2.244 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Claudio Bisio: “Rifiutai certi film, per poi mangiarmi le mani. Dissi no anche Benvenuti al Sud”

Claudio Bisio, alle prese con il suo primo film per il cinema da regista, si racconta. Dalla realizzazione de L’ultima v volta che siamo stati bambini ai gradini saliti durante la sua lunga carriera. Con qualche senso di colpa: “Ho detto no ad alcuni film per poi pentirmene”.
A cura di Stefania Rocco
2.244 CONDIVISIONI
Immagine

Claudio Bisio è al cinema per la prima volta da regista con il film L’ultima volta che siamo stati bambini, uscito il 12 ottobre. Dalla fama trasversale, Bisio ha attraversato senza fatica il cinema, il teatro e la televisione, imponendosi nel ruolo di attore e comico in grado di prestarsi a più di un perimetro. Al Corriere della Sera racconta la sua gavetta, poi il successo passato per titoli quali Meditarraneo, Zelig, Mai dire Gol e Benvenuti al Sud, film che è stato sul punto di rifiutare.

Claudio Bisio: “Per avermi in Benvenuti al Sud spostarono le riprese”

Ho detto no a qualche film — non dirò quali — e poi mi sono mangiato le mani”, confessa bivio quando gli chiedono se esista qualcosa di cui si è pentito. Rivela di essere stato sul punto di rifiutare anche Benvenuti al Sud, se la produzione non avesse deciso di spostare le riprese pur di averlo nel cast: “Ero reduce da una tournée lunga e volevo andare in vacanza, così dissi di no, che potevo girare, ma solo da settembre. Per fortuna spostarono le riprese se no mi sarei mangiato le mani fino all’avambraccio. Mi chiedo anche chissà chi l’avrebbe potuto fare al posto mio”.

Il debutto da regista: “Sono un pazzo, potevo godermi 43 anni di carriera”

Bisio commenta così la scelta di buttarsi nel mondo, fino a oggi inesplorato, della regia: “Sono un pazzo. Nel momento in cui uno può godersi 43 anni di carriera mi sono messo in un’impresa durata quattro anni e mezzo”. Il film è tratto dal libro di Fabio Bartolomei, racconta la storia di tre bambini che decidono di partire in segreto per cercare di convincere i tedeschi a liberare un loro amico ebreo: “Una storia di finzione dentro una realtà più che vera, una vicenda reale ma allo stesso tempo surreale. Mi ha affascinato l’idea di raccontare l’orrore senza mai mostrarlo, narrarlo attraverso lo sguardo disincantato e inconsapevole di tre bambini di nove anni. Il cuore di questo racconto è rappresentato dai bambini, dal loro agire, dalle loro parole e pensieri che imprimono alla storia un tono leggero e ironico. Buffo, malgrado tutto, perché in realtà loro sono serissimi”.

2.244 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views