219 CONDIVISIONI

Caso Barbara Corvi, scarcerato il marito: era accusato di omicidio volontario

Accolte le richieste della difesa di Roberto Lo Giudice, marito della 35enne di Montecampano di Amelia di cui non si hanno più notizie dal 27 ottobre 2009. L’uomo, arrestato alla fine di marzo, torna libero. Era accusato di accusato di omicidio volontario, occultamento o soppressione di cadavere.
A cura di Biagio Chiariello
219 CONDIVISIONI
Immagine

Roberto Lo Giudice è stato scarcerato. Il Tribunale del riesame ha accolto le richieste dei legali del marito di Barbara Corvi, la donna di Montecampano di Amelia (Terni) di cui non si hanno più notizie dal 27 ottobre 2009. "Le motivazioni della scarcerazione – spiegano fonti investigative – saranno depositate entro 45 giorni". Il tribunale del Riesame di Perugia ha annullato l'ordinanza di custodia cautelare in carcere notificata lo scorso 30 marzo all'uomo accusato di omicidio volontario, occultamento o soppressione di cadavere per la morte della moglie. Arrestato alla fine del mese scorso, tornerà dunque libero. I giudici hanno accolto l'istanza della difesa dell'indagato nell'udienza che si è svolta martedì. Alla richiesta si era opposto il procuratore di Terni, Alberto Liguori, che coordina le indagini dei carabinieri. Giovedì scorso Lo Giudice, 49 anni, si era proclamato innocente nel corso dell'interrogatorio svolto, su richiesta della difesa, davanti allo stesso Liguori.

Immagine

Perché è stata uccisa Barbara Corvi, secondo la procura

Il caso Corvi, archiviato nel 2014, era tornato sotto i riflettori lo scorso luglio, dopo la riapertura del fascicolo da parte del procura ternana. L’indagine, riaperta nel 2018, si è avvalsa del contributo di tre collaboratori di giustizia precedentemente appartenenti al clan Lo Giudice, "quelli delle bombe ai giudici di Reggio Calabria del 2010” aveva spiegato Liguori. Un'intercettazione aveva poi portato a gettare luce sulla possibile fine della donna. "Penso che sia stata sciolta con l’acido”. Per gli inquirenti, Barbara sarebbe stata eliminata per una relazione che portava avanti al di fuori del matrimonio. Sarebbe stata quindi la mentalità mafiosa a decretare la fine di Barbara. “Non la matrice, ma la mentalità”, ha precisato Liguori. “Una fatto che – ha detto Liguori – nel codice d’onore dell’ndrangheta segna con l’onta del tradimento. Un’onta da lavare col sangue”. Le indagini hanno permesso di "smontare i depistaggi" di Lo Giudice per far credere che Barbara si fosse allontanata volontariamente. Ora però è arrivato il nuovo colpo di scena con la scarcerazione dell'uomo.

Perché Lo Giudice è stato scarcerato

"Insussistenza di gravi indizi": in una lunga memoria illustrata per cinque ore davanti al Riesame, i difensori di Lo Giudice, gli avvocati Cristiano Conte e Giorgio Colangeli, così hanno contestato la ricostruzione accusatoria. Nel dispositivo del provvedimento si parla solo di "accoglimento" dell'istanza dei legali senza però fornire indicazioni sulle motivazioni che saranno depositate tra 45 giorni. "Gli elementi vecchi e nuovi raccolti dagli inquirenti non chiudono il cerchio" ha detto all'ANSA l'avvocato Conte. Il legale ha quindi ricordato che sulla scomparsa di Barbara Corvi ci fu una prima indagine a carico di ignoti archiviata nel 2015. "C'è stato poi un secondo blocco – ha aggiunto – dopo le rivelazioni di Antonino Lo Giudice, pentito di ‘ndrangheta e uno degli 11 fratelli del nostro assistito che però da anni non ha rapporti con la famiglia. Questi ha sostenuto di avere chiesto, dieci anni prima, al fratello se ci entrasse con la scomparsa della moglie e questo gli avrebbe fatto capire di si con un cenno del capo. Ma Antonino Lo Giudice venne sentito dall'allora procuratore di Reggio Calabria un anno dopo la scomparsa della donna e disse di non sapere nulla. Con la nostra memoria riteniamo di avere demolito le accuse di Antonino Lo Giudice e quanto riferito agli inquirenti da altri due collaboratori di giustizia".

Il marito della vittima: "Chiederò sempre giustizia"

Lo Giudice è tornato nelle sua abitazione di Montecampano, dove all'esterno è stato fissato un grande drappo dove si scorge la scritta ‘Roberto libero'. "Questa vicenda ci ha colpito molto a tutti, in particolar modo a me personalmente e ai miei figli tutti. Sono 12 anni che non hanno fatto altro che puntare il dito contro un marito onesto e lavoratore, infangando la mia persona in tutti i modi" ha detto Lo Giudice in una dichiarazione rilasciata a Klaus Davi – che ne ha poi fornito il testo – collaboratore di ‘Fatti e misfatti'. "Fatto resta – ha aggiunto – che a me è scomparsa una moglie che ho sempre amato. Non smetterò di chiedere giustizia. Come ben si nota la giustizia ha fatto il suo corso e chiederò con tutte le mie forze che si faccia piena luce su questa vicenda triste che ci ha colpito, senza escludere nessuno. Non sono un assassino, come sono stato dipinto. Non sono un mafioso e non appartengo a nessuna famiglia di ‘ndrangheta. Io sono Roberto Lo Giudice un padre di famiglia, un uomo onesto che ha pagato fino a ieri le tasse, quindi è un mio diritto chiedere giustizia per tutto".

219 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views