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L’Estetista Cinica dopo lo sfogo di Clio: “I social possono essere aggressivi, ma io me ne frego”

“Sui social il livello di aggressività è cresciuto”, ammette Cristina Fogazzi a Fanpage.it. “Ma sono strutturata abbastanza per reggere il peso delle critiche. Occorre una buona dose di menefreghismo”. Nessuna rivalità con Clio Make Up, assicura: “Abbiamo progetti diversi, sarebbe insensato il confronto”.
A cura di Giulia Turco
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Cristina Fogazzi, ai più conosciuta come l’Estetista Cinica, non è solo la donna a capo di un’azienda con un fatturato da oltre 63 milioni di euro, ma è anche il volto di un brand, VeraLab, che trova nell’irriverente frangetta nera il suo marchio di fabbrica. “Metterci la faccia significa anche ricevere cattiverie gratuite. Serve una buona dose di menefreghismo, per capire quando un giudizio non è rilevante”, spiega l'imprenditrice a Fanpage.it, con la sua caratteristica dose di schiettezza. “Ma accetto tutto il pacchetto. Potrei anche smettere di lavorare, ma fare imprenditoria alle mie regole non ha prezzo. Tornando indietro? Ci metterei la firma”.

Come ti ha cambiata approdare da imprenditrice sui social? Ti sei dovuta adattare ad un nuovo modo di comunicare?

Adattare no. Sono sempre stata io, chi mi conosce da una vita dice che sono sempre la stessa. Credo che la forza comunicativa sia una verve innata, è qualcosa che ti contraddistingue e che ti permette di bucare lo schermo più di altre persone. Certamente però, negli anni, sui social qualcosa è cambiato. Quando mi seguivano una manciata di persone parlavo come se fossi al bar con le mie amiche. Quando poi i numeri crescono hai una responsabilità, un rischio maggiore di essere fraintesa. Ora sono diretta un quinto rispetto all’inizio.

Esporti via Twitter sui candidati alle primarie del Pd ha sollevato un polverone, in effetti…

Sì, per fortuna poi si sono calmati. Il clima generato da quel dibattito era pari a quello di una curva calcistica e stiamo parlando delle primarie di un partito. Il livello di aggressività sui social è cresciuto nel tempo, è un dato di fatto. Capisco che il web prediliga la divisione, la polemica che crea hype, ma stiamo arrivando alla massima espressione di questo concetto. Ecco perché occorre essere molto cauti nell’esporsi.

Recentemente Clio Make Up ha descritto lo scenario del beauty sui social come un luogo tossico e fortemente competitivo. Per la tua esperienza, lo percepisci così?

Molto spesso la competizione sui social nasce dal fatto che occorre avere numeri migliori degli altri in termini di like e visualizzazioni per garantirsi gli introiti delle sponsorizzazioni. Io faccio giusto un paio di pubblicità l’anno per cui non sento molto la competizione. Per quanto riguarda i giudizi negativi purtroppo esistono e bisogna imparare a conviverci, fanno parte del pacchetto. Essere esposta certamente a volte mi pesa, ma cerco di dissociare l’attività social dall’imprenditoria, che è la parte che preferisco. Formulare un prodotto, vedere un negozio che prende forma, assumere risorse: è tutto molto più bello dei like su Instagram.

Dunque nessuna sorta di rivalità con Clio?

No, anzi ci tengo a chiarirlo. Io e Clio facciamo cose diverse, abbiamo due modelli di business completamente diversi. Capisco che da fuori non si conoscano le dinamiche del mercato, ma non ha proprio senso parlare di competizione tra noi. Non c’è meglio o peggio, solo progetti diversi.

Quali sono quindi gli strumenti ‘must have’ per una donna che fa di sé stessa un brand con 1 milione di follower?

Sicuramente occorre essere abbastanza strutturata emotivamente. Devi sapere che metterci la faccia significa anche ricevere cattiverie gratuite da gente che non conosci, riuscendo a capire che non sempre un giudizio è rilevante. Ci vuole una buona dose di menefreghismo, bisogna saper guardare avanti e andare oltre. Poi sicuramente bisogna essere consapevoli che i risultati non si ottengono da soli, occorre sapersi affidare a chi manda avanti l’azienda insieme a noi e quando è necessario saper delegare.

E per te è difficile delegare?

No, per niente! All’inizio tutti pensano che io sia una specie di maniaca del controllo, ma non è così. Se sai fare una cosa meglio di me, fallo tu. Sono una persona estremamente pigra e questo mi salva.

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Da grandi opere derivano grandi responsabilità. Tornando indietro rifaresti tutto?

Ci metterei subito la firma. Faccio un lavoro che amo, quello che ho costruito va oltre i confini di ciò che potessi sognare. Sicuramente la mia grande fortuna è che tutto questo mi è capitato “tardi” nella vita. La me 30enne, in circostanze simili, probabilmente sarebbe stata spazzata via. In quegli anni ero solo impegnata ad arrivare a fine mese. All’epoca gestivo un negozio di magliette e la massima aspirazione era averne uno tutto mio. Mi è capitata una vita che non pensavo neanche potesse esistere.

Come rispondi a chi, dopo tutto questo, ti definisce ancora ‘influencer’?

Ormai ho mollato il colpo. Non è che a me infastidisca essere chiamata influencer, però mi dispiace perché è una narrazione demotivante. Chi utilizza questo termine spesso lo fa sminuendo quello che faccio ed è un peccato, perché la mia storia imprenditoriale potrebbe essere di esempio. Io non ero una celebrità da 1 milione di follower che ha lanciato un brand, sono partita da zero e la mia popolarità è cresciuta parallelamente a quella dei miei prodotti. La mia storia dimostra che se hai una buona idea, anche se non sei Rihanna, puoi riuscire ad avere il tuo spazio.

Nella tua gratificazione di oggi, che peso hanno i soldi? 

La dico senza girarci intorno: per quello che guadagno, potrei anche smettere di lavorare. Continuo a farlo perché mi diverto e mi gratifica l’idea di aver creato un modello imprenditoriale come volevo io, senza dovermi piegare a nessuna logica. Poi è un dato di fatto che le aziende si valutano sulla base di bilanci e fatturati. Sono i risultati che contano, quindi sicuramente i numeri sono motivo di orgoglio per noi.

Fin dove vuoi spingerti per il futuro?

Vorrei capire come portare il marchio anche all’estero, dove necessariamente bisognerà slegarlo dalla mia immagine, che in Italia invece ha aiutato molto le vendite. È una sfida che mi diverte tantissimo.

Come strategia comunicativa, pensi che una pancia vera funzioni di più di un addome scolpito?

Probabilmente no, ma non mi importa. Può essere che funzioni di più la coscia perfetta che quella con la cellulite, ma quella è la mia verità, io sono quella. E mi diverto proprio per questo.

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