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Reddito di cittadinanza, come è cambiato con le modifiche del Parlamento

Il decretone su reddito di cittadinanza e quota 100 è destinato a subire modifiche in Parlamento: ora il testo è in discussione in commissione Lavoro al Senato e, in seguito all’intesa raggiunta tra Lega e Movimento 5 Stelle, alcuni emendamenti sono saltati mentre altri sono stati confermati e verranno approvati.
A cura di Stefano Rizzuti
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Il reddito di cittadinanza cambia. La commissione Lavoro del Senato sta procedendo con alcune modifiche dopo l’intesa raggiunta tra Movimento 5 Stelle e Lega durante il vertice che si è tenuto ieri alla presenza del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Come spiega Il Sole 24 Ore, dopo il voto in Giunta per le immunità al Senato contro l’autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini, un vertice avrebbe deciso quali modifiche apportare e quali, invece, eliminare. Così le due forze di maggioranza hanno stralciato 39 emendamenti al decretone su reddito di cittadinanza e quota 100. Tra le proposte di modifica tagliate c’è la possibilità di rinnovare il reddito una sola volta, ma anche l’esenzione delle tariffe elettriche e idriche agevolate e la maggiorazione del beneficio in caso di un figlio studente fuori sede. Vengono invece confermati paletti più stringenti per l’accesso alla misura da parte degli stranieri. La Lega ha inoltre rinunciato alla norma con cui si prevedeva un aumento delle ore – fino a 36 settimanali – di servizi socialmente utili. Altro dietrofront sull’obbligo del servizio civile di un anno per chi accede alla misura e ha tra i 18 e i 28 anni.

È ancora Il Sole 24 Ore a spiegare quali sono le principali modifiche che verranno approvate in Parlamento. C’è un accordo su un emendamento firmato dal capogruppo della Lega in Senato, Massimiliano Romeo: verrà approvata la norma contro i cosiddetti furbetti della separazione o del divorzio. Una modifica che serve per evitare divorzi o separazioni organizzati per poter così accedere al reddito. Quindi in caso di divorzi o separazioni successivi al primo settembre 2018, se si cambia la residenza serve il certificato con tanto di “apposito verbale della polizia locale”, per evitare eventuali modifiche fittizie del nucleo familiare. C’è l’accordo anche per escludere dalla misura, per cinque anni, chi presenta una dichiarazione mendace: il provvedimento si sommerebbe alle sanzioni già previste dal decreto.

Saltano invece i paletti anti-divano proposti dalla Lega. L’emendamento con cui si prevedeva un nuovo requisito – quello di aver lavorato almeno due anni negli ultimi dieci – viene cancellato. La proposta di modifica eliminata prevedeva che per accedere al reddito fosse necessario che almeno uno dei componenti del nucleo avesse “corrisposto, nei dieci anni precedenti, imposte e contributi da lavoro, in un qualsiasi importo e per almeno 24 mesi, anche non continuativi”. In sostanza voleva dire aver lavorato per almeno due anni. La commissione del Senato ha invece già approvato un emendamento che complica la possibilità di richiesta del reddito per gli stranieri. Per accedere è necessario presentare una certificazione di reddito e patrimonio e del nucleo familiare che deve essere rilasciata dallo Stato di provenienza e deve essere tradotta in italiano e “legalizzata dall’autorità consolare italiana”. Esenti solo i rifugiati politici e chi proviene da Paesi in cui non è possibile ottenere la certificazione. Per stilare questa lista di Paesi, il ministero del Lavoro avrà tre mesi.

Un’altra modifica è quella riguardante le dimissioni: chi accede al reddito non può essersi dimesso dal lavoro negli ultimi 12 mesi. Però, al contrario di quanto previsto inizialmente, non si estende questa condizione a tutto il nucleo familiare ma solamente a chi, nella famiglia, si è dimesso. Infine, non ci sarà la possibilità di estendere ai beneficiari del reddito le agevolazioni del bonus elettricità, gas e acqua per i clienti in difficoltà economica: l’emendamento del M5s è stato ritirato.

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