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Opinioni

Perché chi tenta di screditare Elly Schlein in realtà le sta facendo un favore

La figura di Elly Schlein uscirà rafforzata dalla campagna d’odio partita nei suoi confronti dopo l’elezione a segretaria del Pd a patto che lei accetti la sfida e vada fino in fondo, confermando i timori dei suoi oppositori.
A cura di Maria Cafagna
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Già dalle prime ore successive alla sua vittoria alle primarie, è iniziata una campagna mediatica con l’obiettivo di screditare la leadership di Elly Schlein. Le prime reazioni a caldo sono arrivate su Twitter da parte di alcuni esponenti di Azione: il senatore Marco Lombardo ha scritto riferendosi a Schlein: “Con lei si consoliderà una sinistra radicale sul modello di Mélenchon. Questo è un elemento di chiarezza, utile per tutti. Compresa quella parte riformista e liberale che ora non ha più motivo di restare”. Gli fa eco un Ivan Scalfarotto di Italia Viva che però guarda all’altra sponda del canale della Manica: “A occhio, pare che il PD abbia trovato la sua Jeremy Corbyn. A certificare la linea politica e comunicativa dell’area centrista – a questo punto ha ancora senso definirla tale? – è arrivato anche il leader di Italia Viva, il senatore Matteo Renzi, che scrive nella sua e-news: “Il PD diventa un partito di sinistra-sinistra che compete direttamente con il Movimento Cinque Stelle e assorbe i partitini di sinistra radicale. Non si tratta di esprimere un giudizio di merito, dire se si è d’accordo o meno: è un dato di fatto che la vittoria di Schlein cambia la pelle del PD. Qualcuno – continua Renzi –  pensa che ciò sia un bene, qualcuno pensa che ciò sia un male: comunque la si pensi, tutti devono riconoscere che è un dato di fatto. Ed è un fatto di chiarezza importantissimo”.

Se la reazione di Giorgia Meloni alla vittoria di Schlein è stata di grande fair play, la stampa di area e alcuni noti esponenti della destra italiana sono stati meno accomodanti.

Francesco Giubilei, editore e consigliere straordinario del Ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, sposa una linea molto simile a quella adottata dalla federazione Azione-Italia Viva paragonando, in senso denigratorio, Elly Schlein a esponenti della sinistra più radicale come Mélenchon, Corbyn e Alexandria Ocasio-Cortez. Scrive infatti Giubilei su Twitter: “Con la vittoria di Elly Schlein alle primarie, il Pd si radicalizza e guarda ad Alexandria Ocasio-Cortez come riferimento: diritti civili, ambientalismo ideologico, immigrazionismo, politicamente corretto, cancel culture e linguaggio inclusivo sono il nuovo programma. Auguri”. Verrebbe da rispondergli: grazie.

Della stessa opinione anche gli esponenti della destra più radicale come l’ex senatore della Lega Simone Pillon, noto per le sue battaglie contro i diritti civili e la comunità LGBTQI+ di cui Schlein fa parte: “Lə nuovə segretariə Schlein è cittadin* american* di origini svizzer*. Un vero commissariə di Davos, rampollə radical chic, incaricatə del grande reset, cominciando da gender, aborto, agenda LGBT e quant’altro. Ora voglio capire come faranno i cattolici a continuare a votare PD" scrive Pillon su Twitter proprio nelle stesse ore in cui Giuseppe Fioroni, noto esponente dell’area più a destra del Partito Democratico, annunciava di volersi allontanare dal partito dopo l’elezione della nuova segretaria – la prima donna e prima persona LGBT+ a guidare un grande partito italiano.

Una campagna, quella contro Schlein, che in queste ore fa registrare un fenomeno ancora più strano.

Diversi utenti stanno andando a ritroso sul profilo della parlamentare alla ricerca di alcune uscite imbarazzanti. Uno dei tweet più condivisi riguarda un’uscita di Schlein su Travaglio del 2013. Altri post che stanno facendo il giro dei social riguardano alcuni commenti di Schlein al Festival di Sanremo di quasi dieci anni fa e altre esternazioni leggere e un po’ ingenue fatte da una persona che già allora era entrata in politica, ma che non godeva ancora di grande visibilità.

