo appartamento giovani vittime, le narcotizzava, abusava di loro e immortalava in tutto attraverso i video delle telecamere di sicurezza. Nonostante fossero evidenti le prove che incastravano Genovese, nei giorni successivi in molti sottolinearono le sue doti imprenditoriali e ponevano allo stesso tempo l’attenzione sul comportamento delle vittime, colpevoli di essersi fatte attrarre nell’appartamento di Genovese con la promessa di qualche favore e qualche striscia di cocaina. Nei giorni, nelle settimane e nei mesi successivi queste discussioni non si arrestarono e anzi trovarono spazio nei salotti televisivi e solo qualche giorno fa Vittorio Feltri, direttore di Liberto e opinionista in diversi talk, scriveva su Twitter: “siamo d’accordo, bisogna condannare Genovese se ha stuprato. Però un pizzico di ammirazione egli lo merita: ha scopato una ragazza per 20 ore. Il mio record è di 6 minuti lordi” ; è notizia di qualche giorno fa che una delle vittime di Alberto Genovese ha riportato un’invalidità del 40%.

Secondo gli ultimi dati Istat a nostra disposizione, più del 30% delle donne italiane ha subito una qualche forma di violenza sessuale e più del 20% ha subito abusi fisici o uno stupro; i casi più numerosi avvengono da parte di una persona conosciuta come un partner o un familiare, vuol dire che la minaccia per una donna avviene più in casa che al di fuori.

I casi di violenza sessuale sono frequenti e possono avvenire nelle situazioni più disparate. In nessun caso però, la colpa di quanto accaduto può o deve ricadere sulla vittima. Nessuna donna o in generale nessuna vittima di aggressione, specie se a sfondo sessuale, se la va a cercare; nessun comportamento, per quanto leggero o irresponsabile, può scusare un reato tanto vile. Lo stupro, è il caso di ricordarlo, è un reato che ha come scopo quello di sottomettere e umiliare la vittima, non c’entrano niente il corteggiamento o il comportamento più o meno sprovveduto ci chi lo subisce. Tocca ripeterlo soprattuto alla luce di quanto è accaduto nelle ultime ore e di come quei fatti sono stati raccontati. Resta il fatto che le donne continuano a essere violate e umiliate: cos’altro deve succedere prima che si inizi a prendere sul serio questo problema?

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Maria Cafagna è nata in Argentina ed è cresciuta in Puglia. È stata redattrice per il Grande Fratello, FuoriRoma di Concita De Gregorio, Che ci faccio qui di Domenico Iannacone ed è stata analista di TvTalk su Rai Tre. Collabora con diverse testate, ha una newsletter in cui si occupa di tematiche di genere, lavora come consulente politica e autrice televisiva. -- Maria Cafagna   Skype maria_cafagna
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