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Regioni contro il Decreto Sicurezza: anche l’Umbria ricorre alla Corte costituzionale

Dopo Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna e Calabria, è arrivata anche la Regione Umbria. L’assessore Antonio Bartolini ha evidenziato come il provvedimento presenti profili di “palese incostituzionalità che vanno ad impattare su tutte le più importanti materie di legislazione regionale quali salute, assistenza sociale, diritto allo studio, formazione professionale e politiche attive del lavoro e l’edilizia residenziale pubblica”.
A cura di Annalisa Cangemi
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L'Italia è sempre più spaccata sul decreto Salvini. Le Regioni hanno deciso di ricorrere alla Corte costituzionale contro il decreto Sicurezza. Dopo Piemonte, Toscana, Emilia-Romagna e Calabria, è arrivata la Regione Umbria. Nella seduta della Giunta, che ha approvato la mozione, l'assessore Antonio Bartolini ha evidenziato come il provvedimento presenti profili di "palese incostituzionalità che vanno ad impattare su tutte le più importanti materie di legislazione regionale quali salute, assistenza sociale, diritto allo studio, formazione professionale e politiche attive del lavoro e l'edilizia residenziale pubblica".

Secondo l'assessore Bartolini, così è spiegato in un comunicato della Regione, il decreto, nell'eliminare i permessi di soggiorno per motivi umanitari e togliendo il diritto di residenza ai richiedenti asilo (su cui diversi sindaci stanno esercitando il diritto di obiezione di coscienza) "sta creando un vero e proprio ‘caos' normativo e legislativo e confusione nelle responsabilità dei funzionari di Regione, Asl, Agenzie e Comuni e parallelamente una ‘corsa ad ostacoli' per gli stranieri che, entrati con un regolare permesso di soggiorno, oggi o sono riportati, con legge dello Stato, nella clandestinità e nell'irregolarità o gli viene tolta la residenza". Con la conseguenza che "i vari diritti riconosciuti, soprattutto mediante la legislazione regionale, come il diritto alle cure mediche e ad usufruire dei servizi sanitari, il diritto allo studio, comprese le provvidenze per gli studenti universitari, la formazione professionale che viene erogata soprattutto agli immigrati, con benefici per il nostro apparato produttivo, o vengono compromessi o ne viene aggravato l'esercizio, per cui il percorso all'integrazione viene interrotto determinando insicurezza sociale".

Ora anche il Lazio valuta il ricorso. Il governatore Nicola Zingaretti ha dato alle Asl la direttiva di non interrompere l'assistenza sanitaria a nessuno indipendentemente dalle sue condizioni socio-economiche. "Nella legge regionale di bilancio abbiamo stanziato 1,2 milioni di euro per non far chiudere gli Sprar", cioè i centri di accoglienza dei migranti diffusi sul territorio, ha sottolineato Zingaretti.

"Abbiamo scelto di rivolgerci alla Consulta – ha spiegato il presidente della Regione Emilia-Romagna Stefano Bonacciniimpugnando non l'intero Decreto, ma le norme che più direttamente riguardano le Regioni e i Comuni e che stanno generando conflitto e confusione".

La Regione sta esaminando, ha spiegato Bonaccini, "gli effetti che determina il potenziale conflitto tra norme vecchie ma non abolite e nuove disposizioni, ad esempio in materia di iscrizione all'anagrafe e residenza. Il caos legislativo e la contrapposizione tra Stato e Comuni non sono certo la premessa né per il buon funzionamento dell'accoglienza, né per accrescere la sicurezza delle comunità. La sanità, per fare un esempio, è competenza regionale e assicurare a tutte le persone il diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie è compito nostro: lo dico nell'interesse di tutta la comunità, perché assicurare ai singoli le cure necessarie non è solo un diritto primario dei singoli, ma anche una garanzia di salute per l'intera comunità in cui vivono". Inoltre ha ricordato che la Regione aveva già sollevato alcuni rilievi sul decreto Salvini "di cui, mi pare, non si sia tenuto adeguato conto. Abbiamo quindi scelto di adire alla Corte costituzionale impugnando non l'intero Decreto, ma le norme che più direttamente riguardano le Regioni e i Comuni e che stanno generando conflitto e confusione. Non per portare su un altro terreno la battaglia politica, ribadisco, ma per dirimere la questione nella sede propria".

Il governatore della Toscana Enrico Rossi ha sottolineato che la Giunta si coordinerà "con tutte le Regioni e i Comuni che ci hanno chiesto di capire cosa stiamo facendo, siamo in contatto. Credo che il numero aumenti. Adesso anche la Basilicata sta ragionando, il Piemonte, la Sardegna, l'Umbria, il Lazio. Si sta creando un movimento davvero ampio". 

Secondo Rossi "una legge che si vuole presentare come legge per la sicurezza, produce più persone sul territorio che sfuggono al controllo. La residenza è importante che ci sia, c'era anche nella legge del 1999, perché la residenza consente di sapere chi c'è sul territorio. Produce quindi un aumento degli irregolari, togliendo la residenza produce anche un effetto di minore controllo".

In Piemonte il presidente Sergio Chiamparino lo ha spiegato stamattina, in una intervista a Sky Tg24: "Ho avuto conferma dalla nostra avvocatura che su questo si sta anche confrontando con i colleghi della Regione Toscana, che esistono le condizioni giuridiche per il ricorso alla Consulta perché il decreto impedendo il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, avrà ripercussioni sulla gestione dei servizi sanitari e assistenziali di nostra competenza".

"Non si tratta di disobbedienza – ha aggiunto – piuttosto di obbedire al principio fondamentale secondo cui una persona che sta male deve essere curata". Il capofila di questa ‘rivolta' è stato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, che mercoledì 2 gennaio ha deciso, con una nota datata 21 dicembre, di sospendere l'applicazione dell'articolo 13 del dl Sicurezza, quello relativo all'iscrizione all'anagrafe, in attesa di accertamenti dei profili di incostituzionalità della legge voluta dal ministro Salvini.  Nel capoluogo palermitano intanto l'ufficio anagrafe del comune sta raccogliendo le istanze dei migranti richiedenti asilo, che chiedono appunto l'iscrizione per ottenere la residenza; e c'è attesa per capire se saranno accolte sulla scorta delle indicazioni del sindaco Orlando. Oggi, davanti agli uffici dell'anagrafe di viale Lazio c'erano diverse pattuglie della polizia municipale.

Alcuni dei migranti, che si trovavano lì in attesa, non erano a conoscenza della situazione: "Io vivo a Palermo da dieci anni e lavoro, se non mi rinnovano la carta d'identità che faccio? Devo ricominciare da zero?"  ha chiesto incredulo un migrante del Bangladesh.

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