Tuttavia certe ingenuità da parte di Elly Schlein sta avendo un effetto controproducente ma non per lei, bensì per chi ha come obiettivo quello di denigrarla.

La neo-segretaria del Partito Democratico è una persona giovane per gli standard della politica italiana, molto attenta ai diritti civili e sociali e gradita a un elettorato di sinistra molto trasversale, ma già durante la campagna per le primarie erano emerse parecchie perplessità sulle persone che avevano scelto di appoggiare la sua candidatura: da Francesco Boccia a Romano Prodi passando per tutti gli ex segretari del Partito Democratico (escluso, naturalmente, Matteo Renzi), l’appoggio da parte della nomenclatura del partito aveva fatto avanzare delle rimostranze anche da chi aveva scelto di appoggiarla pubblicamente, come la scrittrice Michela Murgia che ha affidato a Instagram un’amara riflessione sulla vittoria di Schlein: “Chi nella vecchia guardia l'ha appoggiata non l'ha certo fatto perché affamato di cambiamento, ma perché si aspetta di controllarla affinché nulla cambi. Nessuno si stupirà quindi se il sostenitore di ieri diventerà domani il peggior avversario della donna che nessuno in fondo voleva. Il rischio è che le energie di Elly, che servono al paese, siano risucchiate dal partito, un'idrovora che ha mangiato molti altri entusiasmi prima di questo. Lei crede di no, io temo di sì, ma siamo entrambe gramsciane e sappiamo che queste due cose non sono necessariamente in contrasto”.

Tuttavia proprio le reazioni allarmate alla sua vittoria potrebbero dare vigore al profilo politico di Schlein. Il risultato dei gazebo – per la prima volta diverso da quello dei circoli – ha dato alla neo-segretaria un grande capitale di fiducia e al Partito Democratico un messaggio molto chiaro: serve un cambiamento reale, serve un partito più moderno, inclusivo e di sinistra. Un messaggio che gli avversari scelgono di ignorare o di far finta di ignorare.

La figura di Schlein uscirà rafforzata da questa campagna d’odio a patto che lei accetti la sfida e vada fino in fondo, confermando i timori dei suoi oppositori e i sogni dei suoi potenziali elettori proprio come ha fatto prima di lei Alexandria Ocasio-Cortez. La giovane deputata statunitense è puntualmente presa di mira dalla stampa conservatrice e da importanti esponenti del Partito Repubblicano, compreso Donald Trump, ma questo odio – che ha anche effetti pesanti sulla sua salute mentale, come lei stessa racconta spesso sui social – politicamente la avvantaggia perché fortifica il suo messaggio e rafforza il suo profilo pubblico.

Tra le molte campagne lanciate contro di lei, ce ne è una che ricorda quello che sta subendo in queste ore Schlein: tempo fa alcuni account legati al mondo conservatore condivisero in massa un video realizzato da AOC mentre era al college; nel video la si vede ballare insieme ad alcuni suoi colleghi sulle note di un brano di una band francese, i Phoenix. L’intento era quello di far apparire la deputata frivola e poco seria, quindi non adatta al suo ruolo di leader politica; ne scaturì invece un’operazione simpatia che travolse AOC che a sua volta rispose con un video divertente girato nel suo ufficio a Washington.

Quando un politico o una politica si presenta come giovane, di sinistra e radicale, fare da megafono a questo frame condividendo contenuti che lo confermano, non fa che rafforzare l’avversario. È l’abc della comunicazione politica che chiunque fa questo mestiere dovrebbe conoscere. E invece pare che non sia così.

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Maria Cafagna è nata in Argentina ed è cresciuta in Puglia. È stata redattrice per il Grande Fratello, FuoriRoma di Concita De Gregorio, Che ci faccio qui di Domenico Iannacone ed è stata analista di TvTalk su Rai Tre. Collabora con diverse testate, ha una newsletter in cui si occupa di tematiche di genere, lavora come consulente politica e autrice televisiva. -- Maria Cafagna   Skype maria_cafagna
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