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Bologna 1980, quando una bomba ‘fascista’ fermò il tempo per sempre

Il 2 agosto 1980 una miscela di esplosivo fece saltare in aria un’ala della stazione di Bologna, uccidendo 85 persone. Tra di loro c’era anche la piccola Maria, di appena tre anni, la vittima più giovane. L’ultima strage fascista degli anni di piombo nasconde ancora molti misteri. L’allora capo del governo, Francesco Cossiga, prima di morire ha detto: “Non sapremo mai la verità sulla strage di Bologna”.
A cura di Angela Marino
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L'orologio della stazione rimasto fermo all'ora dello scoppio. A destra tre vittime della strage: Leo Luca Marino, Angela Fresu e Angela Marino
L'orologio della stazione rimasto fermo all'ora dello scoppio. A destra tre vittime della strage: Leo Luca Marino, Angela Fresu e Angela Marino
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Sabato 2 agosto 1980. Nella sala d'attesa della stazione di Bologna, ci sono centinaia di persone. Qualcuno sta per partire per le vacanze, qualcun altro rientra a casa per il weekend. Fa un caldo secco, rovente, gli abiti si incollano alle seggioline della sala. Allora ci si alza, si cammina su e giù, ci si fa aria sventolando i fogli del giornale del mattino, che tanto racconta sempre le stesse cose: le olimpiadi di Mosca, lo scandalo delle scommesse e poi la storia di quell'aereo che si è inabissato nelle acque di Ustica, con tutto il retroscena di intrighi internazionali da film di James Bond. Maria, 24 anni, sarda trapiantata a Firenze, non sa nulla del Mig libico ritrovato sui monti Sila, in Calabria, dei missili sequestrati ad Ortona, degli accordi segreti, della lotta comunista. Sua figlia Angela, 3 anni, trotterella per la sala felice. Nessuno di loro immagina di essere un pezzetto piccolissimo di quella storia repubblicana che sulle grigie pagine del giornale sembra solo letteratura.

La bomba

Alle 10 e 25, uno sbuffo di fuoco sbalza in aria persone e cose, un boato infernale squassa tutto l'edificio: l'ala ovest della stazione viene giù sollevando un polverone enorme. Sul binario 1, il treno Ancona-Chiasso, fermo sulle rotaie, è completamente sventrato. Intorno è tutto buio, i lamenti delle persone martoriate dalle macerie vengono coperti dalle urla, dalle sirene dall'immensa mobilitazione che nasce a Piazza delle Medaglie d'Oro. Intanto parte il primo lancio Ansa, che recita così:

Una violenta esplosione ha fatto crollare parte della stazione centrale di Bologna. Ci sono morti e feriti

I morti salgono a 85, c'è anche la piccola Angela, tre anni, la più giovane vittima di quel massacro. I feriti sono 200. Maria è dispersa, come molte altre persone. Il presidente della Repubblica, Sandro Pertini viene intervistato all'uscita dall'ospedale: "Ho visto dei bambini…". La voce energica di sempre, da vecchio patriarca, gli trema, mentre dice "non ce la faranno….". Si scopre che il corpo di Maria non è scomparso, è stato letteralmente disintegrato dalla deflagrazione di una bomba nascosta in una valigia: una miscela di tritolo e T4 detta ‘Compound B'.

La pista nera

I nonni della piccola Angela vanno a riprendersi il corpicino della bimba e nessuno sa dire loro chi e perché gliel'abbia portata via. Bologna, città comunista, insorge contro l'ennesimo attentato alla democrazia. Nell'estate del 1980 comincia il valzer di segnalazioni fasulle e veri e propri depistaggi che vede coinvolti elementi dei Servizi Segreti, miliziani palestinesi e infine, il maestro venerabile della Loggia P2, Licio Gelli. Dopo i precedenti delle stragi di Piazza Fontana, Piazza della Loggia e Gioia Tauro e alla luce di alcune indicazioni che poi si riveleranno fasulle, i magistrati puntano sulla pista dell'eversione nera. Si tratterebbe dell'ennesimo attentato volto a destabilizzare l'ordine sociale per creare le condizioni che portino al colpo di stato che instaurerà un regime totalitario. Insomma, l'eterna ‘strategia della tensione'.

Il processo

Valerio Fioravanti e Francesca Mambro, due neofascisti dei Nuclei Armati Rivoluzionari, vengono sospettati di aver piazzato la bomba. Sulla strage interviene anche il criminale Angelo Izzo, responsabile del massacro del Circeo, accusando Luigi Ciavardini, giovanissimo membro dei Nar e il fondatore di Avanguardia Nazionale, l'ex missino Stefano Delle Chiaie, accusato e scagionato anche per piazza Fontana. Mentre per quest'ultimo le accuse cadono per ‘insufficienza di prove, Ciavardini, Fioravanti e Mambro, vanno a giudizio. 

