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Morte di Silvio Berlusconi

La vera egemonia culturale di Berlusconi è il sessismo di Stato

Il sessismo di Stato di Berlusconi ha influenzato intere generazioni che hanno guardato i programmi televisivi delle sue reti e sono state esposte a contenuti misogini fatti di vallette svestite, donne soprammobile e co-conduttrici mute. Ora servono nuove lenti per costruire un immaginario diverso.
A cura di Maria Cafagna
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Nelle scorse settimane si è molto parlato di una presunta egemonia culturale della sinistra. Lo ha fatto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, lo hanno fatto ministri, ministre e importanti esponenti del mondo della destra, dalle sue espressioni più moderate a quelle più estreme. Eppure in queste ore stiamo ricordando l’uomo che per quattro decenni ha plasmato l’immaginario italiano secondo la sua visione del mondo.

Parliamo, naturalmente, di Silvio Berlusconi che prima di essere l’uomo politico più influente della storia recente del nostro Paese, è stato l’uomo che con le sue televisioni, i suoi giornali, i suoi rotocalchi, ha avuto un ruolo determinante nel condizionare la sensibilità di molte e molti di noi anche e soprattutto per quanto riguarda le questioni di genere.

Se è vero infatti che il mondo del cinema e della cultura sono caratterizzati da una visione più progressista se non addirittura schierata a sinistra, la televisione che Berlusconi ha voluto mettere in piedi ha un’impronta decisamente conservatrice, soprattutto negli ultimi anni. Ma Fininvest prima e Mediaset poi hanno anche tradotto l’edonismo sfrenato degli anni ottanta e la baldanza maschilista del suo fondatore attraverso un uso spregiudicato e a volte meschino dell’universo femminile.

Silvio Berlusconi, lo avrete sentito in queste ore, è sempre stato legato alla figura della madre, la signora Rosa; una donna al servizio della famiglia tradizionale, morigerata, sempre “un passo indietro” al figlio, perché il grande uomo la donna deve averla dietro, mai al suo fianco. E così è stato per le mogli di Silvio Berlusconi, celebrate per la loro discrezione; Veronica Lario, che Berlusconi ha sposato nel 1990 e da cui ha avuto tre figli (Barbara, Eleonora e Luigi) era un’attrice prima di conoscere l’imprenditore che poi sarebbe diventato suo marito. Con il matrimonio con Berlusconi, finì non solo la carriera di Lario, ma anche la sua vita pubblica.

E mentre da una parte abbiamo le mogli e madri rilegate al costosissimo focolare domestico, le donne che andavano in onda sulle televisioni del Biscione erano tutt’altro che morigerate e pudiche.

Ragazze molto giovani, molto svestite, provocanti e audaci, quasi sempre mute, sullo sfondo, incapaci neppure di esprimersi con danze, canti e balli. Donne soprammobile semovente e sorridente, sessualizzate a tutte le ore del giorno, ogni giorno, per anni. La donna del Biscione era apparentemente incapace e comunque muta. Ci sono state le donne bombastiche degli anni ottanta e le ninfette di Non è la Rai dei primi anni novanta, a cui sono seguite versioni lolitesche delle veline di Striscia la Notizia con le loro infinite declinazioni fino alle soubrette del Bagaglino che, a quanto pare, potrebbero tornare questa volta addirittura in Rai.

Con la discesa in campo, Berlusconi ha messo le mani anche sul Servizio Pubblico, scatenando un conflitto d’interessi e permettendo, caso unico al mondo, un vero e proprio monopolio televisivo in mano a un solo uomo che aveva il pieno controllo della fabbrica dell’immaginario collettivo. Seppure in maniera minore, anche in Rai sono arrivate le vallette svestite, le donne messe sotto le teche di vetro, le co-conduttrici mute fino ad arrivare ai monologhi dolenti della donna affranta e relegata all’una di notte. L’onda lunga del sessismo non è mai finita.

Di tutto questo il responsabile è Berlusconi, ma anche chi non ha saputo affermare una visione alternativa dell’essere donna. Già perché gli oppositori del Cavaliere molto spesso si sono lasciati andare ai più beceri commenti sulle donne di Forza Italia e il centro-sinistra ha espresso la sua prima leader donna solo nel 2023, comunque dopo che lo aveva fatto la destra.

Solo l’avvento di internet ha potuto arginare il monopolio dell’immaginario detenuto da Berlusconi per più di vent’anni: Lorella Zanardo con Il Corpo delle donne e il documentario di Videocracy di Erik Gandini hanno aperto gli occhi a buona parte del Paese sul sessismo di Stato di Berlusconi a cui il nostro sguardo era ormai assuefatto.

Gli scandali di vallettopoli, del bunga bunga e la crisi che ha portato alle dimissioni di Berlusconi nel 2011 hanno fatto il resto. Ma ancora oggi facciamo i conti con un’eredità pesantissima sul tema della rappresentazione delle donne, del loro ruolo nella società, nella percezione della loro sessualità. Dobbiamo ancora liberare il nostro sguardo dalle tossine a cui siamo stati esposti e state esposte per buona parte della nostra vita: chi infatti guardava Non è la Rai o Colpo Grosso oggi è una persona adulta, forse è genitore, marito, compagno. Parliamo di persone, come chi vi scrive, che per tutta la vita sono state esposte a contenuti misogini e sessisti che erano nient’altro che la normalità.

Oggi, dopo il #metoo e con l’avvento dei social, abbiamo la possibilità di lasciarci questa “brutta pagina di televisione” alle spalle e iniziare lentamente a costruirci lenti nuove attraverso cui guardare e costruire un immaginario diverso.

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Maria Cafagna è nata in Argentina ed è cresciuta in Puglia. È stata redattrice per il Grande Fratello, FuoriRoma di Concita De Gregorio, Che ci faccio qui di Domenico Iannacone ed è stata analista di TvTalk su Rai Tre. Collabora con diverse testate, ha una newsletter in cui si occupa di tematiche di genere, lavora come consulente politica e autrice televisiva. -- Maria Cafagna   Skype maria_cafagna
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