La condanna

La condanna con sentenza definitiva della Cassazione arriva solo nel 1995, a 15 anni dalla strage: ergastolo per tutti e tre, ritenuti gli esecutori dell'attentato. Per depistaggio vengono invece condannati l'ex capo della P2, Licio Gelli, alcuni ufficiali del SISMI e il medico piduista, Francesco Pazienza, nel 1980 capo del Super Sismi. La verità giudiziaria bolla la strage come attentato di matrice fascista, eppure la verità sembra ancora lontana. Se Fioravanti, Mambro e Ciavardino furono gli esecutori, chi progettò la strage e perché i servizi segreti del nostro Paese depistarono l'inchiesta? Qual era la verità che non doveva venire a galla?

Una strage senza mandanti

Proprio in quel agosto 1980, due giornalisti free lance italiani, Italo Toni e Graziella De Palo, erano partiti per Beirut per un'inchiesta sulla rotta delle armi destinate ai terroristi palestinesi. Secondo quanto riportato in diversi articoli della De Palo su ‘Paese sera', l'Italia all'epoca avrebbe chiuso un occhio sul transito di navi cariche di armi e munizioni nei nostri porti, in cambio della promessa, da parte dei terroristi palestinesi di non realizzare attentati in Italia. L'accordo, noto come ‘Lodo Moro', era stato sancito per volontà dell'onorevole democristiano Aldo, poi ucciso dalle BR nel 1978. Secondo una teoria molto dibattuta – ricostruita nel libro del giudice, Rosario Priore e dall'avvocato Valerio Cutonilli, I segreti di Bologna –  dopo il sequestro di un carico di missili a Ortona e l'arresto di Abu Anzeh Saleh, militante del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, proprio a Bologna, l'accordo sarebbe saltato. In quest'ottica, sia l'uccisione dei due giornalisti in Libano, sia l'attentato di Bologna si spiegherebbero come la reazione, da parte dei terroristi palestinesi, alla rottura degli accordi. Anche questa pista è stata archiviata. Nell'ultima intervista rilasciata prima di morire, Francesco Cossiga, l'allora capo del governo, dichiarò:

Non sapremo mai la verità sulla strage di Bologna.

Le vittime della Strage di Bologna

Antonella Ceci, 19
Angela Marino, 23
Leo Luca Marino, 24
Domenica Marino, 26
Errica Frigerio, 57
Vito Diomede Fresa, 62
Cesare Francesco Diomede Fresa, 14
Anna Maria Bosio, 28
Carlo Mauri, 32
Luca Mauri, 6
Eckhardt Mader, 14
Margret Rohrs, 39
Kai Mader, 8
Sonia Burri, 7
Patrizia Messineo, 18
Silvana Serravalli, 34
Manuela Gallon, 11
Natalia Agostini, 40
Marina Antonella Trolese, 16
Anna Maria Salvagnini, 51
Roberto De Marchi, 21
Elisabetta Manea, 60
Eleonora Geraci, 46
Vittorio Vaccaro, 24
Velia Carli, 50
Salvatore Lauro, 57
Paolo Zecchi, 23
Viviana Bugamelli, 23
Catherine Helen Mitchell, 22
John Andrew Kolpinski, 22
Angela Fresu, 3
Maria Fresu, 24
Loredana Molina, 44
Angelica Tarsi, 72
Katia Bertasi, 34
Mirella Fornasari, 36
Euridia Bergianti, 49
Nilla Natali, 25
Franca Dall'Olio, 20
Rita Verde, 23
Flavia Casadei, 18
Giuseppe Patruno, 18
Rossella Marceddu, 19
Davide Caprioli, 20
Vito Ales, 20
Iwao Sekiguchi, 20
Brigitte Drouhard, 21
Roberto Procelli, 21
Mauro Alganon, 22
Maria Angela Marangon, 22
Verdiana Bivona, 22
Francisco Gómez Martínez, 23
Mauro Di Vittorio, 24
Sergio Secci, 24
Roberto Gaiola, 25
Angelo Priore, 26
Onofrio Zappalà, 27
Pio Carmine Remollino, 31
Gaetano Roda, 31
Antonino Di Paola, 32
Mirco Castellaro, 33
Nazzareno Basso, 33
Vincenzo Petteni, 34
Salvatore Seminara, 34
Carla Gozzi, 36
Umberto Lugli, 38
Fausto Venturi, 38
Argeo Bonora, 42
Francesco Betti, 44
Mario Sica, 44
Pier Francesco Laurenti, 44
Paolino Bianchi, 50
Vincenzina Sala, 50
Berta Ebner, 50
Vincenzo Lanconelli, 51
Lina Ferretti, 53
Romeo Ruozi, 54
Amorveno Marzagalli, 54
Antonio Francesco Lascala, 56
Rosina Barbaro, 58
Irene Breton, 61
Pietro Galassi, 66
Lidia Olla, 67
Maria Idria Avati, 80
Antonio Montanari, 86

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Giornalista dal 2012, scrittrice. Per Fanpage.it mi occupo di cronaca nera nazionale. Ho lavorato al Corriere del Mezzogiorno e in alcuni quotidiani online occupandomi sempre di cronaca. Nel 2014, per Round Robin editore ho scritto il libro reportage sulle ecomafie, ‘C’era una volta il re Fiamma’.
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